Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La cittadina è sita su un colle a circa 1000 metri sul livello del mare nei boscosi monti Nebrodi, ricchi di selvaggina e famosi fin dall’antichità per il loro splendore.La cittadina si trova a metà tra Palermo e Messina e la statale 117 collega in pochi minuti Mistretta al mare (15 chilometri circa) creando un suggestivo binomio montagna-mare, infatti, il panorama che si può ammirare dalle parti più alte del paese è spettacolare, dai boscosi monti si scende con lo sguardo fino al mare con sullo sfondo le Isole Eolie e, se a questo si aggiunge che durante l’inverno spesso il paese è ricoperto di neve, lo scenario cui si può assistere è unico.
L’origine precisa di Mistretta si perde nella profonda notte dei secoli. Le leggende vogliono questa città fondata dai Ciclopi, antichi abitanti della Sicilia secondo la “Odissea”, alcuni storici affermano che è stata fondata dai Fenici, ma molto probabilmente le sue origini risalgono ai Sicani, primo popolo abitante della Sicilia insieme ai Siculi, come dimostrano le antiche costruzioni in pietra e gli oggetti di ceramica ritrovati nel territorio circostante alla città, molto simili a reperti di civiltà sicana ritrovati nell'Asia Minore. In ogni caso, le origini di questa cittadina sono incerte e spesso la storia si confonde con il mito, tuttavia, intere generazioni di storici, a cominciare dalle prime documentazioni di età greca e romana, hanno cercato di risalire alla nascita di questa cittadina, sicuramente tra le più antiche della Sicilia. chiaro, è l’origine semitica della nomenclatura, che sembrerebbe indicare, qualunque sia l’interpretazione che si vuol accettare, una presenza fenicia nella zona in cui sorge oggi l’attuale centro di Mistretta, infatti Astarte era una divinità fenicia e l’archeologia ci suggerisce la presenza di un tempio a lei dedicato.
I Greci giunsero intorno al 700 a.C. sulla costa tirrenica siciliana e cominciarono ad insediarsi verso l’interno; si narra che un gruppo di questi, guidato da un condottiero detto Leukaspis, fu ben accolto a Mistretta, tanto che lo stesso condottiero fu venerato come un dio, come ci dimostra una moneta dell’epoca che raffigura il Leukaspis ed un tempio a lui dedicato nella città, sulle cui rovine probabilmente sorge la chiesa più grande del paese.I greci a Mistretta divennero sempre più numerosi e la città venne “ellenizzata” pacificamente. Rapidamente la “polis sicula” s’ingrandì e si mantenne indipendente con un suo arconte, secondo le leggi greche. Presto si riempì di templi (su quello dedicato a Dioniso sorge attualmente la Chiesa di San Giovanni Battista), ginnasi, teatri, e c’era anche una necropoli sita nella pendice occidentale del monte del castello e un’altra sita nell’attuale territorio della "Villa allegra" all’ingresso della città, dove sono stati ritrovati vasi commemorativi, frantumi di marmo con iscrizioni funebri, ossa, cocci e altri reperti che ci segnalano l’antica presenza di una necropoli in quel luogo. Era presente a Mistretta anche una fortezza, di cui hanno parlato Polibio e Tucidide, che dominava la città. Le sue macerie sono riconoscibili nella campagna antistante il monte castello, presso cui scavi hanno portato alla luce reperti archeologici di grande valore storico.
Sullo sfondo delle Guerre Puniche, il centro ellenico fu posto sotto un terribile assedio dai Romani e nel 258, i consoli Ottacilo e Valerio (console), dopo aver sconfitto molte tra le più importanti città sicule, assediarono Mistretta per ben due volte usando anche molte macchine belliche, come la catapulta, per far terminare l’aspra resistenza dei mistrettesi, si racconta che dopo sette mesi d’inutile assedio, i romani si ritirarono devastando vandalicamente le campagne. In seguito giunsero in Sicilia i consoli Attilio Calatino e Caio Sulpizio che per la terza volta assediarono la città, questa volta i mistrettesi, avendo avuto tutti i raccolti distrutti, impietositi dalle lacrime delle mogli e sconfortati dall’abbandono delle città di Noma e Alesa, città alleate, aprirono le porte della città ai romani che dichiararono di essere indulgenti, ma non fu così ed, infatti, su ordine di Aulo Attilio, la città fu devastata. Silio Italico nelle sue "Storie" ci presenta Mistretta come un importantissimo centro che forniva ai romani oltre al grano anche soldati ben addestrati, per questo apparteneva alle città federate che godevano del privilegio di pagare le tasse solo in minima parte, compensano con uomini e frumento. Ed in effetti Mistretta acquista importanza con i Romani per la sua posizione dominante, divenendo punto di riferimento imprescindibile per chi viaggiava tra il cuore della Sicilia ed il Tirreno. Tracce storiche inerenti la città di Mistretta si trovano nelle "Verrine" ciceroniane in cui si narra dei soprusi commessi dal governatore Caio Verre in varie città siciliane, tra le quali proprio Mistretta sfruttata per l’enorme produzione di grano e per la ricchezza del centro abitato. Fu poi con Cesare Augusto che Mistretta, come moltissimi centri importanti, per vari motivi, iniziò ad impoverirsi e di questa città non si hanno più tracce storiche fino all’epoca imperiale, quando la popolazione riprese ad aumentare e a progredire nella pastorizia, nell’agricoltura e nel commercio.Dopo la caduta dell’impero, Mistretta divenne preda dei Vandali, poi dei Goti ed infine fu assoggettata dai bizantini che conquistarono l’intera Sicilia nel 535 d.C. In questo periodo, Mistretta dovette sostenere una forte fiscalizzazione e il suo territorio fu sottoposto a ruberie e saccheggi, ma si arricchì ulteriormente di opere d’arte.A Mistretta è giunta anche la dominazione araba. Gli Arabi dominarono il paese tra l’827 e il 1070 e costruirono il Castello nel punto più alto della città. Dopo il periodo bizantino, la conquista musulmana rappresentò la premessa per una nuova fioritura per i mistrettesi, infatti, i nuovi venuti, guidati da Ibrahim Ibn Ahamed, erano mercanti e coltivatori e volevano valorizzare gli splendidi territori ereditati dai loro predecessori. Dal punto di vista religioso, non vi fu una forte penetrazione della cultura araba, ma per quanto riguarda gli aspetti sociali e politici e l’introduzione di nuove tecniche costruttive in edilizia o l’introduzione di nuove colture e tecniche di coltivazione, la presenza araba ha arricchito ulteriormente la cittadina mistrettese. Alla dominazione araba successe quella normanna durante la quale il castello fu ampliato ed abbellito.
Il re normanno Ruggero d'Altavilla, nel 1101, donò Mistretta con le sue chiese, i suoi splendori e con tutto il suo territorio al fratello Roberto, Abate della Santissima Trinità in Mileto Calabro e dall’atto di donazione si possono ricavare notizie storiche sul paese che in quel periodo si stava ampliando lungo le falde del monte su cui sorgeva il castello arabo-normanno ed entro le mura di difesa di cui resti sono visibili nel Vico Torrione e lungo la Strada Numea dove si apre la Porta Palermo, una delle due antiche porte della città. Oltre all’insediamento urbano circondato dalle mura, vi erano numerosi "bagli", aggregati sociali e produttivi circondati da orti, ed è proprio dagli antichi "bagli" che hanno avuto origine i quartieri medioevali di Mistretta ricalcati ancora oggi nell’attuale tessuto urbano del centro storico. Il castello è più volte al centro di operazioni militari, come nel 1082, quando Giordano, figlio illegittimo di Ruggero, approfittando dell'assenza del padre recatosi nelle Calabrie, tenta con la complicità dei suoi cortigiani di usurpare il potere, insediandosi stabilmente al governo della Sicilia, o ai tempi di Guglielmo il Malo, quando Matteo Bonello, ricevuta nel 1160 l'investitura della città, si fa promotore di una cospirazione contro il monarca, che diede i risultati sperati (ebbe come unico effetto l'uccisione del ministro Maione di Bari).
La città fu insignita da Federico II di Svevia del titolo di "Città imperiale" e fu successivamente infeudata a Federico d'Antiochia e quindi a suo figlio Corrado. Fu in questo periodo che nacque l'attuale stemma della città raffigurante un'aquila, simbolo di potenza (essendo una città imperiale), ed una croce, simbolo di redenzione (era finita la dominazione araba). Con i Normanni, i grandi latifondi, smembrati dagli Arabi, si ricostituirono e si rafforzò ancora di più il baronaggio.
Finita la dominazione normanna, vi fu l'occupazione angioina che fu una vera e propria dominazione militare. Carlo I d'Angiò importò in Sicilia un feudalesimo arcaico danneggiando l'economia di molti importanti centri, tra cui Mistretta che fondava la sua prosperità sull'agricoltura e sul commercio, data la sua posizione geograficamente strategica. Impoverita e sfruttata dai francesi che distrussero anche i feudi normanni accorpandoli in grandi latifondi gestiti da signori angioini senza scrupoli e sottoposta ad infamie, ruberie e a forti prelievi fiscali, la città di Mistretta insorse e, nel 1282, i cittadini di Mistretta si unirono alla rivolta dei "Vespri Siciliani". Per il gran contributo apportato nella lotta contro i francesi, la città fu inserita tra quelle demaniali ed accolta nel Parlamento del Regno di Sicilia con capitale Palermo, sotto gli Aragonesi. Durante la dominazione aragonese, furono le baronie locali a dominare su Mistretta.
Nel 1447, re Alfonso, sancì la demanialità di Mistretta ed i suoi Casali e, nel consentire al ceto artigiano di entrare a far parte del governo della città, creò i presupposti affinché, nel XVI secolo, la città si arricchisse di numerosi monumenti religiosi e civili.
Notevoli testimonianze del Cinquecento, fase storica di splendore per Mistretta, ci sono date dalla magnificenza dei lavori con i quali gli scalpellini del paese arricchirono la Chiesa Madre, aggiungendoli ai raffinatissimi interventi dei Gagini. Di questo periodo è pure la fondazione dell’Ospedale e la "Casa dei Pellegrini", edifici ancora oggi esistenti con le loro originarie caratteristiche. La città, tuttavia, mentre si arricchiva di arte (il barocco, le chiese, i palazzi, tele, sculture, ...), subiva la stessa sorte del resto della Sicilia, la perdita del peso politico, dominata dai re di Castiglia.
Il Settecento fu anch’esso periodo di benessere per i mistrettesi, per la crescita economica dovuta all’esportazione di prodotti agricoli ed allo sfruttamento dei boschi comunali. Mistretta diviene quindi importante centro commerciale e sede d’uffici e magazzini che consentivano una efficiente lavorazione e commercializzazione dei prodotti. A questa ricchezza corrisponde l’affermarsi di una ricca borghesia che, grazie alle proprie commesse, consentì il fiorire di una serie di attività artigianali per la lavorazione del ferro e del legno. Questa ricca classe sociale provvide a far edificare palazzi signorili e urbanizzò l’area di proprietà della Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria ai confini del bosco che sovrasta la cittadina.
Nel 1713 (Trattato di Utrecht), la Spagna cedette i suoi possedimenti in Italia all’Austria, ma il principe Vittorio Amedeo di Savoia cui spettava la Sicilia la barattò in cambio della Sardegna e l’isola passò a Carlo VII del Sacro Romano Impero e più tardi a Carlo III di borbone; per i mistettesi e tutti i siciliani iniziava la dominazione borbonica.
Sotto i Borboni, Mistretta divenne totalmente gestita dai baroni locali, dato il mal governo e l’incuria dei sovrani borbonici. La borghesia locale si preoccupò di abbellire a ampliare la città e durante l’Ottocento furono costruiti palazzi, fu messo in opera un poderoso riassetto urbanistico, furono abbellite le chiese con numerose opere d’arte, fu aperta la biblioteca comunale. La città riacquistò così l’antica importanza e divenne il punto di riferimento commerciale e culturale per tutti i centri vicini raggiungendo una popolazione di poco meno di 20.000 abitanti.
Il regime poliziesco di Ferdinando II e il malcontento diffusosi a Mistretta presso la nascente classe media costituita da professionisti, artigiani e massari, fecero sì che la cittadina mistrettese fosse la prima ad insorgere contro i borboni dopo Palermo nel 1860 contribuendo alla causa dell’unità d’Italia. Successivamente Mistretta subì le vicende di tutta la Sicilia nell’Italia post-unitaria fino ai giorni nostri.
All’inizio del ‘900, infatti, la Sicilia aveva quasi del tutto consumato l’immagine forte che il secolo appena concluso le aveva permesso di costruire e consegnare, la sua storia regionale superava in varietà e prestigio quella delle altre regioni. Mistretta, come molte altre città sicule in quel periodo, aveva raggiunto l'apice del suo splendore economico, artigianale, artistico e culturale, ma dietro ai palazzi nobiliari, ai circoli culturali, alle fiere, alle feste di paese, si nascondevano le sorti infauste che hanno segnato le vicende di numerose cittadine della Sicilia.
La cittadina ha seguito il destino di gran parte dei centri di montagna siciliani nel Novecento, ha subito i colpi inferti dalla disoccupazione fino allo spopolamento per emigrazione (dai 20.000 abitanti dell’Ottocento, oggi sono poco più di 5.000), subisce la fuga dei più giovani che per motivi di studio o per cercare nuove opportunità lasciano il centro nebroideo, vede scomparire ogni giorno parte del suo patrimonio artistico-culturale sotto i colpi inferti dalla negligenza e dalla delinquenza.
Mistretta fu uno dei primi comuni siciliani ad avere l'energia elettrica e oggi nel suo comune ci sono un Tribunale, l’Ospedale, la Caserma dei carabinieri, un carcere, due licei (classico e scientifico), l’Asl e sono presenti numerose strutture e servizi che non si giustificherebbero in un piccolo centro montano se non ricorrendo alla sua millenaria storia. Degli antichi fasti e della grandezza di un tempo rimangono tracce tangibili nelle 22 chiese ancora tutte attive e ricche d’opere d’arte di valore inestimabile, nei palazzi e nei monumenti.