Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di San Giorgio - Matrice
Piazza Matrice
ll Duomo di Caccamo intitolato a S. Giorgio Martire, primo patrono della città, edificato ex novo nel XVII secolo e chiamato anche Matrice o Cattedrale di Caccamo, è il risultato di un lavoro di molte generazioni che vi hanno lasciato la propria impronta nell'arco di diversi secoli. Sorge in piazza Duomo ed è la più grande e importante tra le chiese di Caccamo, la cui edificazione originaria (una prima chiesa madre, verosimilmente una piccola cappella di corte), come ricorda una lapide posta all'interno del tempio, è attribuita ai Normanni che la dedicarono al loro protettore S. Giorgio (anno 1094), a ricordo della vittoria sui Saraceni riportata nei pressi di Cerami. Secondo la tradizione popolare, il primo duomo cittadino fu la chiesa di Sant'Anna e Santa Venera, costruzione oggi diruta, situata ai margini dell'antico quartiere della «Terravecchia», ai piedi del castello ma è probabile anche che un primo edificio sacro intitolato a San Giorgio sia esistito proprio nel posto ove sorge l'attuale tempio e che la sua costruzione sia stata patrocinata dalla famiglia Chiaramonte. È doveroso pertanto affermare che fino a quando non si disporrà di nuovi documenti inequivocabili, non si potrà individuare con certezza quale sia stata la prima Chiesa Madre di Caccamo e se si possa attribuire ai Normanni. Intorno al 1477/1480, le migliorate condizioni di vita della popolazione e la progressiva espansione urbanistica indussero i due ceti che detenevano le responsabilità di governo, gli ecclesiastici ed i nobili, ad ampliare il vecchio tempio chiaramontano e ad arricchirlo di numerose opere d'arte. Ciò fu possibile grazie alla munificenza ed al governo delle casate Enriquez - Prades - Cabrera. Ma anche dopo questo ampliamento, la chiesa rimase di modeste dimensioni, stando alla testimonianza dello storico palermitano Agostino Inveges, che in merito costituisce la fonte storica più autorevole. Nel 1606, i Giurati di Caccamo e una rappresentanza composta dalle personalità locali più influenti rappresentati dagli Henriquez, dagli Amato e dal canonico Paolo Muscia, decisero di edificare ex novo una Chiesa Madre più ampia, in considerazione delle accresciute esigenze della popolazione, conferendo l'incarico di redigere il progetto all'architetto termitano Vincenzo La Barbera. Nulla si sa sui criteri e sulle valutazioni che portarono alla scelta del progettista. Nel 1614 il luogo di culto è riedificato con le donazioni dei mecenati patrocinatori, conferendo alla nuova costruzione dettami tipici del fiorente barocco siciliano. Il tempio così rimodulato raccoglie l'insieme dei tesori artistici preesistenti, delle nuove commissioni e le opere provenienti da altri luoghi di culto abbandonati o diruti. Nel XX secolo gli interventi di restauro della Chiesa di San Giorgio sono stati finalizzati al ripristino delle parti interne crollate e al restauro parziale della parte di Chiesa prospiciente la zona d'ingresso, compresa la facciata principale. In particolare sono stati realizzati gli interventi di restauro di seguito descritti: a) ricostruzione del cornicione interno in corrispondenza del muro della facciata principale. b) restauro della facciata principale c) restauro portoni esterni d) rastauro pareti interne nelle zone di ingresso.
Descrizione La pianta della Chiesa è a croce latina con un profondo presbiterio ad un unica campata e si conclude con un abside semicilindrico sormontato da un catino absidale movimentato da cinque pennacchi. Il prospetto principale attuale costruito nel 1682 si presenta più statico. La conformazione del prospetto attuale, a causa dell'abbassamento, rispetto a quello originario, esteticamente si presenta più statico e più pesante, e solo gli elementi decorativi piatti e tridimensionali, movimentando e armonizzando la superficie, ne alleviano la ponderalità. L'ordine inferiore del prospetto attuale ha una larghezza doppia rispetto a quella dell'ordine soprastante. I tre ingressi della Chiesa sono inquadrati entro sei lesene tuscaniche che si sviluppano per tutta l'altezza del primo ordine, hanno basi poggianti su piedistalli decorati da semplici modanature, due lesene sono poste alle estremità laterali e due coppie che inquadrano l'ingresso principale. I vani dei due ingressi laterali, come i vani del resto delle aperture del prospetto, sono racchiusi in cornici marmoree piatte decorate da semplici modanature ad andamento spezzato e da piccole volute. In alto, lungo gli architravi, si trovano motivi decorativi a conchiglie stilizzate e piccoli accartocciamenti. Gli ingressi laterali sono sormontati da frontoni triangolari e da finestre con volute piccole e volute più grandi che con la coda si arrampicano lungo i margini delle cornici. I timpani dei frontoni presentano croci greche che dovrebbero essere quelle applicate al momento della consacrazione della Chiesa.
La Piazza La Chiesa Madre si affaccia sull'unica vera piazza di Caccamo, le cui origini si ispirarono inizialmente a motivazioni religiose. Ma la sua presenza divenne col trascorrere del tempo luogo d'incontro, simbolo stesso della vita cittadina, punto di riferimento di quanti amavano sostarvi per un momento di socializzazione. Tutte le generazioni vi hanno lasciato l'impronta della loro presenza, facendone un segno nella memoria collettiva. Sulla piazza su cui si protende la Chiesa Madre, prospetta anche il palazzo dell'ex Monte di Prestanza o Monte di Pietà, fondato nel secolo XVII, l'Oratorio del SS. Sacramento e la Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Sul muraglione di contenimento del piano antistante il Monte di Pietà ammiriamo quattro statue in pietra dei compatroni della città: il Beato Giovanni Liccio, Santa Rosalia, San Nicasio e San Teotista, attribuiti allo scultore Giuseppe Ponti del 1682. La piazza era pavimentata in cotto siciliano e delimitata all'intorno da un basso muretto di protezione, oggi sostituito da una ringhiera in ghisa. In epoca molto recente la piazza è stata rifatta su struttura portante in cemento armato e la pavimentazione in mattoni rossi di cemento, ma il risultato non sembra in armonia con le caratteristiche del monumento. Al centro della piazza, a confine con il sagrato, vi è eretta una colonna in pietra sormontata da una croce, detta "la colonna della gogna", alla quale venivano legati i peccatori non ereticali nel periodo dell'inquisizione.
Torre campanaria La Torre campanaria, alta 49 metri, è stata ottenuta dalla sopraelevazione di una struttura di base che probabilmente era una preesistente torre avanzata del Castello, di sicura origine chiaramontana in epoca sveva ai tempi di Manfredi I Chiaramonte. Quel che oggi si vede è il risultato di varie trasformazioni intervenute in diversi momenti storici. La base è stata infatti costruita intorno al 1300, quella mediana intorno al secolo XVII e quella finale nel 1790. Alle origini, la Torre terminava con una guglia piramidale decorata su quattro lati con 4200 piastrelle maiolicate che raffiguravano S. Giorgio e commissionate dal maestro Onofrio Cosentino. Ma nel 1790, un fulmine distrusse la cuspide campanaria, la riparazione venne affidata a Nicolò Pruiti che la modellò in forma conica senza alcuna decorazione. In quella circostanza fu rifatto con pietra intagliata anche il vano delle campane.
Prospetto La facciata del Duomo contiene evidenti elementi classicheggianti coordinati abilmente con motivi barocchi, secondo il raffinato gusto del manierismo siciliano. La facciata a due ordini, è divisa verticalmente da lesene in pietra locale di stile ionico distribuite su due livelli e sormontate da una balaustra che, nella parte centrale, lascia spazio ad un'elegante loggetta fiancheggiata da quattro vasi ornamentali. Al centro pinnacoli reggono la croce. La cornice tra il primo ed il secondo ordine presenta un accentuato linearismo, ammorbidito da due ampie volute sormontate da sfere in pietra. Il collegamento tra il cornicione del secondo ordine e la balaustra è assicurato da due ampie volute fogliacee.
Al centro del secondo ordine si apre una grande finestra, anch'essa contornata da una cornice in pietra e sormontata da un timpano che richiama i motivi del portale centrale e da uno stemma con la croce di S. Giorgio. In alto, ai lati del primo cornicione, troviamo due statue di Giuseppe Ponti, raffiguranti i Santi Pietro e Paolo, del 1682.
Sontuosi portali, pure in pietra locale, contornano i tre ingressi: quelli laterali sono sormontati da timpani interi di stile dorico e finestre, mentre il portone centrale, delimitato da colonne con capitelli corinzi, regge un architrave sormontato da un timpano più grande, ma con spioventi ricurvi e spezzati in alto, per lasciare spazio ad un medaglione marmoreo raffigurante S. Giorgio a cavallo nell'atto di di salvare una fanciulla (1660), opera dello scultore Gaspare Guercio.
La Cupola La cupola, secondo il progetto iniziale, avrebbe dovuto avere forma ottagonale, ma è stata realizzata a forma di cubo e sostenuta da quattro pilastri creando qualche disarmonia stilistica. Fu innalzata nel 1772 dall'architetto Giovan Battista Cascione e decorata da Aloisio Romano di Palermo nel 1765 con medaglioni in stucco raffiguranti papi, vescovi e i Dottori della Chiesa. Gli stucchi delle vele mostrano i quattro profeti maggiori Mosè, Elia, Isaia, Geremia, opere di Ottavio Violante del 1780. Il lanternino, originariamente realizzato in muratura, è stato rifatto durante i recenti lavori di restauro in struttura metallica per alleggerire ulteriormente la volta. I dipinti delle volte e delle lunette laterali, furono eseguite nel 1950 dal pittore acese Giuseppe Bella Vasta e dal figlio, le decorazioni della volta e delle pareti in stile impero opere di Tommaso Firriolo e Giuseppe Rini del XIX secolo. Il pavimento della Chiesa lastricato con marmi grigi, neri e rosati di Carrara, è stato rifatto ed ha sostituito quello preesistente in mattonelle di maiolica.
Presbiterio Sotto la cupola, accanto alla mensa Eucaristica, in cornu epistulae, spicca il fonte battesimale del 1466 in marmo bianco monoblocco certamente di scuola gaginesca. Sulle quattro facce sono scolpiti in bassorilievo: il Monogramma del nome di Gesù Cristo, San Giorgio a cavallo e gli stemmi delle famiglie Cabrera e Prades,patrocinatori dell'opera.
Cripta I locali ipogei della chiesa sono suddivisi in vari ambienti, in essi si rinvengono le sepolture dei principi Filippo e Antonio Amato e di alcuni componenti della famiglia De Spucches.
Elementi decorativi L' interno della Chiesa Madre a croce latina, si articola in tre navate divise da sontuose colonne monolitiche in pietra locale che sorreggono arcate a tutto sesto. L'ordine della pianta, simmetrica e bilanciata, si articola come un corpo dalle membra perfette. La navata centrale si prolunga nel coro e quelle minori nell'ampio transetto. La linea architettonica, sobria e armoniosa, sottolinea l'accurata ricerca delle proporzioni, esalta l'intensa luminosità degli spazi e valorizza la preziosità delle decorazioni. Seguendo un itinerario rotatorio, da destra a sinistra, si possono ammirare moltissime opere d'arte alcune provenienti dalla precedente chiesa o da altre ora chiuse o dirute.
Navata destra Prima campata. Alla parete la tela raffigurante il beato Giovanni Liccio, sullo sfondo è presente il panorama della città, opera del pittore cagliaritano Carlo Ameglio del 1939. Seconda campata. Le due tele di San Gaetano e del Martirio di San Sebastiano, attribuite al pittore palermitano Giuseppe Velasco, noto con lo pseudonimo di Velasquez, secondo la moda spagnoleggiante del tempo XVIII secolo. Terza campata. Alla parete il trittico su tavola, inserito in una semplice cornice lignea, raffigurante la Madonna col Bambino tra San Pietro e San Giorgio, opera di autore ignoto del 1468 o 1472. La presenza di un cardellino assegnano l'esecuzione a Giuseppe Cardillo, recenti studi ne attribuiscono l'opera a Guglielmo da Pesaro. Quarta campata. Alla parete la tela raffigurante la Madonna delle Grazie con i Santi Giacomo e Francesco d'Assisi, dipinto attribuito alla scuola di Pietro Novelli. Quinta campata. Sull'altare è collocata la statua in legno policromo di San Giorgio nell'atto di schiacciare il drago, opera del 1657 dello scultore Onofrio Ruggeri. La vara processionale, in stile barocco è opera di maestranze siciliane dell'area orientale.
Navata sinistra Prima campata. La tela raffigurante le Stimmate di San Francesco, opera attribuita a Giuseppe Testa del XVIII secolo. Seconda campata. Alla parete la tela raffigurante San Gaetano di Thiene, opera di Giuseppe Velasco. Terza campata. Alla parete il dipinto su tavola raffigurante il Crocifisso, di autore ignoto del XV secolo. Quarta campata. Alla parete il dipinto raffigurante la Pentecoste, opera di Vincenzo La Barbera del XVII secolo. Quinta campata. Sulla mensa dell'altare è collocata l'Immacolata, statua lignea. In prossimità dell'ultima colonna è presente la Madonna con Bambino fra Sant'Anna e Santa Venera, opera di Vincenzo La Barbera.
Transetto Braccio destro Absidiola destra: Cappella della Madonna Libera Inferni. Sulla mensa dell'altare con elevazione costituita da due esili colonne in porfido, fra agate, ametiste, topazi e lapislazzuli, è collocata la statua della Madonna delle Grazie, opera eseguita in marmo di Carrara dagli scultori Andrea Mancino e Antonio Vanella nel 1499, nello scanello sono presenti le raffigurazioni della Nascita di Gesù e lateralmente dell'Annunciazione. L'edicola è sormontata da architrave, la volta e le pareti presentano decorazioni in oro in stile impero eseguite all'inizio del XIX secolo da Tommaso Firriolo e Giuseppe Rini. Protetta da un vetro al posto del paliotto è collocata la statua in cera raffigurante l'Assunzione di Maria.
Parete transetto destra Cappella del Sacro Cuore. Il secentesco altare dedicato al Sacro Cuore di Gesù è decorato in oro zecchino con motivi geometrici. Al centro dell'altare è collocato un tabernacolo a forma di tempietto. Sul varco della sacrestia, entro una cornice in stucco e collocata la tela raffigurante i Sette Angeli di Antonio Spadafora del XVIII secolo in stile barocco, sulla destra il Martirio dei Santi Crispino e Crispiniano. Il portale della sacrestia è caratterizzato da una trabeazione marmorea distinta in tre pezzi, raffigurante ai lati rispettivamente San Pietro, San Paolo, al centro la Madonna col Bambino fra angeli, ai lati del portale due formelle compongono l'Annunciazione del Signore e la Pietà. Tutto il complesso marmoreo si attribuisce a Francesco Laurana. Una acquasantiera marmorea con raffigurazione del Battesimo di Gesù di scuola gaginiana completa l'ambiente.
Braccio sinistro Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento. L'altare marmoreo barocco decorato con pietre dure, volute, angioletti e motivi floreali, è sormontato da un ciborio in marmo bianco con altorilievi raffiguranti Resurrezione e Storie della Redenzione: il Cristo Risorto, la Madonna col Bambino e l'Eterno Padre in alto, opere attribuite a Francesco Laurana.
Le varie parti, recuperate dalla chiesa preesistente, sono state ricomposte dall'architetto Giuseppe Valenti, agli inizi del XIX secolo. Nelle quattro tele laterali di Vito D'Anna sono trattati soggetti eucaristici: la Moltiplicazione dei pani, Melchisedech che offre pane e vino ad Abramo, il Sacrificio di Aronne, la Cena di Èmmaus. Dello stesso autore le Virtù teologali inserite negli affreschi delle volte.
Parete transetto sinistra: Cappella delle reliquie. Struttura in legno dorato, ornata con stucchi del Castelli, la pala d'altare attribuita a Pietro Novelli, raffigura il Cristo in Croce tra Santa Rosalia e San Rocco in atteggiamento di implorazione atto a preservare la città dalla peste, di Caccamo si intravede uno scorcio sulla sinistra. Accanto alla tela è collocato un trittico raffigurante il Compianto in forma di pietà. Opera di ignoto maestro dell'Italia centrale del XV secolo in terracotta policroma, proveniente dalla chiesa di San Francesco d'Assisi, è composto dalle figure centrali della Madonna che regge sulle ginocchia il figlio morto, secondo l'iconografia della pietà, con ai lati la Maddalena e San Giovanni Evangelista. A sinistra è collocata la statua lignea dell'Addolorata.
Abside
Cappellone di San Giorgio. Nell'altare maggiore in marmi policromi, con applicazioni e formelle lignee decorate in oro zecchino, è collocata una splendida tela raffigurante il Trionfo di San Giorgio del pittore Vito D'Anna del 1751. In una nicchia laterale è esposta la statua in alabastro raffigurante San Giorgio a cavallo, di pregevolissima fattura siciliana.
Le statue in gesso del transetto e del coro, rappresentano le Beatitudini e le Opere di Misericordia, eseguite dallo scultore acese Emanuele Martinez del 1955.
Le formelle della Via Crucis dello stesso autore. Il sontuoso coro ligneo opera dello scultore palermitano Vincenzo Marchese del 1756 consta di due ordini e comprende 54 stalli. L'organo antico, costruito dal maestro Santo Romano da Messina nel 1652 è stato modellato su quello della Cattedrale di Palermo.Il nuovo organo è stato costruito da Giuseppe Lugaro nel 1863 datato e autografato. È probabile che lo stesso, nell'opera di ricostruzione, abbia recuperato e riutilizzato diverse parti dell'antico organo, tra cui alcune canne. Il restauro del 1996 è stato curato dalla ditta Colletti di Bisacquino.
Sacrestia
Nella seconda sala l'affresco della volta di Vito D'Anna rappresenta la Gloria di San Giorgio , dipinto deturpato da un maldestro tentativo di restauro. Notevole la raccolta di armature del '600 per i riti processionali del Venerdì Santo, arredi sacri, bassorilievi, biografie di santi, breviari, canti e liturgie locali, cimeli, decreti su pergamena, dipinti, leggii, manoscritti di preghiere, messali, mobili, paramenti sacri ricamati in oro XVII - XVIII secolo, paliotto ligneo in stile barocco, portantina settecentesca, quadri, testi in lingua ebraica, sculture, statue, suppellettili, in parte provenienti da altre chiese dirute o chiuse al culto. Si possono ammirare inoltre opere di oreficeria, tra cui calici, ostensori, reliquiari, etc. dei periodi compresi tra il XV e il XIX secolo. Tra essi la statua - reliquiario riproducente Santa Rosalia compatrona di Caccamo, il manufatto ligneo è ricoperto in argento sbalzato, cesellato e fuso. L'effige porta sul capo la caratteristica corona di rose, presenta la conchiglia sul petto e nella mano destra il bastone: simboli del pellegrinaggio terreno. Autore è l'argentiere palermitano Agostino Natoli. La statua fu vidimata dal console della maestranza degli orafi e argentieri di Palermo del 1778 don Gioacchino Garraffa.
Alcune tele di scuola fiamminga rappresentano allegoricamente i cinque sensi, opere attribuite Jan Van Houbraken del 1635 e provenienti da una raccolta privata: 1.) La Vista è raffigurata da una giovane donna che s'imbelletta di fronte ad uno specchio, mentre un giovane nella penombra le porge dei profumi; 2.) L'Udito è simboleggiato da una giovane suonatrice di spinetta accompagnata da un flautista; 3.) Il Gusto è rappresentato da un oste che mesce il vino ad un giovane cavaliere: 4.) L'Olfatto è simboleggiato da un giovane che annusa un mellone mentre il venditore, con un coltello in mano, attende il giudizio sulla merce;
5.) Il Tatto è realizzato con una scena popolare: un cieco nell'incertezza dei passi stringe nervoso un ragazzo vestito di cenci, che atterrito cerca di sfuggirgli. Di pregio una pittura su tavola firmata da Simone de Wobreck del 1582, che raffigura la Caduta di Gesù sotto la croce durante l'ascesa al Calvario e la Veronica che asciuga il volto, opera ispirata dallo Spasimo di Sicilia di Raffaello Sanzio. La tela raffigurante il Miracolo di Sant'Isidoro Agricola, opera firmata da Matthias Stomer nel 1641 proveniente dalla chiesa di Sant'Agostino. Interessanti le due icone bizantine raffiguranti la Madre di Dio, San Teotista e le statue lignee di San Sebastiano (XVII secolo) e San Giovanni Battista (XVI secolo).