Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di San Marco - Enna
In piazza VI Dicembre, è degna di ammirazione la chiesa di San Marco, una tra le chiese più belle della citta. La chiesa con l'annesso monastero di clausura delle suore Carmelitane Scalze, è stata chiamata sin dal suo sorgere, nella prima metà del secolo XVI, di "San Marco le Vergini" ed è stata dedicata al santo evangelista patrono di Venezia. La chiesa di San Marco fu costruita suboto dopo l'espulsione degli ebrei dai domini spagnoli, avvenuta tra il 1492 e il 1493, Secondo la tradizione, la chiesa è sorta sui ruderi di una sinagoga, che delimitava il ghetto ebraico ricordato ancora oggi dal nome dato alla zona: Iudeca. La chiesa venne rinnovata tra la metà del XVII ed il XVIII sec.
La facciata possiede elementi decorativi sporgenti lievemente come le due paraste poggianti su alti plinti che la incorniciano, sormontate da capitelli corinzi, fiancheggiate in alto da due semplici volute e la finestra centrale sovrastata da un elegante coronamento nella sua semplicità di linee.
Fastosi stucchi all'interno contrastano la severa linearità della facciata, l'edificio sacro è a navata unica in stile barocco, sovrastata da una copertura a botte con lunette priva di transetto, così da permettere alle suore di assistere alle solenni funzioni nella cantoria, posizionata sul vestibolo, senza contravvenire all'obbligo della clausura per mezzo di una ringhiera costellata di fitti trafori che seguono l'agile andamento a petto d'oca e culminano con una cornice a ricordare, con i suoi artistici intagli, un superbo merletto ligneo.
L'altare maggiore del '600, legno artisticamente lavorato quasi interamente rivestito in oro zecchino armonizza perfettamente col barocco della balconata del coro.
Nel presbiterio sopraelevato che conclude la navata, sull'altare maggiore, si può ammirare la custodia in legno chiamata la "scalonata", finemente intagliata e dorata, commissionata al maestro trapanese Antonio Rallo nel 1708 e realizzata su disegno di Agatino Daidone di Calascibetta. Quest'opera è costituita da quattro gradini che seguono una linea movimentata che nella sua parte centrale ingloba il tabernacolo, con un vano simile a un portale timpanato in cui al centro emerge la sigla JH. Essa funge da base a tutta l'architettura che nella parte inferiore è costituita in quattro nicchie laterali e una centrale più grande e profonda sormontata da una conchiglia e destinata ad accogliere il Crocifisso. Le nicchie laterali ospitano statuette dorate e sono fiancheggiate da colonne scalanate che poggiano l'immoscapo arabesco su basi semplici e sono coronate da ricchi capitelli corinzi i quali sorreggono una decorativa trabeazione che fa da base a due eleganti simmetriche balaustrine raccordanti una coppia di statuette che svettano ai lati della nicchia centrale su quest'ultima, sormontata da un proporzionato timpano, sorge la cupola aerea come un merletto, che sorretta da quattro angeli in volo con gioco di curve armoniose regge la croce.
Andando oltre il vestibolo, la navata continua nella sua struttura longitudinale con muri perimetrali cadenzato lievemente da paraste che fiancheggiano, sia, concavità poco pronunciate destinate ad ospitare gli altari parietali, sia i due grandi archi mediani, uno aperto deputato a far da ingresso laterale, l'altro simmetrico cieco dotato di una grata che lo separa dal coro interno e si chiude nel presbiterio sopraelevato distinto dallo spazio destinato ai fedeli da una breve scalinata e delimitato da un arco sorretto da pilastri e da un'abside poligonale.
Gli stucchi intervallati secondo un preciso disegno, commissionati nel 1705 dall'abbadessa Suor A. Carnazza a Gabriele De Blanco, conferirono all'ambiente quel tono di sfarzo sacrale naturalmente connaturato alla religiosità isolana e compiacendo l'arte barocca intensificano la ricchezza e l'eleganza dei decori.
Rilevanti sono i quadri che adornano gli altari, commissionati al pittore Tommaso Sciacca di Mazara, raffiguranti "La Crocifissione, La Madonna del Carmelo e L’Immacolata". Iinteressante, dal punto di vista devozionale, è il "Bambinello" di Praga che per devozione le carmelitane hanno l'uso di cambiare di abbigliamento a seconda del periodo liturgico.
La chiesa oltre alle tele dei quattro altari laterali detiene altre opere pittoriche illustrate dagli affreschi realizzate sulle pareti laterali e sulla volta della navata, ma anche sulle pareti e nel catino dell'abside. Sull'unica navata, sul soffitto, in posizione centrale, (opera ignota attribuibile forse al figlio del Borremans), è dipinta con briosità di colori una illusoria architettura resa visibile attraverso una falsa apertura quadrilobata (quattro semicerchi disposti a croce) e composta da tre coppie di colonne di marmo verde che svettando su una trabeazione (struttura orizzontale sostenuta da colonna), di raccordo spezzata da un lato da un grazioso balconcino protetto da una convessa balaustra, simulano un alto tamburo su cui finge di sostenersi svettante una cupola. Agli angoli della finta apertura architettonica, sono dipinti in scialbo monocromo grigio-azzurro i simboli dei quattro evangelisti.
Incorniciata in un'elegante polilobo di stucco, nella conca absidale, vi è un affresco raffigurante la SS. Trinità, con a destra la Vergine che consegna lo scapolare a due santi carmelitani e a sinistra L'Immacolata. Sulle due pareti frontali dell'abside si trova un affresco per lato ossia il Bambino Gesù che appare a Sant' Antonio da Padova, eseguito in omaggio al Bambino così caro alla devozione carmelitana; a sinistra S. Anna che ammaestra la Vergine.
Il pavimento della Chiesa è stato rinnovato con mattonelle in maiolica verde; quello del presbiterio è stato rifatto uguale all'oriinale ideato dai maestri calatini Salvatore e Antonio Bertolone nel 1749. Difronte l’ingresso secondario della Chiesa è tumulata Madre Clelia De Renzis, la suora che, nel 1930, rifondò in Sicilia l’ordine delle Carmelitane Scalze.
Sull'espulsione degli ebrei
Nel XIV secolo, a seguito del proclama diFederico III d’Aragona, deliberato dal Parlamento di Castrogiovanni, viene fatto, agli ebrei, tassativo ordine di abitare fuori le mura cittadine "in luoghi distinti e separati dalle case dei cristiani". Così essi pur continuando a risiedere entro le mura, organizzati nel quartiere della Giudecca, hanno la loro "Timisia" - luogo di culto - la scuola ed il centro della loro comunità in una località fuori le mura " posta lungi l’abitazione dei cristiani, alla coda della montagna, in un punto rivolto a levante, che dagli arabi si disse Rabbato, per come tuttora si appella". E quando la Timisia, nel 1350, viene gravemente danneggiata a seguito di disordini tra diverse fazioni in lotta tra loro, gli ebrei chiedono di poter trasferire la loro "meschita", da fuori a dentro le mura cittadine ed ottengono la necessaria autorizzazione di "poter diroccare l’antica moschea, ovvero la sinagoga, situata fuori della città, per fabbricarne un’altra dentro l’abitazione, nel distretto della parroccia di s. Nicola de Plaza, vicino la casa di Benedetto Cibisi, di Mario Gingidone israeliti e il casalino di mastro Chino de Novello ed altri confini in detta contrada" dove i giudei "pro maiore ante habitant et morantur" nel sito dove ora sorge la chiesa e monastero di San Marco le Vergini. Nel 1492 un decreto di Ferdinando il Cattolico, sotto la spinta di pressioni economiche e politiche di notevole portata, obbliga gli ebrei, non convertiti al cristianesimo, a lasciare la Sicilia e il Regno. Subito dopo la loro espulsione, iniziano i lavori di costruzione della Chiesa, con annesso convento delle Carmelitane scalze, che viene dedicata a San Marco Evangelista.