Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Il teatro greco di Tindari
Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in età imperiale, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'anfiteatro.
E' posto in posizione scenografica, con la cavea volta verso il mare. Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. Dopo la conquista della Sicilia, i romani avevano apportato al teatro greco modifiche e aggiunte, tra cui il portico, ulteriori opere laterizie e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata restaurata nel 1939. L'orchestra venne trasformata in un'arena, circondando la cavea con un muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori.<br />Nell'antichità, trentaquattro erano le file di gradini; la cavea, divisa in undici cunei, contava tremila posti. La struttura si affaccia sul golfo di Patti e da essa si abbraccia in lontananza con lo sguardo l'incantevole arcipelago delle Isole Eolie nell'intenso azzurro del leggendario mar Tirreno. Fu oggetto di due impegnative campagne di restauro nel 1938 (G. Cultrera) e tra il '60 e il '66 (L. Bernabò Brea). L'orchestra venne trasformata in un'arena, circondando la cavea con un muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori. Il teatro era rimasto per oltre venti secoli coperto dalla terra, dagli arbusti e dalle sterpaglie, e su di esso si recavano a pascolare le pecore. "Promotore e artefice del ripristino di uno dei più bei teatri dell' antichità - scrive Giovanna Betto - fu un eccentrico nobile siciliano recentemente scomparso, che amava definirsi un uomo di teatro che non aveva voluto mai varcare lo stretto, Michele Stilo, originario di Barcellona Pozzo di Gotto. Su un suo libro autobiografico egli stesso racconta quei giorni e quanto fu determinante per la riuscita dell'impresa l'aiuto di diversi personaggi dell'epoca, fra cui l'arciprete di Barcellona, mons. Salvatore Stracquadaini, che lo aiutò nella lunga trafila burocratica della Regione".
Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro. Ad inaugurare quella lontana stagione fu l'«Aiace» di Sofocle, che ebbe come protagonista Andrea Bosic (lo spettacolo andò in scena il 7 agosto 1956), alla presenza di un folto pubblico che plaudì all'avvenimento, foriero di ulteriori e maggiori eventi artistici.
Francesco Gligora, messinese e presidente della romana Accademia Internazionale di Propaganda Culturale, autore di una monumentale “Storia dei Papi” dalle origini del Cristianesimo a Giovanni Paolo II, scrisse e pubblicò nel 1986 un dramma storico in due atti dal titolo «Verre a Tindari», che la critica giudicò un autentico capolavoro. Si tratta di un libero adattamento scenico tratto dalle "Verrine" di Cicerone. Nella "dedicatoria" l'Autore scriveva: «Non so se e quando questo mio lavoro, questa mia interpretazione d'una pagina storica drammatica e pur suggestiva di Tindari sarà portata sulla scena e meglio ancora recitata in quel meraviglioso teatro che mi ha ispirato ed al quale dedico questa mia fatica, nel mirifico sogno d'un colle sospeso tra mare e cielo ove un popolo laborioso, libero e felice, costruì un mondo di favola, di bellezza, di tesori, di civiltà, di dignità, di libertà, e nell'immagine triste d'un bieco tiranno che, a soddisfacimento della propria lussuria, empietà, crudeltà, sconvolse in un attimo la serenità di chi ha creduto all'amore, all'onore, alla giustizia, alla libertà».
Dal 2001 vi ha sede, assieme a Taormina il Festival del Teatro dei due mari.