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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Palazzo Spadaro Libertini

Palazzo Spadaro Libertini

Via S. Bonaventura, 22



Il Palazzo Spadaro Libertini è una delle dimore più antiche della provincia catanese. Un gioiello incastonato nel centro storico di Caltagirone, Urbs Gratissima e Regina dei Monti Erei. Costituito da un quadrilatero in stile barocco ricostruito dopo il parziale crollo dovuto al terremoto del 1693, il cui ingresso principale si trova in Via San Bonaventura, via centralissima sulla quale il Palazzo si presenta costituito da 2 piani sovrastanti il piano terreno caratterizzato da ex magazzini diventati negozi. Il Palazzo, tra ceramiche e tardo-barocco, si trova a pochi passi dalla scalinata di Santa Maria del Monte e in prossimità della splendida chiesa seicentesca di San Bonaventura, integralmente sopravvissuta al terribile terremoto del 1693 che distrusse la maggior parte dei monumenti e palazzi della Sicilia orientale.
Il civico 22 di Via San Bonaventura, che costituisce l'ingresso principale del Palazzo, presenta un imponente androne attraverso il quale si accede ad un cortile barocco, decorato da una pregevole fontana. Ai lati della fontana si trovano le ex scuderie diventate magazzini e, sul lato destro, uno scalone barocco in pietra di Comiso illuminato da finestroni e finestre più piccole ad 'oculo' che danno sul cortile interno. Salendo i comodi gradini 'da cavallo' dello scalone si accede al piano primo/ammezzato ed al secondo ed ultimo piano.
Ricostruito su un impianto preesistente cinquecentesco riconducibile al palazzo non finito appartenuto a Bonaventura Secusio, vescovo di Catania e diplomatico nato a Caltagirone nel 1558.
I lavori di ricostruzione vennero iniziati nel 1725 da Barbaro Maggiore Marchese di Santa Barbara e conclusi nel 1732.
Nel 1871 un discendente di Barbaro Maggiore vende la maggior parte del Palazzo al parente Michelangelo Libertini dei Baroni di S. Marco, Patrizio di Caltagirone, il quale ne fa, al piano nobile di quello che oggi è il numero civico 22, la propria fastosa dimora che arreda con infissi laccati bianco e oro e mobili prodotti in Francia al pari di damaschi e tappeti Aubusson che vengono ordinati rispettivamente alle manifatture tessili vicino a Versailles e a Aubusson appositamente per i saloni ai quali sono destinati. Le volte dei Saloni, il cui impianto è stato rimaneggiato rispetto a quello originario dei Maggiore, sono state fatte decorare dai migliori artisti locali e arricchite da pitture di Francesco Vaccaro, appartenente alla rinomata famiglia di artisti calatini, autori di opere presenti nelle chiese e musei di Caltagirone sino al territorio del ragusano. Le porte dei Saloni di Rappresentanza sono in vetro impreziosito da splendide pitture raffiguranti animali esotici e fiori che richiamano le decorazioni delle volte in un unico inscindibile motivo decorativo che rende equilibrato il decoro degli spazi.
L'altra parte del Palazzo, primo piano e magazzini/negozi, verrà poi lasciata in eredità da un altro discendente dei Maggiore, in virtù di matrimonio, al padre del conte Michele Gravina nonno degli eredi Spadaro di Passanitello.
Michelangelo Libertini donerà in seguito la proprietà del Palazzo ai figli Gesualdo, importante politico a livello regionale e Senatore del Regno Sabaudo, e Francesca sposata con il Barone Salvatore Spadaro di Passanitello. In assenza di discendenti diretti il Sen. Gesualdo Libertini lascerà tutto il patrimonio ed il Palazzo al nipote Francesco Spadaro di Passanitello, figlio della sorella Francesca, insigne storico, araldista e archeologo nonché indimenticato sindaco di Caltagirone.
Il Palazzo che prima veniva chiamato Palazzo Libertini, prenderà il nome di Palazzo Spadaro Libertini o Palazzo Spadaro per brevità.
Nei Saloni di Rappresentanza, si tennero nella seconda metà del settecento le riunioni della colonia arcadica fondata a Caltagirone dal figlio di Barbaro Maggiore, Giuseppe ed in seguito divennero il salotto politico e culturale del Sen. Libertini, uomo politico di spicco e benemerito, morto nel 1948. In seguito, per scelta della proprietà, i Saloni del Palazzo sono diventati sede di primarie istituzioni e, anche nell'ambito di tale destinazione, hanno accolto personalità di rilievo del mondo della letteratura e della politica non solo siciliane ma anche di livello nazionale'.
L'Architetto Alvise Spadaro Gravina noto storico dell'arte, grande conoscitore di Caravaggio, ha 'ceduto il testimone' di tutta la parte di rappresentanza del piano nobile quale parte di rilevante pregio artistico, storico e culturale del Palazzo (per merito della quale nel 2001 il Palazzo è stato dichiarato bene monumentale di rilevante interesse artistico) alla cugina Lara Marina Gravina del ramo di Belmonte Beaumont, la quale ha così ricevuto la responsabilità di 'riportare in vita il cuore del Palazzo'. Nell'ambito, quindi, di un passaggio generazionale in famiglia che vede legate da stretti vincoli di parentela le famiglie Maggiore, Libertini, Spadaro e Gravina, l'Avvocato Lara Marina Gravina di Belmonte, nata a Milano ed ivi abitante ma profondamente legata alle radici e tradizioni millenarie siciliane della Famiglia Gravina, insieme alla propria madre Gemma ha, così intrapreso il ripristino integrale di tutta la parte di rappresentanza insieme a quello di altre parti del Palazzo .
Oggi la parte di rappresentanza di Palazzo Spadaro Libertini, è tornata a vivere per un atto d'amore non solo verso le proprie origini ma nei confronti della città di Caltagirone e della amata Sicilia, quale testimonianza che le origini sono una parte di noi che nessuna distanza può cancellare. Proprio lo spirito di 'ridare vita a ciò che sembrava essere destinato all'oblio' ha convinto Lara e Gemma Gravina di Belmonte a coniugare la destinazione della Dimora come abitazione privata 'di delizia' a quella di location per eventi e momenti 'speciali' destinati ad un pubblico selezionato, in grado di apprezzare la storia oltre al fasto dei luoghi.
Si narra che il Patrizio Michelangelo Libertini di S. Marco non si fosse limitato ad ordinare in Francia tutti gli arredi del Palazzo, ma che ordinasse anche un magnifico pianoforte alla rinomatissima ditta Pleyel, insieme ad arpe ed altri strumenti, affinché nei Saloni di Rappresentanza si potesse assistere a momenti di intrattenimento musicale.
Dopo un restauro conservativo durato oltre un anno, durante il quale tutte le parti originali (corde, martelletti e tastiera in avorio) sono state integralmente recuperate, è stato riportato a nuova vita il Gran Coda Pleyel Wolff, databile intorno al 1878, che ha potuto ricevere un'accordatura di poco inferiore allo standard odierno 440Hz, così da consentire un pieno utilizzo per concerti e per accompagnamento di cantanti lirici.
Le memorie di famiglia riportano che Richard Wagner in visita a Ramacca alla figliastra Blandine, nipote di Franz Liszt, fidanzata e poi convolata a nozze con Biagio Gravina di Ramacca, si fosse recato anche a Caltagirone e avesse suonato su questo splendido strumento.



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