Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Situato fra le colline dell'agro segestano, il paese, più conosciuto con l'originario nome di Calatafimi, ha assunto la denominazione attuale (Calatafimi-Segesta) dal 1997 grazie a una legge regionale presentata dall'allora sindaco e presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana Nicola Cristaldi.
Antico borgo arabo, il paese si sviluppò nel IX secolo intorno al Qal’at Fîmî, la rocca di Eufemio (in arabo), un vecchio castello, innalzato intorno al 1200, che fu dimora dei governatori della città e del quale restano alcune tracce, in prossimità dei resti della città elima di Segesta. Il borgo fece parte del regio demanio fino a quando, nel 1336 Federico III di Aragona la concesse in feudo al figlio Guglielmo. Dagli Aragona venne ceduto ai Peralta. Portata in dote matrimoniale come baronia da Donna Violante de Prades a Bernardo Cabrera, Calatafimi appartenne alla Contea di Modica, insieme ad Alcamo, dal 1420 al 1802, quando fu incamerata nel demanio del Regno delle Due Sicilie ai Cabrera (dal 1407) ed in seguito agli Enriquez (dal 1565 fino al 1741 ed infine ai duchi d'Alba, per poi essere annessa al Regno di Sardegna in seguito alla spedizione dei Mille, guidate da Giuseppe Garibaldi, che proprio nel vicino colle di Pianto Romano affrontò, il 15 maggio 1860 in una celebre battaglia le truppe borboniche. Sul luogo dove avvenne il primo scontro vittorioso per la conquista del Regno delle due Sicilie, venne eretto un grande mausoleo, dove si conservano le spoglie dei caduti. Il mausoleo conosciuto come Ossario di Pianto Romano, fu progettato dal celebre architetto Ernesto Basile. Alto circa 30 metri, decorano i due lati due gruppi di bronzo di Battista Tassara, che raffigurano lo sbarco dei Mille a Marsala e la battaglia di Calatafimi che fu decisiva per le sorti della spedizione e dell’ unità nazionale.
Il centro storico si espanse a partire dal XV-XVI secolo nei "quartieri spagnoli" che si presentano anch'essi nella loro topografia originale.
Oltre all'area archeologica di Segesta ed al mausoleo di Pianto Romano, vi è il centro storico, alla cui sommità sorge il citato castello Eufemio, tipico esempio di architettura normanno-sveva e le chiese del Santissimo Crocifisso, (opera di Giovanni Biagio Amico) la chiesa del Carmine, della Madonna del Giubino, di San Michele, di San Giuliano, della Madonna del Soccorso, il palazzo Zuaro, la fontana "di li cannoli" e la chiesa della Santissima Trinità. Al loro interno le chiese preservano numerose statue marmoree della scuola di Antonello Gagini e svariate tele. Di ottima fattura sono gli affreschi neoclassici della chiesa della Madonna del Giubino.
La chiesa Madrice dedicata a San Silvestro Papa è una delle chiese più antiche della vecchia Calatafimi risalente al XV secolo. Costruita nello stile dell’ arte del rinascimento e decorata di scarsi stucchi barocchi, sobriamente indorati, la chiesa presenta tre navate. Restaurata in tempi recenti reca nell’ altare maggiore un interessante politico marmoreo del Berrettaro e Mancino eseguito dal 1509 al 1512.
Il centro storico è costituito da una serie di vicoli (con archi a sesto acuto e a tutto sesto) cortili e scalinate che si intersecano vicendevolmente fra loro, ed è attualmente disabitato e in stato di abbandono, a causa del terremoto che nel 1968 colpì la Valle del Belice.
Nella cittadina sono dislocati tre piccoli musei: il museo civico-archeologico di Segesta, il museo dell'epopea garibaldina e il museo etnoantropologico.
Nelle vicinanze dell'abitato si trovano il bosco Angimbè e la pineta di Santa Maria. Il Bosco di Angimbè costituito da diversi lembi residui di una ben più vasta sughereta autoctona, che un tempo doveva rivestire superfici straordinariamente ampie, si distende a nordest dell’abitato di Calatafimi Segesta. Luogo tra i piu’ belli e naturalisticamente tra i piu’ importanti dell’intero comprensorio calatafimese. Calatafimi merita una visita, oltre che per i beni artistici custoditi in alcune sue chiese, in occasione della Festa di Primavera o del Crocifisso celebrata in memoria di alcuni eventi miracolosi legati ad un antico Crocifisso, verificatesi nel 1657. Oggi a più di trecento anni, la processione si ripropone ad intervalli di tre, cinque o sei anni ed è una delle feste popolari siciliane più grandiose e sentite.