Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La zona dove sorge l'attuale paese è stata abitata fin dalla preistoria. Nelle rocce di quarzarenite lungo la vallata del fiume Gangi, sono state rinvenute tombe a grotticella risalenti al Neolitico. Sono visibili, anche, dei resti di un grosso insediamento indigeno di stampo ellenico e di altri centri minori della stessa epoca e, sparsi sul territorio, resti di insediamenti di età romana e tardo-romana, di età bizantina e araba.I Cretesi, venuti in Sicilia a seguito di Minosse alla ricerca di Dedalo, dopo aver perso le navi ed il loro condottiero, decisero di stabilirvisi fondando Minoa.
Alcuni di essi si spinsero verso l'interno, dove, intorno al 1200 a.C., fondarono la città di Engyon e vi edificarono un tempio dedicato alle Dee Madri.
Con il passare degli anni la forza della città crebbe ed il tempio si arricchì di tesori (l'asta e i cimieri del cretese Merione, nipote di Minosse; le armi di Ulisse; le corazze e gli scudi di Scipione l'Africano), ma una mossa politica ne arrestò l'espansione: il parteggiare per Cartagine nelle Guerre Puniche le costò serie minacce da parte di Marcello, console romano.
Al tempo di Verre, governatore romano della provincia di Sicilia, il tempio venne spogliato di una parte dei suoi tesori, e questo episodio verrà ricordato da Cicerone nelle sue "Verrine". Fin qui la leggenda.
Per alcuni storici, diversi indizi ed elementi farebbero pensare all'esistenza nel territorio delle antiche città di Engyon o Herbita.Una tradizione plurisecolare identifica Engyon con Gangi (probabilmente in località Gangivecchio e dintorni o ad Alburchia antico centro abitato a pochi km dall'odierna Gangi). Favorevoli ad una tale identificazione sono stati nei secoli: Airoldi, Cluverio, Amico, J.Berard, J.Bayet, E.Maganuco, F.Giunta, Angelini, G. Storey ecc, sebbene ad oggi nessun dato scientifico inconfutabile attesti l'identificazione di Engyon con Gangi o con Gangi Vecchio o con Alburchia, individuazione che rimane dunque ancora relegata nell'ambito delle ipotesi e della tradizione storiografica.
Dai primi anni del XII secolo il borgo fece parte dei domini dei signori della vicina Geraci, i Barnavilla prima, i de Craon e i de Candida poi insieme alla fortezza di Regiovanni, costruita sulla roccia probabilmente in epoca bizantina o saracena. In seguito, dalla metà del XIII secolo, Gangi fece parte della contea di Geraci di cui furono signori i Ventimiglia.
Secondo una "tradizione" non meglio specificata, il centro urbano di Gangi fu ricostruito nel 1300 sul Monte Marone a seguito della distruzione del precedente centro abitato, avvenuta nel 1299 durante la guerra del Vespro tra Federico III d'Aragona e gli Angioini per i quali sembra parteggiassero alcune cittadine siciliane, fra le quali anche Gangi. Della presunta distruzione del borgo, ne parla per primo il Fazello. Posta sotto duro assedio dalle truppe regie guidate dal Conte di Geraci, si racconta che la cittadina venne rasa al suolo fino alle fondamenta e che, poco tempo dopo, gli abitanti superstiti abbiano riedificato il nuovo abitato sul monte Marone. Ma il tenore dei patti di resa, dettati dal Sovrano il 24 maggio dello stesso anno, farebbe pensare che, a seguito della deposizione delle armi, Gangi sia stata risparmiata. Iil documento dei patti di resa del maggio 1299, pubblicato da F. Giunta e A. Giuffrida, infatti, attesterebbe che il borgo di Gangi non venne affatto distrutto, come peraltro affermano autorevoli studiosi siciliani. Da qui l'ipotesi di una possibile fondazione del borgo di Gangi in età normanna, come sembrerebbe potersi desumere da alcuni documenti del periodo e da alcune tracce.
Come tutte le cittadine medievali, anche Gangi era cinta da alte mura segnate da poche porte di accesso e torri di difesa. Ad Enrico Ventimiglia succedette il nipote Francesco I, a cui va attribuita la definizione del Castello e la realizzazione della torre quadrata, oggi nota come Torre dei Ventimiglia.
La città doveva possedere più direttrici di accesso: alcune irte e particolarmente strette, che conducevano in campagna ad est e ad ovest (che poi saranno le vie Porta di Conte e Porta di Malta); un'altra a valle più adatta ai carriaggi, meglio segnata, che conduceva alla porta sormontata dalla torre. Lungo quest'ultima via si andarono ad ubicare le prime costruzioni religiose che diverranno nel tempo germinatrici di residenza e di espansione della città stessa. Ancora secondo la "tradizione storiografica" nel XIV secolo alcuni re (tra cui l'infante Ludovico) vennero ospitati a Gangi nel quadro delle sanguinose lotte feudali e guerre del tempo, ma nessun documento ne attesta la veridicità.
Tra il XIV ed il XV sec., a Gangi, aumentano gli ordini religiosi che rappresentano possibilità di formazione e di istruzione.
All'inizio del XVI sec., secondo i dati rilevati dal censimento di Carlo V, a Gangi c'era una popolazione di circa 3910 abitanti e più di 900 abitazioni: tuttavia i dati dei Riveli delle anime e dei beni del Regno di Sicilia del 1548 indicano una popolazione di 4094 abitanti e di 1091 fuochi (famiglie).
Dal Cinquecento a Gangi fu operante una sede locale del temuto tribunale della Santa Inquisizione che fece catturare e condannare per eresia un benedettino di Gangivecchio (il priore di Gangivecchio). Le famiglie nobili locali innervavano l'organigramma locale dell'Inquisizione (Fisauli, Castiglio di origini spagnole ecc.). Nel 1625 Gangi passa dalla signoria dei Ventimiglia a quella dei Graffeo che, per concessione di Filippo IV di Spagna, nel 1629 acquistarono il titolo di Principi di Gangi mentre già detenevano quello di Marchesi di Regiovanni. Nel 1654 il titolo passa ai Valguarnera per dote matrimoniale e ad essi rimarrà fino alla prima metà dell'Ottocento.Nel Settecento a Gangi sorgono numerose Accademie di letterati, tra le quali quella degli Industriosi.
Viene costruito Palazzo Bongiorno e ricostruita la chiesa di San Pietro, documentata fin dal XIV secolo, annessa della "Badia" delle Benedettine (oggi non più esistente perché abbattuta in età fascista per far posto all'odierna scuola elementare, ultimata nel 1934).L'arciprete Cataldo La Punzina progettò e fece eseguire i relativi lavori iniziati nel 1728. La chiesa è ad unica navata e contiene preziose tele. Sulla volta della medesima si possono ammirare degli affreschi di fine Settecento firmati da Giuseppe Crestadoro, tra i quali si distinguono inequivocabilmente le "tre virtù teologali", tema presente anche a palazzo Bongiorno (dove secondo alcuni, ma senza appigli documentali, sembra assumere, visto il contesto, anche dei connotati massonici).Nel XVIII secolo la produzione letteraria e poetica delle locali accademie fu accompagnata da un duro scontro, una vera e propria faida, tra le stesse e il principe di Gangi (Valguarnera). Nel 1780 l'Accademia degli Industriosi, fondata dai baroni Bongiorno ed alfiere di quelle battaglie, sarebbe stata sciolta d'autorità.Tra il Settecento e l'Ottocento a Gangi vengono edificati anche altri Palazzi nobiliari, fra i quali i palazzi Sgadari e Mocciaro. Attorno alle famiglie proprietarie di questi palazzi (Sgadari e Mocciaro), rappresentanti la nuova nobiltà e la ricca borghesia nel XIX e nella prima metà del XX secolo, ruotò la politica paesana. Esponenti delle stesse famiglie furono i referenti locali dei liberali e delle forze popolari (popolarismo) in quel torno di tempo. Forze che animarono la lotta per la terra (in particolare negli anni dei fasci siciliani 1893-94, nel 1920 ai tempi dei decreti Falcioni e Visocchi allorquando ci fu l'occupazione contadina di alcune terre del territorio di Gangi). Le principali famiglie nobiliari negli anni Venti aderirono al fascismo. Lo stesso Duce nel 1924 fu ospite loro in una villa rurale di una contrada di Gangi, dopo aver fatto un giro trionfale del paese, acclamato dalla folla.A Gangi il 1° gennaio 1926, il prefetto Cesare Mori compì una durissima repressione verso la malavita e la mafia, molto presente nella zona, colpendo anche bande di briganti e signorotti locali. Usando metodi molto duri e violenti, tra i quali, anche l'uso di donne e bambini come ostaggi, che gli valsero il soprannome di Prefetto di Ferro.
Gangi diede i natali a diversi artisti e letterati rinomati in tutta la Sicilia: i pittori tardo manieristi Gaspare Vazzano, detto lo Zoppo di Gangi, e Giuseppe Salerno, lo scultore tardo barocco Filippo Quattrocchi, il poeta Giuseppe Fedele Vitale.