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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Castello di Calatabiano

Castello di Calatabiano

Via Alcantara, 142
Piantina



Il Castello di Calatabiano domina l'accesso orientale della Valle dell'Alcantara su una collina alta 220 m s.l.m., proprio dove il fiume Al-kantar (nome di origine araba che significa "il ponte") segna il confine tra le province di Catania e Messina .La valle dell'Alcantara rappresentava sin dai tempi più remoti l'unica via di accesso per l'entroterra e la fortezza del castello ne costituiva un punto strategico.
Il nome "Calatabiano" deriverebbe dall'arabo Kalaat-al Bian (Rocca di Biano) nome dato ad una delle due fortezze speculari che sono rappresentate lungo le sponde del fiume dal geografo e viaggiatore arabo Abu 'Abd Allah Muhammad ibn Idris (1099 1164) su una carta della Sicilia tratta dal "Libro di Ruggero", presso la cui corte il geografo prestava i suoi servigi. Tauromenion era il nome dell'altra fortezza. Dai lavori di scavo è emerso che non furono gli arabi ad edificarlo ma venne ricostruito su preesistenti capisaldi greci e romani.
I luoghi infatti dimostrano una frequentazione greca a partire dal IV- III sec. a.C.. Esisteva al tempo una conurbazione tra gli abitati di Tauromenion Naxos e la collina del castello. Quale fosse il suo utilizzo, se si trattasse sin dalle origini di un luogo sacro o di un insediamento abitativo vissuto, sarà presto chiarito dagli studiosi.
Alla fine dell'epoca classica dal V all'VIII sec. d.C., i "Romaioi", ovvero i Bizantini, edificarono un grande "Kastron", divenuto poi il nucleo primigenio dell'attuale castello come si evince dalle tracce di cinta muraria rinvenute alle pendici del castello. Insediamenti storici
Sotto la dominazione normanna, Ruggero I° venne nominato conte di Palermo sotto il Regno delle due Sicilie ed il castello di Calatabiano rientrò fra i beni del Demanio.
Con Ruggero II°, il castello fu elevato a Baronia e di esso vennero investiti i conti Pagano e Gualtiero di Avellino, i cui discendenti lo ereditarono fino al 1100. Tra questi Roberto Calataboniacensis (di Calatabiano) tristemente famoso per le crudeltà a cui sottoponeva la popolazione quando fu governatore e tiranno in un castello di Palermo.
Morto Roberto, il castello, nel 1151 fu di proprietà ecclesiastica appartenendo alla diocesi di Messina per poi passare nelle mani dei De Parisio, i cui discendenti lo tennero sino al 1188; l'ultimo erede di questi, per essersi ribellato all'autorità imperiale di Costanza, sposa di Enrico IV°, ne venne spogliato.
Nel 1213 il borgo fu infeudato ad Arnaldo de Regio sino al 1230, fin quando questi non ne venne spogliato ad opera di Gualtiero dei Palearis di Ancona, che era stato già cancelliere alla corte palermitana, egli fu nominato Vescovo di Catania investito dei feudi di Jaci e di Mascali e, nel 230 di Calatabiano, che dovette comprare dal Legato pontificio di Messina con la somma di 10.000 tari. Nel 1256, Pietro Ruffo fu Marescalus di Federico II° e suo fidato consigliere, vicario dell'allora dodicenne Re approfittando della sua giovane età tentò di crearsi un proprio stato indipendente con capitale Messina ma non vi riuscì e venne scacciato definitivamente dalla Sicilia nel 1238. Calatabiano passò a far parte dei beni della corona, ne ottenne l'investitura Vassallo d'Amelina per solo cinque anni, quindi per volere di Carlo D'Angiò, passò solo formalmente nelle mani di Ottone Capece, della chiesa di Catania, poichè il castello restò a far parte delle Regie fortezze dal 1272 al 1285, con Ruggero di Lauria fino al 1294.
Dal 1295 al 1350 a Brancaleone di Auria, e quindi ad Arrigo Rosso sotto gli Aragonesi.
La metà del XIV secolo, caratterizzata dalle lotte tra le potenti famiglie dell'isola, vide Calatabiano sotto il controllo della fazione latina e della famiglia Palizzi. Nel periodo attorno al 1354, nella zona orientale della Sicilia si formarono delle correnti politiche che fecero capo agli Angioini,a cui aderirono la Chiesa ed anche i Calatabianesi, mentre Francavilla, Castiglione e Mascali restarono fedeli agli Aragonesi.
Gli Angioini, aiutali dalle truppe di re Ludovico sbarcate a Messina, penetrarono fino a Calatabiano ed appoggiati da questi ultimi arrivarono sino a Francavilla e Castiglione, espugnandole.
A tal punto, Artale Alagona a capo della nobiltà Catalana, ripiegòsu Mascali e su Catania per riorganizzarsarsi e meglio affrontare le truppe Angioine, che, nel frattempo, appoggiate dai Calatabianesi al cui comando era, Manfredi di Chiaramonte, avevano avuto la meglio su Mascali e avevano deportalo numerosi prigionieri nel Castello di Calatabiano.
Le truppe Siculo-Aragonesi, intanto, vincendo sulle truppe Angioine al largo di Ognina, ne delinearono la sconfitta, col pericolo per il castello di Calatabiano di passare in mano Aragonese. Con uno stratagemma Manfredi tentò, nella speranza di non perdere il feudo, di far sposare la figlia ad un nobile Spagnolo, ma il castello passò comunque ad Artale Alagona nel 1357 che lo mantenne per circa mezzo secolo, sino alla sua morte.
Successivamente, Calatabiano passò con investitura del re Martino I, a Guerau de Queralt nel 1393, a Bartolomeo Aragona conte di Cammarata nel 1395, a Tommaso Romano barone di Cesarò,e infine, nel 1396, a BerengarioCruyllas , Consigliere Regio e Vicario Generale di Martino Re di Sicilia. Nel 1479, al prezzo di 5.520 onze, il castello venne acquistato da Barnaba Gaetani che lo tenne per soli quattro anni in quanto ritornò in possesso dei Cruyllas nel 1482 per poi passare ai Mirulla nel 1484 che lo acquistarono per 39.000 fiorini.
Più volte minacciato dai turchi nel corso del XVI secolo, nel 1572 passa ai Gravina, che mantennero il possesso del castello fino al 1669 epoca della disastrosa eruzione dell'Etna; Ferdinando Gravina riparò i danni subiti dal castello.
Lo spagnolo Filippo IV°, Re di Sicilia, allo scopo di far denari decretò una legge a favore di tutti i nobili dell'Isola, che avrebbero voluto elevare il proprio rango a Principe, che ne approfittarono immediatamente.
I Gravina dietro compenso nel 1662 si fecero nominare Principi di Palagonia.
Nel 1674 la città di Messina si rivoltò al governo spagnolo e si schierò con le truppe francesi di Luigi XIV. Gran parte della Sicilia orientale cadde in mano francese e nel maggio del1677, volendo occupare Troina, i Francesi si stabilirono nelle zone del castello di Calalabiano apprestandosi alla conquista della fortezza di Calatabiano; Soltanto 150 soldati spagnoli resistettero asserragliati tra le mura del maniero ma in maniera così eroica da potere contrattaccare i francesi successivamente sconfitti nella valle del fiume Alcantara dalle truppe di stanza a Francavilla, giunte in soccorso. Non erano finiti i lavori di ricostruzione dei danni bellici che il disastroso terremoto del 1693 distrusse gran parte delle strutture murarie ed il centro abitato venne ricostruito a valle dove già da decenni si era spostata la gran parte della popolazione, deprivando così il castello della sua funzione strategica ed insediativa.
Si formarono così i primi quartieri (borghi): Manganelli e Gesù e Maria.
L'antico sito (la "terra") venne definitivamente abbandonato a favore dell'attuale posizione (il "borgo").Ferdinando Francesco Gravina fu Signore di Calalabiano dal 1700 al 1731 e, con le sue elargizioni ne incrementò lo sviluppo.
Trascorrendo gli ultimi anni della sua vita a Palermo, lasciò che i suoi beni fossero amministrali da un fidecommesso.
Negli ultimi anni della signoria Gravina, i Baroni di Calatabiano divennero veri e propri proprietari che incassavano le rendite dei loro fondi attraverso la gestione dei fidecommessi.
Nel XIX secolo il castello divenne di proprietà della chiesa e del vescovo di Acireale. Solo di recente la struttura è tornata agli antichi splendori grazie al sapiente progetto di restauro dell'architetto Daniele Raneri, il quale ha ridato lustro non solo ad una delle fortificazioni più suggestive della Sicilia orientale, ma ha praticamente riscritto la storia del castello stesso.
Descrizione
Al maniero si accede dopo un'erta salita attraverso un portale a sesto acuto (1) con dei conci avici di pietra arenaria e sormontato da beccatelli reggenti. Entrando ci si ritrova in un cortile(2) a pianta rettangolare assai allungata, larga circa 8 m, su cui prospetta un lungo corpo di fabbrica con vari ambienti edificati in periodi differenti. A destra si trovano due cisterne con feritoie. Il sito è formato da tre livelli differenti di altezze con tre diversi impianti irregolari che si adattano alla conformazione del colle. Nel primo livello, che è anche il più recente (XIV secolo), tra i vani che si affacciano sul cortile si trovano ad ovest gli ambienti abitativi e, all'estremità nord del cortile una cappella con abside (4) che mantiene tracce di affreschi oramai illeggibili. Segue un posto di vedetta con feritoie.
Nella parte più alta del sito, dove fu costruito il primo nucleo difensivo (Xsecolo), si arriva attraverso un portale decorato da conci lavici artisticamente lavorati. Salendo una scaletta intagliata nella roccia si accede al "Mastio" formato da un corpo centrale rettangolare (5) delimitato alle estremità sud e nord da due torrioni una a pianta semicircolare (6), l'altra (sud) quadrangolare con angoli esterni arrotondati (7).
La parte intermedia presenta all'ingresso una grotta, probabilmente adibita a stalla. Sparse dovunque feritoie e cisterne per la raccolta di acqua piovana.
La zona adiacente la porta d'ingresso della fortezza Baronale, definita cisterna d'acqua, doveva essere una prigione, come si può constatare sia da una finestra ancora esistente che da altri indizi.
Nella parte centrale del Mastio vi è una "PUSTERIA", un'apertura che consentiva l'uscita d'emergenza sul pendio ripido del monte.
Delle mura di cinta rimane il perimetro completo con resti di merlature guelfe. Uno degli ambienti più pregievoli del castello è il Salone (3) del XV secolo CRUYLLAS, situato al centro del cortile e dal cui interno attraverso due finestre si può ammirare una bellissima veduta della valle dell'Alcantara. Al centro del salone vi è uno stupefacente arco in pietra lavica, eretto a sostegno della copertura lignea, che divide in due parti il grande ambiente e il cui concio rappresenta le insegne dei Cruyllas.



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