Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Il 18 giugno 1812 il Parlamento, facendo seguito ad un Decreto Regio, approvava la Costituzione che proclamava solennemente l’abolizione della feudalità. Così la Sicilia passò, come annota il Marrone, da un tipo di organizzazione politica ed economica di derivazione feudale ad una fondata su principi costituzionali e sul liberismo economica. I siciliani perciò cessarono di essere vassalli e diventarono liberi cittadini, , mentre baroni e principi divennero a pieno titolo i proprietari dei loro feudi. In pratica, cosa cambiò ? I quattro giurati che vi erano in ogni paese furono sostituiti da altrettanti magistrati municipali, talvolta chiamati solo municipali. Il 1 gennaio 1818 entrò poi in vigore la riforma dell’amministrazione pubblica in Sicilia, e agli antichi magistrati di nomina baronale subentrarono il Decurionato, il Sindaco, i I eletto, il II eletto. Il Decurionato costituiva l’organismo di rappresentanza del comune e corrispondeva più o meno all’attuale Consiglio comunale. Per i comuni con popolazione inferiore ai 3000 abitanti era prevista una rappresentanza di otto decurioni, come avvenne per Baucina. Il numero degli eleggibili allora era molto ristretto, perché erano dichiarati eleggibili gli abitanti che avevano una certa proprietà non inferiore a quella stabilita dalla legge. Mentre per i maestri, ossia coloro che esercitavano un’are o un mestiere, bastava una proprietà minore. La massima autorità del paese era quella del Sindaco che veniva eletto dalla intendenza di Palermo, dietro la segnalazione del Decurionato, dell’Arciprete e del giudice. Gli stretti collaboratori del sindaco : il I eletto e il II eletto. Il I eletto si interessava dei preposti al pubblico servizio e all’annona. Mentre il II eletto aveva responsabilità dello stato civile, una volta curata dalle parrocchie e poteva sostituire il sindaco in caso di malattia o di altro impedimento.
Il sindaco e gli altri eletti duravano in carica in media per tre anni, salvo casi contrari come più volte capitò a Baucina. Potevano però essere confermati per mancanza di altri elementi capaci disponibili, quindi in I dcaso di utilità o di pubblica necessità.
ecurioni invece duravano in carica quattro anni e non potevano essere riconfermati senza un intervallo di due anni tra un mandato e l’altro.
I nuovi eletti entravano in funzione il 1 settembre. Ogni anno si rinnovava un quinto dei Decurioni.
Fra i dipendenti del comune vi erano: il cassiere, il cancelliere e il segretario. A questi venivano affidati, sotto la personale responsabilità: l’ufficio, l’archivio e il suggello del comune, come anche la compilazione degli atti che loro spettava di ufficio.
Baucina non dipendeva direttamente dall’intendenza di Palermo, ma dalla sottointendenza di Termini Imerese: cosa strana, perché mentre Palermo era il centro più vicino e meglio collegato sia per Baucina ce per Ventimiglia e Villafrati, per raggiungere termini bisognava un fiume che era privo di ponte ed inoltre la strada molto accidentata era percorsa solo in estate.
Da ciò molti ricorsi da parte delle amministrazioni locali di Baucina che si succedevano nel tempo, per poter avere, come diretto superiore l’intendenza di Palermo. La questione fu risolta all’inizio del 1900 in seguito ad una proposta avanzata in Parlamento a Roma dal Senatore Camillo Finocchiaro Aprile, dietro una clamorosa perorazione fatta dall’avvocato Giuseppe Traina Oddo. Solo allora i comuni di Baucina, Ciminna e Ventimiglia furono aggregati alla prefettura di Palermo e tolti definitivamente dalla sottoprefettura DI Termini Imerese.
Riguardo poi al circondario per le politiche interne, mentre prima Baucina dipendeva dal circondario di Termini Imerese e poi di quello di Caccamo, nel 1882 lo troviamo inserito in quello di Corleone. Non ne conosciamo il motivo, però è certo che raggiungere Corleone era molto più difficile che recarsi a termini o a Caccamo, specialmente prima della costruzione del tratto di ferrovia Palermo- Corleone.
Ogni volta che si votava per il rinnovo dell’amministrazione comunale si presentavo tre liste, presentate dal sindaco in carica, dal parroco e dal giudice. Su queste la sottointendenza di termini Imerese sceglieva che riteneva più ligio alla monarchia, per cui venivano sempre scartati i patrioti (come un certo Ignazio Varisco), i carbonari, gli appartenenti a società segrete e i delinquenti comuni.
Una volta eletti, tutti, decurioni e sindaco, dovevano promettere fedeltà a Sua Maestà il Re, tendendo la mano sul libro del vangelo.
Questa era la prassi, ma capitò spesso che alcuni eletti non vollero entrare in carica né prestare giuramento al Re.
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