Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Il nome Calamonaci deriva dall'arabo Kal-at-Munach che significa "casale di sosta" poichè anticamente esso era una stazione di fermata dove si cambiavano i cavalli delle diligenze. Sorge su un'altitudine di 307 metri a 54 chilometri da Agrigento e a 4 da Ribera, il suo territorio si estende dalla montagna Chirchillo a Scirinda e dal fiume Verdura alla Salina Sorge, quindi, tra rigogliosi vigneti e secolari uliveti e la sua economia è prettamente agricola. Si producono, in particolare, vino, olio, agrumi, mandorle. Nella storia troviamo le prime tracce di questo nome nel 1287, anno in cui l'antico feudo venne venduto dal sovrano Giacomo di Aragona al signore Berengario de Villaragut. Quando costui, seguendo il re, lasciò la Sicilia, nel 1296 Federico II lo concesse a Berengario De Spuches; passò poi ai baroni Inveges e Perollo di Sciacca rimanendo sempre non abitato. Per altri due secoli Calamonaci rimase nelle dimensioni di un modesto casale passando nelle mani di diversi feudatari. Solo il 6 febbraio 1574 Antonino De Termine ottenne lo Jus populandi, ossia il diritto a fondare e popolare il feudo di Calamonaci. Dieci anni dopo, a partire dal 1580, iniziarono i lavori per la costruzione della Chiese di San Vincenzo Ferreri, unica Chiesa del paese di notevole interesse architettonico. Nella prima metà del 1600 Calamonaci contava poco più di 650 anime. In questo secolo sorse anche un piccolo convento di Carmelitani, che ebbe però poca vita e oggi visibile solo in parte.. In seguito il feudo fu di proprietà del signore Vespasiano De Spuches, quindi fu sede dei baroni Montaperto di Raffadali. Nel 1812 con l'abolizione della feudalità il comune divenne autonomo. La storia del paese è legata, fino al secolo scorso, alle vicende delle famiglie locali che ne hanno acquisito il possesso. La città moderna si presenta al visitatore ben squadrata, divisa in quattro zone da due arterie principali (Corso Francesco Crispi e Via Garibaldi). L'economia del piccolo centro è prettamente agricola. In particolare si producono olio, vino, agrumi e mandorle. L'olio extravergine è estratto da olive della varietà biancolilla.