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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Tolomeno ci tramanda che nei pressi dell'attuale Francofonte si trovava l'antica città d'origine greca di Hydra.
Un nucleo medievale si creò nella zona, a partire dal XIV secolo d.C., attorno al Castello dei Chiaramonte. Nel corso degli anni il dominio della citta' passò attraverso numerose famiglie nobiliari: da quella di Berengario Cruyllas a quella di Ferdinando Moncada, fino alla famiglia Gravina, l'ultima a poter vantare diritti feudali sulla citta'.
Dopo un lungo e triste periodo di decadenza economica e decremento demografico, la citta' conobbe una grossa ripresa dopo il terremoto del 1693. Il casale di Francofonte sorse a metà secolo XIV nell'estrema propaggine dell'altopiano che digrada dal feudo Sorgesia verso la valle del torrente Canali e nella contrada Vaijasindi.
La più antica notizia documentata di questo nuovo aggregato è del 1366 e ci viene tramandata dalle Rationes Decimarum degli Archivi Vaticani nella forma fortalicium Francofontis, in una forma, cioè, che indica apertamente la funzione del luogo. La fondazione di Francofonte viene attribuita ad Artale Alagona, gran Giustiziere del Regno, ed è strettamente connessa agli avvenimenti politico-militari dell'epoca, caratterizzati dalle liti tra la fazione latina e quella catalana, l'una che faceva capo ai Chiaramonte, conti di Modica, l'altra agli Alagona, conti di Mistretta, di origine catalana, seguaci della casa reale. I Chiaramonte dominavano Lentini, che, munita di fortilizio, aveva un ruolo strategico per il controllo del territorio fino a Catania e Vizzini. Per contrastare gli avversari, Alagona pensò di fortificare il suo casale, precedentemente chiamato Bufilda, facendo costruire un castello. Francifontis sorse, quindi, in quel casale, che fino ad allora era stato dominato dalla Chiesa di Sant'Antonio Abate.
Il 10 novembre 1394 Re Martino, tolti i feudi di Chadra e Francofonte ai ribelli Alagona e de Lamia, li concede entrambi a Berengario Cruyllas.
Altre due chiese vengono, intanto, costruite: Santa Venera lungo l'omonima via (oggi via Spoto Puleo), che viene dotata di una grande porta sulla quale era collocato il bassorilievo di santa Maria degli Angeli (poi murato) e Spirito Santo nei pressi dell'attuale via Zara.
La edificazione della chiesa di Santa Venera dà l'impulso alla formazione del primo quartiere, che viene chiamato matrice.
Nel XV secolo il paese si sviluppa verso est, fino a raggiungere la linea formata dalle attuali vie: Garibaldi, Mastrarua e Sicilia Filo. Si formano i nuovi quartieri di San Sebastiano e Sant'Antonino e la borgata dei Genovesi. Quest'ultima, esterna al centro abitato, era costituita da coloni provenienti da Caltagirone, ove già da tempo era presente una comunità di origini liguri.
La chiesa di Sant'Antonino da Padova fu fondata nel 1468 dal barone Giovanni Cruyllas, che istituì una corsa di cavalli, con un palio in premio, per solennizzare la festività del Santo. Nel ventesimo secolo si afferma a Francofonte una forte spinta alla modernizzazione. Il paese conta circa 10.000 abitanti nel 1901 e 16.500 nel 1921.
Si realizzano molte opere pubbliche (scuole, fognature, acquedotti, strade) e si sviluppa l'attività agrumicola, anche in forme associate e cooperative, che fa della città la capitale delle arance (sempre più si afferma il pregiatissimo ed ormai famoso tarocco di Francofonte).
Nel secondo dopoguerra si sviluppa, come nelle vicine Lentini e Carlentini, il movimento contadino, che dà un ulterore impulso allo sviluppo dell'agricoltura.
Negli anni '50 e '60 s'incrementa il commercio e l'esportazione degli agrumi, ma a partire dalla fine degli anni '60 fino alla fine degli anni '80 il settore agrumicolo subisce una grave crisi, che si fa sentire sia in termini di calo dell'occupazione, che di abbandono ed anche di dismissione di attività. La crisi dell'agrumeto trascina anche le altre attività economiche. Si fermano i mulini, i palmenti ed i frantoi; chiudono falegnami, ebanisti, calzolai e sarti; chiude la fornace di contrada Cavuzza, che forniva le tegole per i tetti del paese; spariscono scalpellini e capi-mastri, custodi di antiche tradizioni di artigianato artistico.
Le cause della crisi dell'agrumeto vanno ricercate nell'assenza di una politica di assistenza tecnica alle imprese agricole, nella rinuncia al sostegno della commercializzazione da parte della Regione, nell'incoraggiamento alla distruzione del prodotto con i conferimenti all'Aima, nella mancata promozione a livello internazionale dell'arancia siciliana con moderne ed efficaci politiche di marketing.
Solo negli anni più recenti, con la fine della politica dei conferimenti, il settore agrumicolo si è risvegliato, conquistando nuove nicchie di mercato.
L'Amministrazione comunale si propone da tempo di favorire la ripresa dello sviluppo della principale attività economica della città, puntando ad ottenere un marchio di riconoscimento dell'arancia prodotta nel territorio ed i finanziamenti, comunitari, statali e regionali, necessari per facilitare l'ammodernamento degli impianti e per penetrare nei mercati nazionali ed internazionali.


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