Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Cattedrale di Acireale
Piazza del Duomo
La Cattedrale di Acireale è ubicata nella piazza del Duomo, sulla quale si affacciano alcuni degli edifici più importanti della città, tra cui la Basilica dei Santi
Pietro e Paolo, il Palazzo del Comune, il Palazzo Modò.
La Cattedrale è dedicata a Maria Santissima Annunziata, ma è comunemente attribuita al culto di Santa Venera, la patrona della città di cui conserva le reliquie.
Sarà elevata a Cattedrale nel 1870. Tutto il complesso è costituito da una serie di aggiunte.
L'impianto originale risale al XV secolo ed è stato rimaneggiato nei secoli successivi.
Nel XV secolo la chiesa era ancora era costituita da una sola umile cappella, voluta
dalla pietà popolare, come le altre sparse nelle campagne ai piedi dell'Etna, era stata eretta "con tre mura ed aperta d'innanti" dentro una selva appartenente
all'abate benedettino di Nova Luce di Catania. Successivamente grazie a cospicue donazioni dei cittadini ed all'arrivo delle reliquie di Santa Venera
fu ampliata. Così è a partire dal 1598 che l'edificio sacro comincia ad assumere un aspetto basilicale grazie ai nuovi lavori per
la realizzazione delle tre absidi e del transetto sovrastato da una cupola ottagonale, dove l'uso della pietra nera dell'Etna e di quella bianca di Siracusa lavorata
quasi fosse merletto, mette in evidenza la perizia tecnica e artistica di mastri e maestri. Il prospetto venne realizzato a partire dal XVII secolo.
Nel 1668 è la realizzazione di un portale in marmo bianco sovrastato dall'Annunciazione attorniata dalle statue di S. Venera e S. Tecla e dove fa bella mostra di sé
il blasone della città con un'iscrizione che ricorda il titolo a
lei concesso da Filippo IV "Acis Urbs Amplissima Fida Regibus": l'opera è dello scultore messinese Placido Blandamonte.
In quegli stessi anni, si volle rendere omaggio alla vergine e martire S. Venera eletta "principale patrona" della città erigendole una cappella che potesse
degnamente accogliere le reliquie ed il simulacro.
Ma qualche anno più tardi, l'11 gennaio 1693, il tremendo terremoto che rase al suolo numerose città della Sicilia orientale, provocò notevoli danni alla Basilica
riparati già agli inizi del secolo XVIII: quei mascheroni deformi, orribili, beffardi, nati dalla fervida fantasia di poco noti "lapidum incisores", palesano tutta
la loro acredine contro le forze della natura che hanno osato distruggere in un fiat secoli di fatiche.
I due campanili svettanti in stile gotico con base ottagonale, pur se identici non sono coevi. Il campanile lato sud e la cupola sono del 1655.
Il campanile lato nord, il rosone e le restanti decorazioni del prospetto sono invece in stile neoneogotico, realizzati nel 1890 su progetti di
Sebastiano Ittar e Giovan Battista Filippo Basile (padre del maestro liberty Ernesto Basile).
L'interno, a croce latina, è in stile barocco.
All'interno si può ammirare la Cappella di Santa Venera (1658) dove si conservano le reliquie, la statua della santa, opera di Mario D'Angelo (1651) ed il fercolo
argenteo (1658-1670). Nel 1710 troviamo i fratelli Filocamo, noti pittori messinesi,
intenti ad affrescare la volta dell'abside con "La gloria di Maria tra angeli e santi" e la Cappella di S.Venera con "La predica" ed "lì martirio della Santa" mentre
nel 1738 vi lavora l'acese Pietro Paolo Vasta: nei pennacchi della cupola egli raffigura i 4 Evangelisti e nel transetto illustra scene dell'Antico e del Nuovo Testamento
come "Le nozze di Cana" da cui prorompe un inno alla gioia espresso con grazia raffinata e mondana accentuata dai broccati e dalle sete indossati dai commensali, in netto
contrasto con la tragica teatralità espressa nei due medaglioni sottostanti che raffigurano "Caino e Abele" e "Abramo sacrifica Isacco" legati idealmente con
"La gloria dell'Agnello Mistico". "La gloria di S.Venera" chiude questo ciclo di affreschi del pittore acese che qui come altrove ha messo a frutto le esperienze
romane avendo negli occhi ancora nitidi gli affreschi e le tele dei numerosi pittori che ha potuto ammirare a Roma, ma specialmente gli insegnamenti del Conca di cui
era stato allievo. All'interno si trovano anche alcuni sarcofagi di pregevole fattura.
Sull'esterno del fianco destro del duomo che fronteggia il Palazzo di Città vi si colloca, sul finire del '700, un portale con quattro colonne corinzie in pietra bianca
e una lapide in marmo che ricorda ancora una volta che il tempio è dedicato "Magnae Virgini ab Angelo salutatae", mentre nel 1844 per "bell'ornamento ed utilità",
si dà incarico all'astronomo danese Cristiano F. Peters di tracciare sul pavimento del transetto una Meridiana in marmo ornata con i simboli dello zodiaco da G.F.Boccaccini.
E' di questi anni la costituzione della diocesi: il duomo diventa cattedrale.
Per rendere più armonioso il prospetto, rimasto immutato dal 1668, sul finire del secolo XIX si attua una
profonda trasformazione allorquando è approvato, dopo alcune modifiche, il progetto neogotico di Sebastiano Ittar che prevede la costruzione di un'altra torre campanaria
cuspidata -del tutto simile a quella già esistente - e di un rosone sovrastato da una galleria ingentilita da archetti ed esili colonnine mentre dal 1895 al 1907
l'acese Francesco Mancini e Giuseppe Sciuti di Zafferana, pur diversi per temperamento e capacità espressive, decorano con buoni risultati la cupola e la volta della
navata centrale.
Il Duomo custodisce opere d'arte degne di un museo e preziosi ex voto finemente lavorati in oro o argento dovuti alla perizia di orafi messinesi ma
anche acesi che seppero tenere viva una tradizione di sicuro valore artistico. Particolarmente cara alla memoria degli acesi é la spada posta oggi ai piedi del simulacro
di S.Venera, donata ad Acireale dalla città di Catania nel 1849 -nei giorni funesti della rivoluzione contro il re borbone - con lo scopo di rinsaldare l'amicizia tra
le due città vicine. Le antiche Corporazioni dei Calzolai, dei Panettieri, dei Pescivendoli e dei Muratori nei tempi andati fecero modellare da valenti artigiani quattro
Candelore (un'altra è stata aggiunta recentemente) in cui, in festoso tripudio, puttini alati inneggiano ai numerosi santi protettori: la sera del 26 luglio,
avanzando ritmicamente portate a spalla da baldi giovani, aprono la strada alla Santa e offrono una nota di colore folcloristico.