...Il capitano Compton radunò gli italiani che si erano arresi.
Saranno stati più di quaranta.
Poi domandò: "Chi vuole partecipare all'esecuzione?".
Raccolse due dozzine di uomini e fecero fuoco tutti insieme sugli italiani".
Il sergente West portò la colonna di prigionieri italiani fuori dalla strada.
Chiese un mitra e disse ai suoi:
"E' meglio che non guardiate, così la responsabilità sarà soltanto mia".
Poi li ammazzò tutti.
Durante la campagna di Sicilia, le truppe anglo-americane rispettano in generale la Convenzione di Ginevra e in certi casi fraternizzano addirittura con i siciliani. Numerosi soldati statunitensi, figli di emigrati o loro stessi emigrati, ritrovano in Sicilia le loro radici e i loro parenti. Risulta perciò inspiegabile un terribile episodio configurabile come crimine di guerra, nel quale truppe dell'esercito degli Stati Uniti uccisero senza giustificazione giuridica 76 prigionieri di guerra tedeschi ed italiani.
- LA STRAGE AMERICANA DI BISCARI
L'episodio avvenne il 14 luglio 1943 nelle campagne di Piano Stella, vicino a Biscari, oggi Acate, località siciliana a sud di Caltagirone ed in provincia di Ragusa. Già il 13 luglio, nell´insediamento colonico "Arrigo Maria Ventimiglia", in contrada Piano Stella, del comune di Caltagirone, 7 braccianti venivano trucidati, inermi e nelle loro case, "scambiati" dai soldati americani per cecchini. Il 27 giugno 1943, durante la preparazione delle truppe statunitensi in vista dell'Operazione Husky, lo Sbarco in Sicilia, il comandante della 7ª Armata, generale G.S. Patton tenne un rapporto agli ufficiali della 45ª Divisione di fanteria nel corso del quale diede disposizione di uccidere - senza accettare le loro eventuali offerte di resa - i militari nemici che resistessero ancora quando le fanterie statunitensi fossero giunte a 200 iarde, circa 180 metri, di distanza da essi. Subito dopo lo sbarco le unità statunitensi si diressero verso gli aeroporti siti nella parte meridionale dell'isola. In particolare il 180° Reggimento della 45ª Divisione di fanteria si diresse su quello di S.Pietro, identificato sulle carte statunitensi come aeroporto di Biscari. L'attacco iniziò nel corso della notte fra il 13 ed il 14 luglio 1943, ed i reparti dei difensori, in massima parte italiani, con nuclei tedeschi, si arresero alle forze statunitensi nel pomeriggio. Il mattino del 15 luglio il tenente colonnello W.E. King, un cappellano della 45ª Divisione, trovò una fila di cadaveri sulla strada che dall'aeroporto portava al paese di Biscari, a pochi metri da una grande quantità di bossoli americani, per un totale di 34 italiani e 2 tedeschi. Il tenente colonnello King trovò altri cadaveri allineati, quindi, presumibilmente, fucilati, prima di giungere all'aeroporto, dove venne a conoscenza di un ulteriore gruppo di militari italiani fucilati. La procura militare statunitense iniziò gli accertamenti sull'episodio e rinviò a giudizio due graduati del 180° Reggimento, il sergente H.T. West (Compagnia A) ed il capitano J.C. Compton (Compagnia C). Fu accertato che il serg. West aveva avuto ordine di trasferire al comando di battaglione 37 prigionieri nemici (uno era sfuggito ai controlli del tenente colonello King), ma, giunti in un uliveto, li aveva personalmente fucilati con la sua arma di ordinanza. I due militari addussero come giustificazione il comportamento sleale degli avversari (un gruppo di italiani, di cui parecchi in abiti civili, avrebbe fatto fuoco su di loro). Il sergente West si difese altresì sostenendo che gli ordini dal Comando d'Armata erano di uccidere i militari nemici che non si fossero arresi immediatamente, sulla base del discorso già citato del Gen. Patton, riportato ai gradi inferiori dal comandante del 180° reggimento con le stesse parole. La Corte Marziale, comunque, giudicò West colpevole, se non altro per aver ucciso militari che ormai avevano già ottenuto lo status di prigionieri e lo condannò all?ergastolo. Anche il capitano Compton si riferì al discorso del gen. Patton per giustificare le sue azioni, dato che aveva fucilato i militari italiani, circa quaranta, subito dopo la loro resa. Compton concluse la propria difesa sostenendo di aver agito sulla base di istruzioni del Comandante di Armata, generale con tre stelle ed una grande esperienza di combattimento. Compton fu assolto, ma cadde in combattimento circa un anno dopo. Il gen. Patton, in un colloquio successivo, 5 aprile 1944, col tenente colonnello C.E. Williams, ispettore del Ministero della Guerra sui fatti di Biscari, ammise di aver tenuto un discorso abbastanza sanguinario, pretty bloody, ma di averlo fatto per stimolare lo spirito combattivo della 45ª Divisione di fanteria, che si trovava per la prima volta sotto il fuoco nemico, negando comunque di aver incitato all'uccisione di prigionieri. Ma va considerato che fu facile scaricare ogni colpa su Patton, nel frattempo morto (dicembre 1945).
- LA STRAGE TEDESCA DI CASTIGLIONE DI SICILIA
Più di una volta, durante i 38 giorni della Battaglia di Sicilia, si registrano screzi o addirittura scontri tra civili siciliani e militari tedeschi. Alla base di essi, immancabilmente, tentativi reciproci di appropriamento di mezzi di trasporto, materiali o viveri.
A Mascalucia, il 5 agosto, tedeschi in ritirata decidono di appropriarsi di alcuni cavalli; si accendono gli animi e ne seguono scontri con alcuni morti e feriti. Ma il fatto più grave è la strage di Castiglione che avvenne nella cittadina di Castiglione di Sicilia tra le giornate dell'11, 12 e 13 agosto 1943, per mano nazista. In quel momento l'armistizio non era ancora stato dichiarato e la Germania nazista era al fianco dell'Italia fascista. Le truppe dell'Asse dopo lo sbarco alleato in Sicilia (Operazione Husky) erano in ritirata e provenivano da Randazzo dirette a Messina. Ad incalzare erano la VII° armata statunitense al comando del generale George S. Patton e dalla VIII° armata inglese del generale Bernard Montgomery lungo la valle del fiume Alcantara.
Truppe tedesche della divisione "Hermann Göring" erano accampate in contrada Sciambro, nelle campagne intorno Castiglione in attesa dell'ordine della ritirata verso Messina. Nella tarda serata del 10 agosto 1943 da questo accampamento veniva rubato un camion tedesco carico di generi alimentari. Alle prime luci dell'alba dell'11 agosto, un ufficiale al comando di un autocarro con 40 militari tedeschi e scortati da un carro armato irruppero nella cittadina sparando per rappresaglia sia con dei fucili mitragliatori che a cannonate contro chiunque si parasse davanti. Vi furono decine di morti e feriti. Viene riferito che i soldati tedeschi entrarono gridando nelle case spingendo brutalmente fuori gli uomini a calci e percuotendoli col fucile. Una donna venne buttata giu' dal balcone e lasciata sul selciato con le gambe fratturate. Quindi intimarono alla popolazione di sgomberare il paese e presero oltre 200 uomini in ostaggio (fra essi anche bambini ed anziani) picchiando chi indugiava e uccidendo chi si rifiutava. Gli ostaggi furono rinchiusi, secondo alcuni nel castello, secondo altri in un ovile per tre giorni all'addiaccio e senza viveri, un testimone ricordava di essere stati rinchiusi all'interno di un torrione, detto " Cannizzu" che si trova poco fuori dal paese. Per i tre giorni successivi depredarono e bruciarono le case del paese. Il paese venne abbandonato la sera del 13 agosto, mentre gli ostaggi vennero liberati solo il 14 agosto mattina, grazie al fervore di alcuni volenterosi che si offrirono come mediatori per salvarli da una probabile esecuzione di massa. Nell'attacco si conteranno 16 morti e 20 feriti gravi. Questo l'elenco ufficiale delle vittime: Nicolò Camardi, Francesco Cannavò, Giuseppe Carciopolo, Antonino Calano, Nunzio Costanzo, Giovanni Grifò, Giovanni Damico, Francesco Di Francesco, Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano, Giuseppe Seminara. Fu la prima strage nazista compiuta in Italia durante la seconda guerra mondiale. Secondo molti, visto anche il momento storico di sbando in cui avvenne, questa strage non ha mai avuto quella rilevanza che meriterebbe.
Molti rimproverarono una assenza di un intervento sia dell'esercito che delle autorità italiane nei confronti dell'allora alleato germanico. La tesi del furto, che comunque non è stata mai dimostrata, ha fatto pensare visto il momento e l'oggetto del furto a qualche soldato sbandato o magari a qualche affamato, che probabilmente niente aveva a che fare con la cittadina di Castiglione che poi invece è stata oggetto di rappresaglia.
Recentemente la cittadina etnea è stata insignita di una medaglia al valor civile conferita dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi il 16 settembre del 2002. Con la seguente motivazione:Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale fu teatro di una feroce rappresaglia tedesca che provocò la morte di sedici civili ed il saccheggio di numerose abitazioni. 12 agosto 1943 - Castiglione di Sicilia (CT).
- LA STRAGE DI CANICATTI'
I bombardamenti su Canicattì del 13 luglio 1943 avevano danneggiato molti edifici, tra cui una saponeria. Attraverso i varchi dei bombardamenti, l'azienda, l'indomani, fu invasa da saccheggiatori. Un colonnello americano dell'Amgot (Amministrazione alleata per l'ordine pubblico), giunto sul posto, ordinò ai tre militari che lo avevano accompagnato di sparare alle persone che si trovavano sul posto; ma di fronte al reciso rifiuto provvide personalmente, sparando all'impazzata, lasciando a terra 18 persone, tra morti e feriti.
Il militare americano Norris H. Perkins nel suo libro "North African Odyssey" narra di una strage di sei inermi civili di Canicattì da parte dei tedeschi, inviperiti perché i civili esultavano per l?arrivo degli alleati: "Invero noi abbiamo appreso più tardi che, quando un gruppo di civili a Canicattì si erano messi ad esultare nel sentire che gli americani stavano arrivando, essi furono raggiunti dal fuoco tedesco"
- GLI STUPRI DA PARTE DEI MAROCCHINI Non mancarono gli episodi inquietanti che destarono grande scalpore. Intanto, un battaglione di marocchini, rappresentanza francese alla spedizione sbarcata a Licata, come riferisce Sandro Attanasio nel suo libro "Sicilia senza Italia", si distinse per rapine e stupri. Dalla gente del posto, le donne furono fatte nascondere nei pozzi, nei pagliai e in altri rifugi. Lo storico narra che un gruppo di mori, penetrato in una casa, si diede a violentare tutte le donne della famiglia. Ci furono immediate e violente reazioni e molti marocchini furono finiti a roncolate e fucilate. Le autorità americane poco facevano per impedire o punire l'ignobile comportamento dei loro alleati nord-africani, né si preoccuparono delle reazioni dei familiari. Dice, nell'opera citata, Sandro Attanasio: "Quasi tutte le perdite avute dai reparti marocchini durante la campagna di Sicilia, furono dovute alla reazione della popolazione che puniva prontamente e in maniera terribile la lascivia dei nordafricani. Molti di loro finirono in pasto ai maiali, o sbudellati ed evirati"
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