Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Motta D'Affermo sorge in una zona litoranea colinare, posta a 660 metri sopra il livelo del mare.
Ebbe origine come piccolo insediamento sorto dalla diaspora degli abitanti di Halaesa in età tardo-imperiale romana e con la successiva colonizzazione bizantina (VII-IX secolo).
Il nome originario della cittadina era Sparto durante la dominazione aragonese, dall'omonima pianta Ligeum Spartum diffusa nella zona, mutato poi nell'attuale. Infatti Sparto, è un toponimo di chiara derivazione ellenica, dato che sia nel greco antico che in quello moderno significa ginestra che ancora oggi caratterizza fortemente le colline del territorio di Motta, soprattutto durante la primavera.
Dopo la dominazione araba (827-1091), Ruggero gran Conte, tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo ripopolò numerosi insediamenti con coloni lombardi, e con coloni pugliesi e calabresi provenienti dai territori già sotto il dominio e l'influenza normanna.
In questa ricolonizzazione fu coinvolto come feudo anche il vecchio casale di Sparto, intanto entrato sotto il dominio di uno dei 136 cavalieri che accompagnavano il normanno.
Il primo esponente feudale di cui si abbia notizia fu Roberto de Sparto che nel 1266, per sostenere la causa legittima di Manfredi, venne sconfitto con altri cavalieri a Benevento da Carlo d'Angiò e venne espropriato del dominio del casale. Sparto, nel 1270, veniva affidato a Hugues de Brusa, un soldato mercenario francese.
Nel 1272 il maestro delle regie difese Dreuv de Lazabard (Zavaterius) viene nominato signore di Sparto. Nel 1278 il monaco basiliano Pafnuzio del cenobio di Santa Maria di Sparto è nominato da papa Niccolò III, egumeno di Santa Maria della Grotta di Palermo. Nel 1282, nella colletta di Pietro d'Aragona, Sparto figura come località in grado di fornire 5 arcieri.
Nel 1296 Giovanna Chiaramonte è titolata come signora del casale nel catalogo dei baroni di re Giacomo. Nel 1344 Costanza Chiaramonte vende il casale a Blasco D'Alagona. L'atto di vendita costituisce il primo documento descrittivo del territorio. Nel 1375 il casale è ceduto da Artale D'Alagona a Raimondo Ripa, che ne ratifica il possesso solo sulla carta.
Intorno al 1380 un cavaliere, Muchius Albamonte alias de Fermo, ripopola il casale, ristruttura il castello e si proclama signore e barone della Motta di Sparto. Sempre nel 1380 tra le prime iniziative si deve ricordare la costruzione della chiesa di Maria SS. degli Angeli. Questa, essendo la Matrice, era costruita a spese della universitas ed era luogo di culto e di riunione per il popolo soprattutto quando si dovevano prendere delle decisioni importanti. Uno di questi eventi fondamentali fu la stipula dei Capitoli tra il consiglio civico ed il barone Giovanni Elia Minaguerra de Albamonte celebrata nel 1544 all'interno della stessa chiesaNel 1392 Muchius viene ucciso durante alcuni scontri e la moglie Margherita Ventimiglia rivendica il possesso del feudo. Nel 1397 durante il riparto delle tasse re Martino fa cambiare il nome in Motta di Fermo.
Il nome Motta accomuna molti altri paesi italiani anche se i motivi di queste omonimie sono certamente molto diversi. A livello etimologico il vocabolo può derivare dall'antico provenzale mota, opera di difesa di un castello o anche dal francese mote, altura munita di castello, collina, diga. Nomi simili sono presenti anche in altre lingue romanze come lo spagnolo o il portoghese o in quelle germaniche sia antiche che moderne. È probabile che nel nostro caso si faccia riferimento alla parte superiore dell'abitato (in dialetto chiamato fascieuddu) che si caratterizza per una disposizione fusiforme delle abitazioni e che era circondato da spesse mura in difesa della fortezza che si trova in una posizione strategica ed era utilizzata per il controllo di un vasto territorio.
Nel 1452 Giovanni Albamonte viene nominato barone di Motta de Firmo. Uno dei suoi figli, Guglielmo Albamonte, figura fra i tredici campioni italiani che parteciparono alla eroica Disfida di Barletta.
A quel tempo Motta era già una realtà importante con la sua fortezza, le sue chiese, i suoi edifici pubblici, le case dei borghesi e dei popolani. Ma fu negli edifici di culto e nei loro arredi che la comunità espresse il meglio delle sue possibilità, anche perché tali edifici erano luoghi sacralizzati dalla sepoltura dei cittadini che, intanto, distinguendosi nelle varie attività dell'artigianato e dell'agricoltura, si erano organizzati in piccole società di mutuo soccorso e confraternite.
Tra le chiese che furono frutto dell'iniziativa di queste associazioni ricordiamo la grande chiesa di San Rocco (1575) e le chiese di San Sebastiano e San Luca (XVI secolo), queste ultime due non più esistenti.
Nel 1557 il feudo passa a Vincenzo Bonaiuto. Nel 1607 il re Filippo III addirittura elegge marchesato, in favore di Modesto Gambacurta, la baronia di Motta di Fermo. Nel 1632 il feudo risulta proprietà del Monte dei Pegni di Palermo. Nel 1633 con Gregorio Castelli il feudo assume il titolo di Marchesato di Motta, che diventa prerogativa del suo Casato per più di tre secoli con il titolo di Principe di Torremuzza, Signore e Marchese di Motta. Tra i suoi successori da ricordare Mons. Gioacchino Castelli, vescovo di Cefalù, e Gabriele Lancillotto Castelli (1727-1792), grande archeologo, mecenate e direttore e ispiratore della Real Accademia degli Studi di Palermo (Università).
Nel frattempo nel 1812 la feudalità veniva abolita e il paese si organizzava in comune autonomo. Nel 1844 avvenne il passaggio del centro dalla diocesi di Cefalù alla diocesi di Patti. La popolazione si accrebbe particolarmente tra la metà del Settecento ed il successivo XIX secolo.
Nel corso del XX secolo il paese ha conosciuto il triste fenomeno dell'emigrazione. Dapprima i massicci flussi migratori si sono diretti verso gli Stati Uniti e l'Argentina, poi, a partire dagli anni cinquanta e sessanta, verso le regioni industrializzate del nord e del centro Italia. A causa di questo fenomeno il paese si è ridotto alle attuali dimensioni.
ECONOMIA
È un centro pevalentemente agricolo. I prodotti principali sono le olive, le nocciole, le noci, i fichidindia e i cereali.