Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La cattedrale di Palermo
La Cattedrale di Palermo, dedicata alla Vergine Maria Santissima Assunta in cielo, è un complesso architettonico composto in diversi stili, dovuti alle varie fasi di costruzione.
Il territorio della parrocchia insiste nella parte del quartiere Capo che prende il nome di contrada della Guilla, nel tratto del Corso Vittorio Emanule compreso tra Porta nuova e i Quattro Canti di Città e territorio circostante. La cattedrale si trova nella più antica area sacra di Palermo, dove già i fenici, i romani, i bizantini e gli arabi avevano elevato i loro luoghi di culto.
I normanni, preso il potere, si preoccuparono subito di sostituire la moschea musulmana con una chiesa cristiana.
Infatti nel 1184 l'arcivescovo di Palermo, Gualtiero Offamilio, fece abbattere l'edificio arabo e intraprendere la costruzione di una nuova splendida cattedrale, simbolo del potere religioso in città. Dopo un anno la chiesa fu consacrata e dedicata a Maria Assunta.
Nel corso dei secoli seguenti, vari rimaneggiamenti, aggiunte e restauri hanno modificato l'edificio originario; l'ultimo restauro è stato alla fine del Settecento, quando, in occasione del consolidamento strutturale, si rifece radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga e commissionato dall''arcivescovo Filangieri.
I lavori ebbero inizio solo dal 1781, eseguiti non dal Fuga ma dal palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia e durarono fino al XIX secolo inoltrato. I rifacimenti del Marvuglia furono in realtà molto più invasivi e radicali dei progetti dell'architetto fiorentino, che pensava invece di conservare, almeno in parte, il complesso longitudinale delle navate e l'originario soffitto ligneo. Il restauro intervenne a cambiare l'aspetto originario del complesso, dotando la chiesa della caratteristica ma discordante cupola, eseguita secondo i disegni del Fuga. Fu in quest'occasione che si distrusse la preziosa tribuna che Antonello Gagini aveva innalzato all'inizio del XVI secolo e che era ornata di statue, fregi e rilievi. Anche le pittoresche cupolette maiolicate destinate alla copertura delle navate laterali risalgono al rifacimento del 1781.
La facciata goticheggiante da sulla via Bonello, serrata tra le alte torri a bifore e colonnine, è unita da due archi ogivali alla torre campanaria munita di orologio e al Palazzo Arcivescovile. La facciata presenta decorazioni dovute a maestri lapicidi trecenteschi e quattrocenteschi.
Le campane medioevali sulle torri del complesso erano sei. Nel 1893 la ditta Cavadini di Verona fornì un complesso di cinque bronzi in scala di Re3 con il maggiore del peso di 12 q.li. Furono montati per essere suonati a concerto secondo la tecnica delle Campane alla Veronese. Nel 1942 vennero requisite ed in seguito la ditta De Poli fornì l'attuale complesso ad otto elementi in Sib2.
Il lungo fianco destro si affaccia sulla piazza e si orna di uno scenografico portico in stile gotico-catalano (l'attuale accesso), sotto il quale si apre un ornatissimo portale, opera
di Antonio Gambara, eseguita nel 1426, mentre i battenti lignei sono del Miranda (1432). La Madonna a mosaico è del XIII secolo; i due monumenti alle pareti, opere del primo Settecento, rappresentano Carlo III di Borbone a destra e Vittorio Amedeo II di Savoia a sinistra, sovrani che in questa cattedrale furono incoronati .
La parte absidale stretta fra le torricelle è quella più originale del XII secolo, mentre la parte più manomessa è il fianco sinistro. La facciata sud-occidentale, che guarda l'arcivescovado, va riferita ai secoli XIV-XV.
L'interno, ampio e candido, risulta freddo a confronto dell'esterno Ha subito profonde trasformazioni tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento, è a croce latina con tre navate divise da pilastri (gruppi tetrastili con 4 colonne incastonate provenienti dalla antica costruzione rogeriana[non chiaro]) con statue di santi in marmoche facevano parte della decorazione della tribuna del Gagini.
Nella navata destra, la prima e la seconda cappella, comunicanti fra di loro, custodiscono le tombe imperiali e reali dei normanni, intorno alle quali ruota una storia romanzesca e ricca d'interesse.
Tra gli altri vi riposano Ruggero II, Enrico VI di Svevia, Costanza d'Altavilla e Federico II di Svevia, tutti in imponenti sarcofagi di porfido: nella tomba di famiglia si trovano così il fondatore del regno normanno di Sicilia, il suo distruttore, l'involontaria causa della sua fine ed il suo ultimo beneficiario.
Ruggero II, re dal 1130, aveva stabilito già nel 1145 che il Duomo di Cefalù da lui fondato diventasse il mausoleo della famiglia reale. In tal senso aveva predisposto la sistemazione di due sarcofagi in porfido, un granito molto prezioso e di notevole durezza, originario dell'Egitto, dal colore rosso cupo che, nell'antichità, era usato esclusivamente per le commissioni imperiali. Alla sua morte nel 1154, però, egli venne sepolto nella cattedrale di Palermo in un avello di porfido dalla forma molto più semplice.
Nel 1215 Federico II fece trasportare i due sarcofagi da Cefalù alla cattedrale di Palermo destinandoli a sé e al padre Enrico VI. Il sarcofago di Federico II è sormontato da un baldacchino con colonne in porfido e l'urna è sorretta da due coppie di leoni; insieme a quelli di Federico II sono stati conservati anche i resti di Pietro II d’Aragona. Le altre tombe sono quelle di Costanza d'Aragona (1183-1222), sorella del re d'Aragona e moglie di Federico II, di Gugliemo, duca d'Atene figlio di Federico III d'Aragona, e dell’imperatrice Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II e madre di Federico II.
Sul pavimento della navata centrale è stata realizzata, durante i rifacimenti moderni, una meridiana in marmo con tarsie colorate che rappresentano i segni zodiacali, (opera di Giuseppe Piazzi astronono qui collocata nell'anno 1801). Il ricco altare del Sacramento, in bronzo, lapislazzulo e marmi colorati, è stato realizzata su disegno di Cosimo Fanzago (XVII secolo). Nel presbiterio si dispone il bellissimo coro ligneo tardo-quattrocentesco in stile gotico-catalano e il trono episcopale, ricomposto in parte con frammenti d'antichi mosaici del XII secolo. Durante la fase dei restauri della fine del XVIII secolo, fu incaricato il pittore di Sciacca Mariano Rossi di decorare la Cattedrale. Gli affreschi, secondo il disegno originale, dovevano ricoprire il catino dell'abside, la volta del coro, la cupola e la navata centrale, e dovevano rappresentare idealmente il ristabilimento della religione cristiana in Sicilia ad opera dei Normanni. Mariano Rossi iniziò nel 1802 e non terminò tutto il lavoro, ma ancora oggi si possono ammirare gli affreschi nel catino dell'abside, dove sono rappresentati Roberto il Guiscardo e il conte Ruggero che restituiscono la chiesa al vescovo Nicodemo e nella volta del coro, dove è dipintal'Assunzione di Maria Vergine.
A destra del presbiterio si trova la cappella di Santa Rosalia, patrona di Palermo, con le reliquie e l'urna d'argento, opera seicentesca di Matteo Lo Castro, Francesco Ruvolo e Giancola Viviano, portata in processione durante la festa patronale il 15 luglio. I due altorilievi di Valerio Villareale, rappresentano: Santa Rosalia invoca Cristo per la liberazione della peste e l'Ingresso delle gloriose reliquie di Santa Rosalia a Palermo. Oltre al coro ligneo in stile gotico-catalano del 1466 e ai resti marmorei della tribuna gaginiana riadattati, di alto interesse artistico sono la statua marmorea dellaMadonna con Bambino di Francesco Laurana, eseguita insieme ad altri aiuti nel 1469, la pregiata acquasantiera (posta al quarto pilastro) opera incerta di Domenico Gagini e la Madonna della Scala eseguita nel 1503 da Antonello Gagini e posta sull'altare della sacrestia nuova.
Sulle cantorie neoclassiche ai lati dell'abside, si trova l'organo a canne Tamburini opus 305, costruito nel 1951.
Lo strumento è a trasmissione elettrica ed ha consolle mobile indipendente situata nel presbiterio nel pressi dell'antico altare maggiore, avente quattro tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. IL TESORO
Pregevole infine il tesoro, comprendente oggetti preziosi e ricami rinvenuti nelle tombe reali ed imperiali (da notare, in particolare, la tiara d'oro di Costanza d'Aragona prelevata dal suo sepolcro e splendido esempio di gioielleria medievale con smalti, ricami, gemme e perle. ), paramenti sacri dal XVI al XVIII secolo, calici, ostensori, ecc.
Altri oggetti preziosi, smalti, ricami e gioielli, sono esposti nelle bacheche centrali come per esempio il breviario membranaceo del 1452 con lo stemma dell'Arcivescovo Simone da Bologna, miniato dal pittore Guglielmo da Pesaro e da altri miniatori; il calice di tipologia madonita della seconda metà del XV secolo; il reliquiario architettonico del XV secolo caratterizzato da guglie e pinnacoli che rinviano allo stile gotico-catalano dell'epoca oppure il calice seicentesco ornato da smalti policroni e gemme, opera dell'orafo palermitano Don Camillo Barbavara. LA CRIPTA
Dal lato sinistro della cattedrale s'accede alla cripta con le volte a crociera sostenute da colonne di granito: questo luogo di grande suggestione contiene le tombe e i sarcofagi d'età romana. Tra i personaggi famosi racchiusi in questa cripta, va ricordato l'arcivescovo Giovanni Paternò, morto nel 1511, che fu il mecenate di Antonello Gagini il quale ne scolpì la commovente immagine giacente.