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::basilica-santa-maria-assunta»Leggenda sul tesoro della Chiesa » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Spesso nelle lunghe e fredde sere d'inverno, le famiglie si riunivano intorno al focolare e le persone più anziane narravano ai più piccoli, miti, credenze e leggende popolari. In Sicilia, questi racconti riguardavano principalmente le truvature, cioè favolosi tesori incantati, nascosti e custoditi da folletti, spiriti, giganti e demoni. Tesori che, per essere disincantati (o slegati), richiedevano particolari rituali e/o il superamento di complicatissime prove.
Una delle più suggestive leggende di truvatura tramandata da secoli, a Randazzo, da nonni a nipoti è, senza dubbio, quella che riguarda il favoloso tesoro nascosto sotto la chiesa di Santa Maria.
La leggenda narra che, in una camera segreta, sotto la chiesa di Santa Maria, vi sia celato un inestimabile tesoro incantato, costituito da innumerevoli oggetti preziosi; farebbero parte di esso anche una chioccia con i suoi pulcini, tutti d'oro e tempestati di pietre preziose (seconda una variante la chioccia e i pulcini stavano a custodia del tesoro; mentre un'altra variante quantifica i pulcini in sette).
Chi volesse raggiungere la camera del tesoro, che si trova alla fine di un lunga galleria scavata nella roccia vulcanica, il cui ingresso si trova in una grotta che si apre nelle balze dell'Alcantara, sotto il monastero di San Giorgio , per disincantare lo stesso, dovrebbe attraversare sette porte di ferro (secondo una variante sette cancelli). Queste porte, difese da terribili mostri, si aprono unicamente nel breve attimo dell'elevazione dell'Ostia durante la Messa della notte di Natale, all'insaputa dell'officiante. Il temerario che non riuscisse a portare a termine l'impresa, resterebbe per sempre incantato nel luogo in cui si trova alla fine dell'elevazione dell'Ostia.
La tradizione aggiunge che, in un tempo imprecisato, un uomo volle provare a impossessarsi del tesoro. Così, la notte di Natale, dopo aver superato le sette porte che si trovano lungo la galleria, riuscì a penetrare nella camera del tesoro ma, rimasto affascinato dalle immense ricchezze presenti nella stessa, si attardò, le porte si richiusero e lui rimase lì dentro per sempre, trasformato in una statua.
In seguito, il proprietario del terreno su cui si apriva la grotta, stanco del continuo viavai di impavidi che cercavano di impossessarsi del tesoro, ne fece ostruire l'ingresso e da allora nessuno vi poté più entrare.
Il tesoro è ancora lì che attente il suo temerario conquistatore.
Tuttavia, contrariamente a quel che si può pensare, nella leggenda si nasconde un simbolismo, ricco di straordinari e profondi significati.
Stando alla leggenda è possibile disincantare la truvatura solo la notte di Natale, data legata ad un evento astronomico: il solstizio d'inverno. Fin dall'antichità più remota e in tutte le culture del mondo, la data del solstizio invernale ha rappresentato un momento molto importante dell'anno.
Dopo l'equinozio di autunno il Sole, di giorno in giorno, al mattino, si leva sull'orizzonte sempre più verso sud; le giornate s'accorciano e le notti diventano sempre più lunghe. Fino ad arrivare al solstizio d'inverno, giorno in cui, il Sole raggiunge il punto più meridionale del suo cammino lungo l'orizzonte e sembra arrestarsi; il buio prende il sopravvento sulla luce, è la notte più lunga dell'anno. Il Sole, quindi, nel solstizio d'inverno sembra precipitare nelle tenebre, per poi, dopo circa tre/ quattro giorni (24-25 dicembre), rinascere come rinnovato per riprendere il suo cammino verso il calore e la vita.
Questo evento astronomico, ricco di valenze simboliche, diventa, pertanto, per molte culture del passato, una data celebrativa. In tale data i Romani, festeggiavano solennemente il Dies Natalis Solis Invicti (il giorno della nascita del Sole Invitto), celebrazione istituita nel 274 dall'imperatore Aureliano. La data del 25 Dicembre, inoltre, è associata al giorno di nascita o di festeggiamento d'importanti divinità. Per citarne alcuni: il dio Horus in Egitto, il dio Mithra in Persia, gli dei Tammuz e Shamas in Babilonia, Zarathustra in Azerbaigian, il dio Freyr in Scandinavia, Adon in Siria. La Chiesa delle origini, non conoscendo la data reale di nascita di Gesù, fissarono la solennizzazione della stessa, al 25 Dicembre.
Il temerario per raggiungere la camera del tesoro dovrà attraversare sette porte di ferro. Il sette è considerato da sempre un numero magico, dispensatore della vita e fonte di tutti i cambiamenti, nonché numero ciclico per eccellenza, in quanto legato al ciclo lunare, poiché la Luna muta le sue fasi ogni sette giorni circa. Il sette è il quarto numero primo, è un numero euclideo (7= (2x3)+1). Sette sono i cieli dell'antichità, ciascuno dei quali corrispondente ad un pianeta: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno. Sette sono le Pleiadi, mitiche figlie di Atlante e della oceanina Pleione (o di Etra): Alcione, Elettra, Maia, Celeno, Asterope, Merope e Taigeta. Sette sono le stelle più luminose dell'Orsa Maggiore (Alkaid, Mizar Alioth, Megrez, Phecda, Merak e Dubhe) e dell'Orsa Minore. Sette sono i peccati capitali, i colori dell'arcobaleno, le note musicale, i giorni della settimana, le meraviglie del mondo antico, le arti libere, i Saggi della Grecia, i metalli. Nell'alchimia sette erano le fasi o stadi per giungere alla Grande Opera.
Le porte o i cancelli si legano al concetto di passaggio, di comunicazione fra un mondo e l'altro. Simbolo quello della porta, collegato anche allo spazio segreto che vi è dietro, del potere misterioso su cui essa si apre. «Rappresenta una soglia, un segno di confine. Attraversandola per entrare o per uscire, si accede a condizioni diverse dell'esistenza, a un altro stadio della coscienza».
Il simbolismo delle sette porte, rinvia al culto di Mithra, divinità persiana, nel quale si riteneva , secondo quanto riportato da Origene , che la katabasis (discesa) e l'anabasis (ascesa) dell'anima avvenivano attraverso le sette sfere planetarie, questo passaggio era visto come una scala di sette porte, la quale richiama i sette gradi dell'iniziazione mitriaca, citati anche da san Girolamo: corax, cryphius, miles, leo, Perses, heliodromus e pater (Corvo, Nascosto, Soldato, Leone, Persiano, Eliodromo, Padre).
Un altro riferimento alle sette porte, si trova nella composizione araba del Libro di Ostano, dove all'autore, in una visione, appare un essere che lo conduce davanti a sette porte che custodiscono i Tesori della Scienza. Ed ancora, Johann Wolfgang von Goethe, il più importante canzoniere del diciannovesimo secolo, nonché grande conoscitore della simbologia numerica, nel suo West-östlicher Divan, nel libro del Paradiso, scrive: «Die Planeten haben alle sieben/ Die metallnen Thore weit gethan (I pianeti hanno aperto tutte le sette porte di metallo).»
Dopo aver attraversato le sette porte si giungerà alla camera sotterranea dov'è custodito il tesoro. La camera sotterranea è allusiva alla caverna, simbolo dell'universo, del centro del mondo, della coscienza esoterica segreta, nonché grembo della Grande Madre. Luogo di nascita, di rigenerazione e di iniziazione, quest'ultima intesa come una nuova rinascita, a cui conducono le prove che, solitamente, precedono la caverna. Numerose sono, infatti, le cerimonie di iniziazione che si svolgevano nelle caverne, ad esempio, i misteri di Mithra i quali venivano officiati nei mitrei, templi sotterranei, edificati ad imitazione della grotta, nella quale si tramandava che il dio avesse imprigionato ed ucciso il toro.
Del tesoro fa parte anche una Chioccia d'oro con i suoi pulcini. Numerose sono le leggende collegate alla chioccia d'oro, intrinsecamente legata, in genere, a grotte e stanze sotterranee, da sempre considerata simbolo della Grande Madre, emblema di fecondità. Presso la tribù germanica dei Bavari, la chioccia rappresentava il rinascere della vita. Per questo motivo, molto probabilmente, una chioccia con 7 pulcini, d'argento dorato, impreziosito da rubini o granati negli occhi della chioccia e smeraldi o zaffiri negli occhi dei pulcini, fu rinvenuta, nel Medioevo, nella tomba della regina longobarda Teodolinda (570-627), figlia di Garibaldo duca dei Bavari. Oggi questa magnifica opera di oreficeria longobarda è custodita presso il Museo del Duomo di Monza.
La chioccia con i pulcini è allusiva anche alle Pleiadi, un ammasso aperto di stelle che brillano nella costellazione del Toro, in quanto esse presso molti popoli erano conosciute come le Gallinelle oppure la Choccia con i pulcini. Per i Vichinghi erano le sette galline di Freya, dea della fertilità, dell'amore e della magia. Presso i Francesi erano note come la Gallina [riferita alla stella Alcione] con i suoi pulcini. Gli Arabi, invece le chiamavano la Gallina celeste con i suoi piccini.
Le Pleiadi, fin dai tempi più remoti, per la loro brillantezza e vicinanza tra loro, hanno affascinato e meravigliato l'uomo, suscitando un grandissimo interesse in tutti i popoli del passato. Il più antico riferimento alle Pleiadi è, probabilmente, quello che risale al 2357 a. C. negli Annali cinesi, i quali riportano che in tale anno esse sorgevano eliacamente presso il punto equinoziale di primavera, di conseguenza le stesse per i popoli della Mesopotamia indicavano, l'inizio del nuovo anno. Oggi, a causa della precessione degli equinozi, le Pleiadi all'equinozio di primavera, sorgono qualche ora dopo l'alba.
E' interessante notare che la notte di Natale esse brillano nel firmamento ad occidente, grosso modo lungo la direzione opposta dell'asse della chiesa di Santa Maria.
Fonte: randazzosegreta.mybl...





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