Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La storia del centro di San Cipirello è legata a quella del limitrofo San Giuseppe lì Mortilli (oggi San Giuseppe Jato). Anteriormente alla nascita dei due comuni il territorio, seppure non intensamente, risulta abitato nel corso del tempo senza soluzione di continuità: ne sono testimonianza la permanenza di moltissimi toponimi che affondano le radici nell'epoca medievale e, soprattutto, alcuni documenti d'archivio.
Il toponimo Jato risulta documentato nel corso del tempo: in un atto di concessione del 1455 è riportata una Traversa di Yatu; nel 1500 il mulino di Jato e il monastero dei Santi Cosma e Damiano in Monte Jato. Sul territorio non esiste un grosso centro abitato ma un insieme di casali costituenti centri di aggregazione di diversi feudi. Nel 1459 il feudo della Traversa, con annesse costruzioni, è posseduto da Luciano Baldaura.
Nel 1508 viene concessa licenza ad Alessandro Galletti ad edificare un mulino alla Chiusa a servizio degli abitanti di Piana degli Albanesi, o meglio com'era chiamata allora la Piana dei Nobili Albanesi. Agli inizi del 1600 una aliquota del feudo con annessa masseria di Picciana, corrispondente in parte con l'attuale San Cipirello, era posseduta da donna Maria Catalanotta; poi nel 1724 tale feudo veniva acquistato da Giovan Vicario del quale è sopravvissuto l'attuale toponimo Gianvicario. Il feudo Muffoletto veniva così denominato perché nel 1690 gli acquirenti risultavano Silvestro e Tommaso Muffuletto padre e figlio. Proprietario di un'altra porzione del territorio, dove attualmente sorge parte del Comune di San Cipirello, nel 1716 era Franciscus Reginella. Nel 1656 donna Margarita di Castiglia nominata "la Signura" acquistava quello che attualmente è denominato feudo "la Signora" con "case, torre sopra la porta del baglio, magazzini". Nel 1593 il feudo Dammusi con baglio, torre, magazzini e case apparteneva a Lanzo Galletti, mentre nel 1590 il feudo Chiusa anch'esso munito di case e magazzini risultava in proprietà di Pietro Berlicca.
Particolarmente importante tra il 1584 e il 1596 risulta il feudo di Fellamonica. In esso un intraprendente enfiteuta, il pisano don Pietro De Opezzinghi, inizia una piantagione di riso su circa 50 ettari di terreno ottenendo dei risultati eccellenti. Contemporaneamente procede alla costruzione di varie strutture edilizie tra cui una cappella, case per gli operai, magazzini per il riso, per il frumento, per il vino, torre, stalle, stazzone, calcara, forno etc. dove abitano non meno di 40 persone.Nella parte est dell'attuale San Cipirello esisteva la masseria di Giovan Vicario.
L'11 marzo del 1838, delle forti e continue piogge causarono una frana che distrusse i 2/3 dell'abitato di San Giuseppe lì Mortilli,che allora contava quasi 5000 abitanti, senza però causare vittime. Le famiglie disastrate in parte trovarono riparo nelle zone del paese rimaste intatte, in parte ritornarono ai loro paesi di origine, in parte si spostarono verso sud, in contrada Sancipirello.
Un decreto reale del 21 luglio 1838 stabilì che i disastrati potessero costruire le loro case nella contrada Sancipirello, sita a circa mezzo miglio dal comune di San Giuseppe lì Mortilli. Il sito venne messo a disposizione gratuitamente dalla Principessa di Camporeale, Laura Acton Beccadelli.
Lo scopo non era di creare un nuovo comune, ma di trasferire quello esistente, ma il risultato fu tutt'altro. Beghe e contrasti tra alcune famiglie ma soprattutto tra preti e corporazioni religiose determinarono una situazione di conflittualità tale che il ricorso alla violenza, per molti anni, divenne usuale. I due preti di San Cipirello, don Paolino Crimaudo e don Giacinto Lo Monaco, vennero sospesi a divinis.
Lettere anonime, minacce, furti e trafugazioni (la pietra di intaglio nel feudo della Chiusa, preparata per la nuova Madrice di San Giuseppe Iato, in realtà venne utilizzata, senza autorizzazione, per quella di San Cipirello) caratterizzarono i rapporti tra i due centri sino alla dichiarazione di comune autonomo di San Cipirello nel 1864.
Nel 1841 nuove e abbondanti piogge fecero temere un nuovo disastro, ragion per cui il sindaco di San Giuseppe lì Mortilli provvide allo sloggiamento di alcune case pericolanti e al divieto di costruirne delle nuove, autorizzando allo stesso tempo la costruzione di nuove abitazioni in contrada Sancipirello.
Dopo un'ennesima calamità, la terza in tre anni, si ebbe un ulteriore esodo di famiglie verso la suddetta contrada, tanto che nel 1841 questa già offriva una chiesetta e contava ben 700 anime.
Immediatamente si procedeva alla costruzione di un canalone drenante a monte dell'abitato: canalone, chiamato galleria, che ha salvaguardato buona parte di San Giuseppe Jato sino ai nostri giorni. Purtroppo alla successiva e notevole espansione del centro edificato non è corrisposto un consequenziale prolungamento di tale canalone col pericolo, sempre incombente , che la tragedia del 1838 possa ripetersi.
Il nuovo agglomerato urbano di Sancipirello necessitava di un disegno per l'impianto urbanistico e il progetto proposto prevedeva 4 piazze con fontane e i quattro canti della cittadina (creati dall'incrocio del cardo e del decumano) abbelliti da 4 fontane. Ancora oggi, lo sviluppo urbanistico di Sancipirello mostra la traccia del disegno originario e l'aspirazione a creare il paese come una piccola città ideale. Il progetto prevedeva una pianta quadrata con un reticolo ordinato di strade e piazze, con una planimetria dominata dalla chiesa principale.
Il progetto della nuova chiesa venne realizzato dall'architetto Fra' Serafino (1841 circa) che volle dare imponenza e sacralità alla struttura realizzando una struttura simile alla Basilica di San Francesco D'Assisi di Palermo. La realizzazione del progetto venne poi seguita e ripresa dall'architetto Achille Viola, che curò anche la definizione del prospetto.
In breve tempo, gli abitanti del nuovo agglomerato urbano chiesero ripetutamente di divenire un comune autonomo.
Nel 1847 già per la seconda volta i Sancipirellesi reiterarono le istanze di autonomia che però si perdeva nei meandri della burocrazia. Ne approfittarono gli abitanti con i moti del 1848 tanto da autoproclamarsi comune scegliendo i loro rappresentanti.
Il 15 maggio 1848, con la Restaurazione borbonica, San Cipirello tornò ad essere una borgata di San Giuseppe lì Mortilli.
Gli abitanti del piccolo centro dovettero attendere l'Unità d'Italia perché il nuovo agglomerato urbano di San Cipirello ottenesse l'autonomia, che fu messa all'atto il 2 giugno 1864 e definita con Legge n. 2048 dell'11 dicembre 1864, in vigore dal 4 gennaio 1865.
Assieme al comune di San Giuseppe Jato, il comune di San Cipirello costituisce un curioso caso di doppia enclave comunale all'interno del comune di Monreale.