Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Casa Museo Vaccarini
La Civita, antico quartiere marinaro, era ai tempi di Gian Battista Vaccarini il cuore della città che risorgeva dopo il disastroso terremoto del 1693. Proprio in questo quartiere, che lo aveva visto maggiormente impegnato coi lavori di ricostruzione e che più amava, l'abate architetto costruì la sua casa. A due passi dal mare, nei pressi dell'antico convento dei frati di S.Francesco da Paola, i quali gli avevano offerto, in cambio dei servigi resi, una striscia della loro vigna. La piccola costruzione, che nell'esiguità della sua mole è un esempio di
raffinata eleganza, è stretta a Nord tra la via Sorrentino, ad Est via Serravalle e via Colapesce a Sud.
Sorta in periodo tra barocco e rococò, è invece decisamente classicheggiante e rinascimentale, anche se la presenza di alcuni elementi decorativi la pone di estrazione barocca. è piana e riposante. A pianta quasi quadrata, si articola su due piani: dieci stanzette e un saloncino al piano nobile e quattro vani al piano terra. La facciata in via Colapesce era una volta in vista del mare. In pietra calcarea bianca, è ritmata da quattro arcate che sorreggono una terrazza delimitata da una balaustrata con il caratteristico motivo a «trafori ovali» di invenzione vaccariniana.La costruzione gira l'angolo in via Serravalle, dove presenta una altra apertura ad arco, chiuso in origine da una chiave di volta decorata e sormontato da un altorilievo rappresentante il busto di S. Agata, protettrice della città. L'apertura è formata da uno scalino in pietra lavica; oggi molto rialzato, ma una volta a livello stradale; si suppone che questo fosse l'ingresso principale della città. La facciata in via Sorrentino sembra essere rimasta incompleta: un semplice portone di ingresso ad arco di pietra bianca, sormontato da una finestra quasi rinascimentale affiancata da altre due a cornice piana; due semplici aperture in basso fiancheggiano il portone. Quattro occhialoni delimitati da una cornice circolare in pietra bianca, ritmano le superfici piane della facciata, dando luce alle scale interne. La casa, alla morte del maestro, passò in eredità alla sorella. Fu in seguito acquistata da una certa famiglia Piazza e divenne negli anni a venire abitazione di nuclei di pescatori e abitanti della zona. Solo nel 1941, già malridotta e cadente, fu dichiarata «monumento nazionale».
Nel giugno del 1988, ultimati tutti i lavori a seguito di un devastante degrado, la Domus Magistris ha finalmente potuto riacquistare la sua vera fisionomia. Lunica licenza riguarda il busto di S. Agata. Originariamente posto come chiave di volta nell'arco di ingresso, il busto è stato restituito alla devozione dei catanesi. Ma per la riapertura al pubblico della storica casa, occorreva altro tempo. Certo che il gioco altalenante delle pubbliche amministrazioni ha indubbiamente influito su tale ritardo, ma è proprio uno strano caso che la riapertura della dimora del massimo artefice della rinascita di Catania sia avvenuta quest'anno, nel 1993, a trecento anni giusti di distanza da quella terribile data: 1693, quando la città scempiata e stravolta, potè riacquistare corpo e anima grazie all'opera di Gian Battista Vaccarini, grande architetto e abate di Milazzo.
(Marilena Torrisi)