Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Sulla via principale si apriva nel centro della città l'agorà, su una terrazza aperta verso est sulla vallata del fiume Tusa e chiusa ad ovest da un muro di contenimento del taglio del pendio, sopra il quale corre una strada. L'impianto si deve al II secolo a.C., ma con rifacimenti di epoca imperiale. Davanti al muro di contenimento occidentale la piazza venne infatti chiusa sui lati ovest e nord da un monumentale doppio portico disposto ad L e sopraelevato di circa 50 cm rispetto alla quota della piazza. Il portico aveva colonne esterne in pietra sorreggenti una trabeazione dorica in legno stuccato, e colonne interne in mattoni ricoperti in stucco, con capitelli pure stuccati e dipinti. Sul fondo del portico si aprono otto ambienti bipartiti (sei sul lato ovest e due sul lato nord), che utilizzano come muro di fondo il grande muro di contenimento: si tratta di sacelli di culto, con nicchie per statue e altari posti nel vano più interno. Uno dei sacelli doveva essere riservato al culto imperiale praticato dal collegio sacerdotale dei seviri augustali e presenta una ricco rivestimento in marmi colorati: vi fu rinvenuta la statua in marmo di una Cerere con iscrizione dedicatoria del II secolo DC. In un altro dei sacelli fu rinvenuta una grande quantità di iscrizioni marmoree. La piazza, pavimentata con mattoni, era dotata di un efficiente sistema per la raccolta e lo smaltimento dell'acqua piovana. In essa si trovano delle basi di statue e un podio quadrato più grande, in opera reticolata probabilmente rivestita in origine in marmo, forse utilizzato come tribuna per gli oratori. Le fasi di realizzazione sembrano essere state almeno tre: in un primo momento furono realizzati i sacelli, che successivamente furono preceduti da un portico singolo, poi suddiviso internamente con altre colonne. In una terrazza sottostante, a un livello più basso di circa 2,50 m, vi è un muro in opera quadrata isodoma in grandi blocchi bugnati di pietra dura non locale. Il muro, databile a prima della conquista romana, misura 39 metri di lunghezza e ha funzioni di contenimento del terrapieno su cui passa la via principale. Alcuni dei blocchi, posti in alto, sono la base di colonne di grandi dimensioni e sono state rinvenute anche basi di statue, una delle quali sembra possa essere riferita a Gerone di Siracusa. Il complesso potrebbe essere forse identificato con il ginnasio, citato da Cicerone. Una scalinata doveva mettere in comunicazione quest'ultimo con la parte alta della piazza. Nella zona sottostante è stato rimesso in luce un settore dei quartieri di abitazione. Uno degli edifici, costituito da strutture più robuste delle abitazioni confinanti presenta una grande vasca quadrata bordata da blocchi di pietra dura, che doveva essere stata circondata da un colonnato: si tratta forse di un altro edificio pubblico oppure del peristilio di una casa particolarmente ricca. Al di sopra della porta di nord-est, una struttura muraria che forma un arco di circa 120 m, in gran parte interrata, (i cosiddetti "contrafforti") è stata interpretata come un viadotto che sosteneva una delle strade principali. Alcuni ambienti dovevano presentare una ricca decorazione di cui sono stati rinvenuti numerosi frammenti, tra cui i resti di un'iscrizione su stucco. Sull'acropoli sono presenti due basamenti templari. Fuori le mura, nello spazio antistante le due porte della città verso sud, si trova un colombario, privo della originaria copertura a volta e con pareti in opera reticolata con nicchie per la deposizione delle urne. Il colombario segna la posizione della necropoli di epoca romana. Si conosce anche l'ubicazione della più antica necropoli siculo-greca.
I "bagni"
Sulla costa, presso la foce del fiume Tusa, si trovano i resti di un edificio che conserva pavimenti a mosaico in tessere bianche, nere e rosse, e strutture antiche, già visto nel Seicento da Tomaso Fazello e da lui interpretato come struttura termale. Sull'edificio si sono impiantate costruzioni più recenti ("Case Gravina"), ma la struttura potrebbe essere interpretata come quella citata nelle "tavole alesine" come elemento di confine tra i lotti del territorio alesino.
Strutture idriche del "Viviere"
Nella contrada "Fruscio" un gruppo di sorgenti, conosciute con il nome di "Viviere", presentano opere idriche di captazione delle acque che sono state riutilizzate per il moderno acquedotto di Tusa. Le strutture erano già state identificate da Tomaso Fazello, che vide inoltre le tracce di un acquedotto che convogliava le acque raccolte verso Alesa. Una parte della struttura (il "Vecchio Viviere", conserva alcune colonne che circondano una grande vasca, relative forse ad un antico ninfeo. La vasca è collegata ad altre vaschi minori, utilizzate per la distribuzione e come lavatoi. Il complesso potrebbe essere identificato con la fonte "Ipurra" citata dalle "tavole alesine", e si troverebbe dunque in prossimità del tempio dedicato a Giove Melichio.
La contrada Ospedale
Nelle "tavole alesine" viene citata una" via Xenide" che può forse essere identificata con l'attuale contrada e via Ospedale (o "via Spitali"), a metà strada fra il sito di Alesa e Tusa. Il termine greco di xenide sembra infatti avere lo stesso significato del latino hospitalis, corrotto quindi in Ospedale. Secondo l'iscrizione qui dovrebbero dunque trovarsi il tempio di Adrano, il "tapanon" e il "tematesis" dell'antica Alesa.
Borgo Santa Venera
Il borgo Santa Venera consiste in una parte del territorio di Alesa, successivamente divenuto un semplice casale, citato in un documento del 1135, che menziona anche l'esistenza di una chiesa. Successivamente non se ne hanno altre menzioni.
Struttura in contrada Sant'Ippolito, divenuta nel Settecento una fattoria fortificata. Nel luogo sono state rinvenute delle tombe dotate di corredi funerari e piccole lapidi in lingua greca e latina. L'attuale Pettineo potrebbe aver tratto origine da uno di questi insediamenti, estesi nella valle del torrente Tusa.