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::Festa di San Giacomo, Patrono di Gratteri a Gratteri » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Festa di San Giacomo, Patrono di Gratteri

Festa di San Giacomo, Patrono di Gratteri




Non è stato trovato al momento alcun documento certo per poter stabilire la probabile data dell'elezione di San Giacomo a Patrono di Gratteri. Tuttavia Giuseppe Pitrè attesta che sin dai tempi della dominazione araba in Sicilia esisteva a Gratteri il culto verso l'Apostolo Giacomo. Dice la tradizione che questo Santo intervenne visibilmente durante il combattimento per la liberazione del paese in favore di Ruggero d'Altavilla contro gli odiati Saraceni. Infatti, nella "Coroncina e le lodi in onore di San Giacomo", lo si esalata perché "ai prieghi del gran Ruggero normanno, nel giorno della sua festività, visibilmente combattendo a favor suo, scacciò i Saraceni e liberò questo afflitto Comune dal loro giogo". Ed aggiunge: "...Per pietà di noi / facesti dei re Mori orrendo scempio / e per Tua magion scegliesti queste mura e questo tempio".
Alla tradizione viene di conforto la storia, poiché tutti gli storici che s'occuparono di Gratteri asseriscono che San Giacomo ne è il patrono e che verso il 1150, il citato Ruggero, assieme ad altre insigni reliquie, volle far dono agli allora Signori di Gratteri di un osso del costato del Santo, il quale è tutt'oggi conservato in un'argentea teca e solennemente venerato.
Sino al 1860 la festa si celebrava con grande sfarzo e solennità il 25 luglio ed era preceduta da un pubblico mercato di otto giorni. Da quella data, per volontà popolare, la festa fu trasferita l'8 e il 9 settembre d'ogni anno. Bisogna dire che i gratteresi, anche quelli lontani, fanno in modo d'essere presenti a tale solennità e chi non può manda annualmente il suo obolo.
aLa festa minore si svolge comunque il 25 di luglio.
Il simulacro è una statua in grandezza naturale in legno pregiato, rivestito d'oro zecchino e collocato sotto una cupoletta sorretta da colonnine di ferro.
Il santo è rappresentato con il libro sotto il braccio, simbolo del vangelo e con il bordone di pellegrino nella mano destra, ornato nella stole rossa, simbolo del suo sacerdozio e del suo martirio.
Collocato sul fercolo ("a vara") che pesa diciotto cantàri (un cantaro è 80 kg), occorrono dagli dodici ai sedici giovani dalle robuste spalle per trasportarlo. Eppure lo si porta in processione per tutte le vie e viuzze del paese durante la raccolta delle offerte ("questula").
A proposito di questa, il Pitrè così s'esprime: "...il simulacro viene portato a spalla da sedici uomini tra i più poderosi della contrada, ed accompagnato dagli immancabili tamburi, suoni musicali, scampanii e spari di mortaretti. Di casa in casa, di porta in porta, viene fermato dinanzi tutte le famiglie, nessuna esclusa, attendendo l'elemosina, la quale consiste in denaro, grano, orzo, fave, olio, vino e uova, secondo la facoltà dei devoti[...]. V'è chi non può non v'è chi non vuole; ma il Santo si pianta lì, innanzi l'uscio, e non c'è verso che si muova finché la elemosina non venga. E viene: e gli evviva lo acclamano e la banda con un pezzo clamoroso lo esalta[...]. Il paese è percorso a palmo a palmo, fin nelle vie più ripide, negli anditi più tortuosi: né si teme il pericolo di andar a precipizio e rimanere schiacciati sotto il fercolo [...]. Quando non c'è più nessuna casa da visitare, si esce per la campagna dai giardinieri, dagli ortolani, i quali, fedeli ad una antica consuetudine, han caro che il Santo venga con la sua figura a benedire il loro giardino, il loro orto e se si fa osservare che esso rimane danneggiato dalla folla che invade la terra, rispondono che quanto resta distrutto per la venuta del Santo spunterà presto più rigoglioso di prima... Quante volte si passa, sia in questua, sia in processione, dal convento di San Francesco, che il popolino ritiene cugino carnale di San Giacomo".
La festa termina con la solenne processione la sera del giorno 9, a due ore di notte, alla quale partecipano le Confraternite, il Clero, le Autorità cittadine ed una folla strabocchevole di paesani.
Al termine della processione, nella piazza antistante la Chiesa Madre, su un altare preparato per l'occasione, dopo una solenne predica, avviene la benedizione con la reliquia del Santo, mentre i portatori s'inginocchiano reggendo il pesante fercolo sulle spalle. Nel silenzio più assoluto s'ode una voce, un grido, il grido di fede dei gratteresi: "E chiamamulu cu vera fidi!". E risponde tutto il popolo: "Viva lu gran protettori S. Gniavicu!". Dopo la benedizione il Santo viene riportato nella sua Chiesa e collocato nell'altare maggiore.
Come devozione verso San Giacomo, alla fine della Processione è usanza distribuire ai fedeli alcuni grappoli di uva, simbolo della festa



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