Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di San Gandolfo la Povera
Via Roma, 2
Accanto alla Chiesa Madre si trova la Chiesa di San Gandolfo la Povera eretta nel 1622. L'edificio a navata unica, un tempo sede della confraternita di San Gandolfo, è stato costruito sulle vecchie fabbriche della chiesa e dell'ospedale di Santa Cecilia.
La chiesa del Collegio, così come oggi è comunemente chiamata, fece parte dell'Orfanotrofio gestito dalle Collegine del Collegio di Maria dal 1786 al 1912, successivamente ceduto alle Francescane Missionarie del Bambin Gesù dal 1913 al 1992.
Esternamente presenta un prospetto a capanna, un campanile angolare e un portale sapientemente incorniciato da elementi decorativi.
L'interno ad unica navata presenta nella parte superiore dell'ingresso un soppalco destinato al coro, ripartito da tre archi.
La chiesa custodisce opere di pregevole fattura tra le quali si ricorda, a partire da destra:
- il quadro raffigurante l'Immacolata Concezione e angeli di Donato Creti del 1727-1729, pittore molto apprezzato dalla Accademia Clementina di Bologna. La tela precedentemente ubicata nella chiesa di San Francesco d'Assisi dei PP. Minori Conventuali, adesso Auditorium Comunale. L'opera venne commissionata dal Senato palermitano al pittore bolognese per essere collocata nella Cappella senatoriale della Vergine della chiesa di San Francesco d'Assisi a Palermo. Ma, come si rileva dal manoscritto del francescano Padre Gioacchino Di Giovanni, non piacque ai palermitani, perché la Madonna aveva le mani e le braccia aperte, contrariamente all'iconografia della Controriforma: "perché e colle mani e braccia aperte non fu accettato dal popolo di Palermo e perciò fu levato via onde il nostro Convento... lo riscattò dalli Padri di Palermo per n. 200 messe".
"Il tema della Madonna con le braccia aperte e gli occhi rivolti al cielo non appartiene tanto allo schema canonico della Concezione sancito dalla controriforma" (V. Abbate) le braccia allargate e rivolte verso il basso dell'Immacolata sembrerebbero indicare, infatti, non l'ascesa ma la discesa verso terra.
In basso è possibile ammirare due splendidi arcangeli, di cui quello di destra completamente al buio protende la mano e il ginocchio verso la luce, mentre sullo sfondo campeggiano angeli e testine di cherubini alate, spesso impalpabili corpi avvolti da una forte luce, posti a semicerchio in un moto circolare che culmina nel simbolo dello Spirito Santo.
- la preziosa tela posta sull'altare maggiore, realizzata nel 1620 da Giuseppe Salerno, raffigurante S.Gandolfo protettore di Polizzi che ha come tema l'intercessione orante del Santo Patrono. Del tutto insolita è la presenza del committente, il nobile Don Giuseppe Guarnuto,vestito con sontuosi abiti tipici del tempo in ginocchio, protetto dall'angelo custode che qui indica la Trinità, e rivolto in preghiera verso il Santo. A sinistra si trova San Gandolfo, con il saio francescano e il gelsomino sul fonte mentre sullo sfondo è chiaramente identificabile la città di Polizzi Generosa. Qui si possono distinguere il borgo murato del castello con le due torri, la "Porta Grande", l'abitato della "Croce" con la chiesa di San Francesco e ancora più in basso il complesso conventuale del Carmine con l'abbeveratoio. Salendo, retta da nuvole e angeli, si trova la Trinità al centro, la Madonna a sinistra, copiata da un incisione riproducente la Vergine di Francesco Barocci, e San Giuseppe a destra, chiaro riferimento al nome del committente.
- la pregiata tela cinquecentesca, attibuita a Joannes De Matta, raffigurante scene di vita di San Gandolfo. La tela, proveniente dalla cappella del Beato in Chiesa Madre, è in discreto stato di conservazione.
- Sulla stessa parete è anche possibile ammirare la tela raffigurante San Francesco che riceve le stimmate, di un anonimo pittore del 1598. L'opera, copia di un omonimo dipinto che Gerolamo Muziano ha realizzato per la chiesa dei Cappuccini a Roma, è stata commissionata da Francesco Gagliardo per la sua cappella all'interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie (o Badia Nuova) da dove proviene.