"quod omnes concives ... Brontis in causis criminalis ... conveniri debeant in nostra curia ... Terrae Randacii".
Federico III
Secondo la leggenda, che voleva l'isola abitata dai Ciclopi, fu il ciclope Bronte, figlio di Nettuno, a fondare la città. Rinvenimenti di cellette funebri dell'VIII secolo a.C., fanno pensare che i primi abitatori della zona furono i Siculi, stanziatisi sul monte Bolo. Gli scavi archeologici confermano anche che in epoche successive vi furono insediamenti siracusani, cartaginesi e romani.
Agli Arabi si deve l'importazione della coltivazione del pistacchio. Dall'epoca normanna la località, ricadente nel Valdemone, fu soggetta a Messina per l'esercizio della giustizia e poi a Castrogiovanni Dal 1348 dipese poi da Randazzo come si evince dal testo del privilegio di Federico III che ordina "quod omnes concives ... Brontis in causis criminalis ... conveniri debeant in nostra curia ... Terrae Randacii".
Un documento a firma di re Ruggero II del 1094 attesta per la prima volta l'esistenza del casale (agglomerato rurale) col nome "Brontimene". La successiva testimonianza ad oggi ritrovata risale però solo al 1345, quando si menziona il "loci de Bronte" al riguardo di un feudo concesso da re Ludovico a Manfredi Lancia. è comunque dopo quest'ultima data che le citazioni di Bronte appaiono in modo frequente. Divenuto possedimento del monastero di S. Maria di Maniace tra il 1471 ed il 1472, poi, in ragione dell'aggregazione di S. Maria all'Ospedale Grande di Palermo, il casale ne seguì la sorte.
Nel 1520, Bronte divenne università (città) demaniale per la riunione di 24 casali concessa con un privilegio di Carlo V probabilmente intorno al 1535 (come attesterebbe la differenza di popolazione riscontrata tra il 1535 ed il rivelo - censimento - del 1548). Essa però rimase dipendente da Randazzo, centro a capo della "comarca" (suddivisione esattoriale), per gli affari di giustizia. Nel 1548 contava 2.815 abitanti e la stessa cifra si manterrà - tra una carestia ed un'epidemia - sino al 1595. Nel 1636 i cittadini brontesi, guidati da Matteo Di Pace, insorsero contro gli ufficiali di Randazzo e si ribellarono alla corona di Spagna. I continui bisogni finanziari della monarchia offrirono comunque loro l'occasione di affrancarsi dal controllo di Randazzo e di ottenere, dietro un cospicuo esborso di denaro, il "mero e misto impero" (l'esercizio della giurisdizione).
Nel 1639 Bronte attestava la presenza di 9.138 anime. Tra il 1651 ed il '54 il suo territorio subì diversi danni a causa delle eruzioni dell'Etna. Nel 1714 la popolazione era costituita da 6.936 abitanti. Durante il XVIII secolo la città si dotò di una propria insegna e si fregiò del motto "Brontis civitas fidelissima" (appellativo per altro comune a molti centri isolani).
Nel 1739 "apparve gran fuoco nell'aria ... e si dileguò verso Randazzo, e Bronte, ed ivi si sentì con danno notabile terremoto". Del 1778 è la fondazione del collegio Capizzi, il suo primo istituto scolastico, intorno a cui si convogliarono notevoli interessi culturali.
Nel 1799 Ferdinando IV donò l'abbazia di Maniace ed il territorio circostante, col titolo di ducato, all'ammiraglio Nelson, nominandolo duca di Bronte, come atto di riconoscenza per i servizi resigli durante la rivoluzione di Napoli.
Nel 1817 compare nella lista dei comuni del neo-formato distretto di Catania. Partecipe dei moti del 1820 e del '48, Bronte rimane tristemente nota (anche nella memoria letteraria) per la sommossa del 1860, cui seguì la sanguinosa repressione - storiograficamente controversa - ad opera del garibaldino Nino Bixio. Il 9 agosto di quell'anno i condannati furono fucilati davanti al popolo brontese. L'evento è rimasto noto come "i fatti di Bronte".
Verso la fine del secolo scorso, il castello passò al generale Bridport sino al 1951, anno in cui una legge regionale scorporò parte del territorio appartenente alla ducea. Nel 1981 il castello di Nelson venne acquistato dal comune di Bronte. A Bronte nacque il filosofo e giurista Nicola Spedalieri (1740-1795).
Oggi la cittadina è il principale centro siciliano per la produzione di pistacchi, di cui si fa attivo commercio. Attiva è anche la coltivazione di mandorle, agrumi, uva, cereali e legumi. Estesi sono i boschi, i prati ed i pascoli permanenti che favoriscono l'allevamento di ovini, bovini e caprini. L'industria è presente con aziende enologiche, aziende operanti nei settori del legno, dei materiali da costruzione, dell'abbigliamento e della trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici. In notevole sviluppo è il turismo.