Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Dominato dall'antico castello bizantino, immerso nel Parco delle Madonie, adagiato fra le pieghe di una vallata sotto la possente mole della Montagna Grotta Grande, sorge Isnello, "paese antichissimo e perciò pieno di profonda nobiltà (Carlo Levi)".
Il corso d'acqua, denominato Isnello, che discende dalle Madonie, lambisce il paese a nord, per incunearsi in un suggestivo stretto canyon formato tra l'altura del castello e la ripida parete della Montagna. È presumibile che il nome derivi appunto dal nome del corso d'acqua anche se ipotetiche voci suggeriscono il termine siriaco hassin che significa fiume freddo, il punico hassinor che indica un torrente che scorre in un alveo a forma di tubo, il greco asines che indica l'innocuità del torrente.
Nel territorio, buona parte del quale caratterizzato da carsismo, sono presenti diverse cavità disseminate tra il pizzo Dipilo e pizzo Carbonara. Nel cozzo Balatelle esiste la Grotta "Abisso del Vento", che si sviluppa in profondità e in buona parte ancora inesplorata, presenta stalattitti e stalagmiti in grandi quantità.
La storia di insediamenti dell'Eneolitico è documentata dal ritrovamento di numerosi reperti nelle grotte del territorio.
I ruderi dell'Eremo di San Leonardo e del castello che sovrasta l'abitato testimoniano verosimilmente la presenza bizantina nell'VIII secolo.
Durante la presenza araba, Isnello, il cui nome era Menzil Al-Hamàr (che significa villaggio fortificato) venne inglobato nella Val Demone.
Sconfitti gli Arabi, dal conte Ruggero, Isnello venne aggregato alla diocesi di Messina rimanendo però sotto diretto dominio di Ruggero stesso.
In epoca normanno-sveva il territorio di Isnello diventa Regio Demanio ed il centro abitato si accresce attorno al nucleo del Castello.
Ruggero II, primo Re di Sicilia, avendo fondato nel 1131 la Basilica Cattedrale di Cefalù, con l'assenso dell'Arcivescovo di Messina, incluse Isnello nella nuova diocesi, mantenendone diretta giurisdizione.
Il dominio su Isnello e sulla vicina Gratteri fu concesso, in seguito, solo temporaneamente, dall'Imperatore Federico II all'Arcivescovo di Palermo il quale, morto Federico, chiese al successore, il figlio Manfredi, di concedere perpetuamente il governo delle due baronie alla Chiesa Palermitana; Manfredi acconsentì.
Non è nota però la ragione per cui la Chiesa di Palermo abbia perduto la giurisdizione sui due centri.
Nel 1296 divenne barone di Isnello il milite Niccolò Abbate. Questi nel settembre 1377 vendette la baronia di Isnello a Francesco II Ventimiglia e Consolo, conte di Geraci. Il suo successore Antonio Ventimiglia, per il delitto di tradimento, perdette i diritti sulle terre che caddero nelle mani del Regio fisco. Il 1° febbraio 1397, re Martino concesse la baronia di Isnello ad Abbo Filangeri, Alcaide di Cefalù che però la cedette per la Contea di San Marco.
Il 27 novembre 1398, la baronia Isnellese passò ad Arnaldo Santacolomba, nobile catalano; a lui successe il figlio illegittimo Arnaldo Guglielmo che ottenne da Alfonso il Magnanimo il "mero e misto imperio" (con privilegio del 20 Luglio 1453). Poi in successione seguirono: Antonio (1454), Arnaldo II (1478), Antonio II (1506).
Le costruzioni riconducibili a tale periodo (S. Maria Maggiore, S. Michele, Chiesa Madre) mostrano il passaggio dell'abitato dalla iniziale funzione prevelentemente militare ad una successiva fase caratterizzata da un accentuato sviluppo demografico ed urbanistico. La sede baronale è "nel piano della Sala", oggi Piazza Mazzini, da dove, alla fine del 1500, viene spostata al "piano della Porta" e aggregata alla preesistente Chiesa del Rosario.
Ad Antonio II Santacolomba successe il figlio Simone che nel 1547 vendette alla casa La Farina i feudi di Madonia, Chiusa, Culìa, Piano Zucchi, in favore della moglie Eleonora Agnello di Francavilla (divenuta poi Signora di Isnello nel 1576). Pietro Santa Colomba, per la cessione della madre, nel 1586 ereditò la baronia. Alla sua morte gli succedette il figlio Arnaldo III che, nel 1625, chiese al Re di Sicilia Filippo IV di innalzare la baronia di Isnello a contea. Il privilegio venne concesso il 15 febbraio 1625 a Madrid. Nel 1634 s'investì della carica signorile Pietro Santa Colomba, figlio di Arnaldo III, che in parte riuscì ad integrare ai territori della contea i feudi della vecchia baronia venduti da Simone Santa Colomba.
Durante la signoria di Ignazio, succeduto al padre Pietro nel 1666, accadde uno di quegli eventi più disastrosi della storiografia siciliana: il terremoto che ha avuto luogo l'11 gennaio 1693. Tutta la Sicilia subì distruzioni e morti, ma la cittadina di Isnello non fu soggetta che alla caduta di vecchi edifici. Erede di Ignazio fu il figlio Pietro II che nel 1700 morì senza successori; a lui seguì quindi il cugino Gaspare che, morendo anch'egli senza discendenti, fu l'ultimo conte di Isnello della casa Santa Colomba. Seguirono aspre contese alla fine delle quali la contea di Isnello fu affidata a Donna Giuseppa di Valguarnera, erede dei Santa Colomba di linea femminile. Alla sua morte si susseguirono nel governo della contea suo figlio Antonio Termini (1761), Domenico Termini, Castrense Termini e Migliaccio, principe di Baucina, Antonio suo figlio e Domenico suo fratello.
Con atto del 14 aprile 1788 presso il notaio Sebastiano Rustici, i cittadini Isnellesi stanchi di sopportare il dominio esercitato dai conti in base al beneficio del "Merum et Mixtum imperium", ossia la facoltà di emanare leggi, concesso nel 1453 ad Arnaldo Guglielmo Santa Colomba,ricomprarono i territori della contea, sciogliendosi definitivamente dal vincolo dell'autorità baronale.
"... i magistrati del Comune, avvalendosi della legge del 1788, consegnarono tosto al padrone di quel tempo il capitale, rispondente all'annuo reddito di lui, e il paese in tal modo si libero' per sempre da ogni diritto di signoria e di vassallaggio pria ancora che la feudalita' fosse stata abolita in Sicilia (1812)..." (Cristoforo Grisanti, Folklore di Isnello, Palermo 1899-1909, ristampa, prefazione del Prof. Rudolf Schenda , 1981).