Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Ubicato a ben 1275 metri sul livello del mare, è il comune più alto della Sicilia.
Si trova sui Monti Nebrodi orientali ai confini della provincia di Catania, sullo spartiacque tra le alte valli del fiume Alcantara (tributario del mar Ionio) e del torrente Naso (tributario del mar Tirreno), in una sella naturale tra il monte Pistone (1261 m) a sud-ovest e la Serra Baratta(1395 m) a nord-est.
Conosciuto fino a poco tempo addietro come Casal Floresta, il paese sembrerebbe risalire al periodo romano di colonizzazione della Sicilia, quando l’attuale sito urbano era originariamente occupato da una fitta foresta (in latino, appunto,floresta), i cui alberi ad alto fusto erano assai richiesti dai romani per impiegarne il legname nella costruzione delle loro navi ed imbarcazioni.
La tradizione popolare, tuttavia, farebbe discendere la fondazione di Casal Floresta da un esiguo gruppo di banditi e fuggiaschi i quali, nel XVII secolo, pur di scampare alle truppe di polizia spagnola stanziate in Sicilia, non esitarono ad inoltrarsi tra gli intricati boschi del luogo, dove formarono una comunità di rifugiati in grado di sopravvivere solo con le proprie forze, ubicata nel luogo corrispondente all’attuale Rocca di San Giorgio, distante circa un chilometro dall’attuale centro abitato florestano.
Mancano, comunque, notizie certe sulle origini di Floresta
La colonizzazione siciliana da parte di Roma, intrapresa nel 264 a.C. da Appio Claudio, vide l’attuale sito urbano di Floresta quale originario luogo d’esilio romano: un primordiale insediamento popolato principalmente da condannati a lunghe pene detentive e da schiavi, i quali, vivendo con la sola compagnia dei loro custodi in un tetro edificio appositamente costruito, svolsero il durissimo compito di abbattere e trasportare ingenti quantità di tronchi d’albero ad alto fusto delle superbe foreste circostanti, costituenti una importantissima e fondamentale risorsa per la fabbricazione di navi ed imbarcazioni.
Le impervie condizioni climatiche nel periodo invernale imposero nei secoli al paese uno stato di isolamento al quale seguirono grandi difficoltà di comunicazione e, soprattutto, di approvvigionamenti, facendo sì che Floresta venisse abbandonata sempre più, fino a giungere al medioevo, ormai totalmente disabitata, unica meta di pastori e mandriani durante il periodo della transumanza e ubicata nel luogo corrispondente all’attuale Rocca di San Giorgio, distante circa un chilometro dall’attuale centro abitato.
Costituita solo da un piccolo agglomerato di essenziali cùbburi (dal latino cùbitus, ossia giaciglio, i tradizionali e semplici ripari semicircolari in pietra edificati a secco, ricoperti di frasche e lastre di pietra, con un foro al centro per consentire l’uscita del fumo del fuoco che i pastori vi accendevano all’interno per riscaldarsi), chiamati localmente pagghiàri ‘mpètra (ovvero "pagliai in pietra").
All’inizio del XIV secolo, in seguito ai sempre più numerosi flussi migratori alla ricerca di terreni coltivabili verso i territori marginali (quale ovvia conseguenza dell’aumento demografico registratosi in quel preciso periodo storico), Floresta venne reclamata da Federico III d’Aragona dopo essere stato incoronato secondo Re di Sicilia ed affidata, in qualità di feudo, al nobile Peregrino De Pactis, che già ricopriva le alte cariche di Maestro Giustiziere e Protonotaro del regno.
Nel 1619, in seguito a successioni e ad atti dotali, il feudo di Floresta pervenne al nobile spagnolo Antonio Quintanas Duegna il quale, grazie al privilegio concessogli da Filippo III (figlio di Filippo II di Spagna, primo Re di Sicilia) incoronato Re di Spagna nel 1598 e proclamato secondo Re di Sicilia nel 1619, fu elevato al rango di "Marchese della Foresta di San Giorgio e Grassetta" in data 11 Gennaio 1619, come citato nelle fonti storiche dell’epoca, che registrarono, peraltro, la figlia Melchiora quale erede diretta dei beni paterni e governatrice dell’abitato Florestano, nel quale il genitore fece erigere una piccola chiesa dedicata a San Giorgio, circondata da poche case.
Melchiora, dopo aver sposato Ferdinando De Toledo, erede di una nobile famiglia spagnola (un membro della quale, precisamente Garçia De Toledo, nel 1565 venne nominato Vicerè del Regno di Sicilia da Filippo II di Spagna dopo l’elezione avvenuta nel 1556 a primo Re di Sicilia), visse e morì a Floresta mostrandosi sempre sensibile alle necessità spirituali e materiali dei propri governati, impegnandosi con ogni mezzo del quale disponeva per sollevare le sorti di Floresta e dei suoi abitanti dalle ristrettezze economiche nelle quali versavano, senza dimenticare la diffusione ed il vivo mantenimento del culto cattolico. Il suo sentitissimo ricordo, tramandatosi per generazioni, vive ancora nella memoria degli anziani florestani quale ineguagliabile esempio di benefica munificenza ed accorata sensibilità.
Nel 1675 l’amministrazione del feudo di Floresta, venne affidata dapprima al Principe Paolo Ardoino (nipote della sopra citata Melchiora), poi a Michele Ardoino e, successivamente a Pietro Ardoino, ai cui discendenti rimase fino alla metà del XVIII secolo, per poi passare a Vincenzo Moncada d’Alcontres nel 1762, a Giuseppe Stagno Ardoino nel 1790, a Pietro Stagno Asmundo d’Alcontres nel 1809, ed infine al Barone Baratta nel 1810, il quale ne curò gli interessi fino al 1812, anno nel quale venne sancita la nuova costituzione borbonica che pose fine ai privilegi feudali.
Dopo il 1750 Floresta crebbe espandendosi intorno alla chiesa dedicata a Sant’Anna in un impianto urbanistico semplice e razionale, definito da assi viari che attraversano tuttora il centro dell’abitato da un capo all’altro facendo assumere alla pianta di Floresta la caratteristica forma "a pettine":
I tempi successivi videro il corso principale arricchirsi di pregevoli edifici ottocenteschi appartenenti alle famiglie più in vista dell’epoca, delineati da pregevoli mensole ed architravi ornati da eleganti motivi fitomorfi e zoomorfi realizzati con grande maestria, abbelliti ulteriormente da caratteristici balconi in ferro battuto.
Con la fine dei privilegi feudali nel regno borbonico Floresta venne elevata a comune nel 1820.
Le durissime condizioni di vita che hanno sempre contraddistinto Floresta si fecero assai più marcate tra la fine del XIX secolo e l’inizio del 1900, quando, l’abbandono di tante terre e la loro destinazione permanente al pascolo, rese ancor più precaria la già difficile sopravvivenza degli abitanti, costretti a ricorrere ad una forzata emigrazione alla ricerca di migliori opportunità in terre lontane.
Oggi, Floresta, rientrando pienamente nel comprensorio del Parco dei Nebrodi e nel Parco Fluviale del fiume Alcantara, ha scelto di valorizzare al massimo le proprie risorse naturalistiche ponendole al centro di una strategia di sviluppo turistico assai interessante.