Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La Chiesa, nei primi tempi della sua costruzione, non dovette essere molto addobbata, tanto che noi troviamo un quadro che doveva essere il principale adornamento, raffigurante S. Mauro benedicente, con la data del 1681 ed il fonte battesimale portante la data del 1684. Il terremoto del 1693 provocò il crollo quasi completo della chiesetta di S. Marina che non fu più edificata e danni molto gravi alla nuova chiesa di S. Mauro, che, proprio in quell'epoca, ultimava il suo adornamento. Provocò altresì il crollo delle mura attorno la città, della torre merlata secondaria del Castello e delle costruzioni interne di fattura normanna.
Passato il terrore ed il panico di quell'infausto avvenimento, tutta la popolazione si diede gran da fare per la riparazione della chiesa madre, aiutata da Don Cristofaro Duca Massa e capitanata dal Vicario Don Paolo Romeo.
Nel 1716 furono finiti i lavori di restauro della chiesa e fu eretto il bel campanile, che, sfuggito al tragico crollo del 21 luglio 1943, c'è dato ancora d'ammirare. Fu rifatta in pietra lavica la bellissima porta, di cui ancora sparsi qua e là sono visibili i bellissimi particolari e fu murata sotto la finestra, che era rimasta dalla prima fabbrica, la seguente epigrafe:
Non passarono molti anni, che la chiesa di S. Mauro, pur così mirabilmente riparata, doveva apparire insufficiente, specialmente agli occhi di un altro grande Castellese, il Vicario Don Mauro Nicolosi, che nato nel 1755 e presi, in tempo di primato, gli ordini religiosi, non viveva che per la sua chiesa, di cui ben presto divenne Vicario e per Aci-Castello di cui sognava un avvenire fulgido e splendido, facendo riferimento al passato glorioso del Castello, di cui fu lo storico ed il cantore. Amava il paese e la sua chiesa ed il suo costante obiettivo era di farla più grande e più bella. Il sogno era affascinante, ma come realizzarlo?
Con la decadenza del Castello anche la popolazione si era rarefatta ed immiserita. Tutto questo però non era d'ostacolo all'entusiasmo del giovane sacerdote, tanto che verso il 1790 lo vediamo partire per Roma. A fare che cosa? Certo ad invocare aiuti. Ma denaro non ne trovò. Al Vaticano furono larghi di consigli, di premure ma... in quanto a denaro era un'altra cosa. Allora vediamo il nostro presule girare Roma in lungo ed in largo. Entrò in tutte le chiese, visitò tutte le basiliche e fra le altre, quella che maggiormente attirò la sua attenzione fu la chiesa di S. Maria degli Angioli. Pensò che in quelle forme doveva essere ampliata la chiesa di S. Mauro. Ritornò ad Aci-Castello con lo schizzo abbozzato di una chiesa a forma di Croce greca e si mise in cerca di denaro e mezzi.
Quello che non ottenne a Roma trovò ad Aci-Castello. La gente dava quel che poteva e chi non poteva dare denari, dava il proprio lavoro. Ed era commovente lo spettacolo al quale si assisteva ogni giorno di domenica, in cui le squadre di volenterosi Castellesi, fra cui non mancavano le donne, accomunate dalla fede e dall'ardore, lavoravano fino al tramonto, per portare avanti la fabbrica, per maggiormente onorare e glorificare il protettore S. Mauro. A capo delle squadre era sempre il giovane vicario e spesso lo si vedeva arrampicato per i ponti o ad impastare la calce ed il gesso, con la tunica sempre in disordine impillaccherata ed imbiancata dal gesso. Ma quando s'accorgeva che la calce o gli altri materiali facevano difetto, smetteva il lavoro manuale e si recava dai più facoltosi a chiedere denaro. Da uno di questi, un giorno ebbe un pezzo d'argento, del valore di 12 tarì e questa moneta fu e rimase base e castelletto di tutto il finanziamento della fabbrica, da quando quella moneta entrò nella cassetta delle elemosine, si racconta che il Vicario Nicolosi non fu più visto in giro a raccogliere fondi.
I denari venivano da soli senza particolare sollecitazione ed il buon Vicario non fu mai costretto a scambiarla. Quella moneta fu detta “ I dodici tarì della Provvidenza ”, si tramandò ai posteri e pare che ancora esista, come cimelio storico, in mano di privati cittadini.
La Chiesa fu ultimata nell'anno 1797 e Don Mauro Nicolosi, la cui modestia fu pari alla sua grandezza, volle che il suo nome figurasse in nessun luogo, ma una marmorea lapide, posta nell'interno della chiesa, eternasse il miracolo della Provvidenza Divina. La lapide diceva:
E sopra la porta principale all'esterno collocò un'altra lapide:
per significare come Aci-Castello fosse la madre di tutti gli Aci. Come da suo espresso desiderio, il suo nome non figurò in nessun posto ed il 5 agosto del 1834, quando morì, fu seppellito nella chiesa di S. Giuseppe, come un oscuro cittadino.
( Paolo Muscarà - Il Castello d'Aci nella leggenda e nella storia-1956 )
Benvenuto in Virtualsicily.it!
Il portale di informazione e cultura sulla Sicilia!