Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Il Museo Civico è sorto grazie alle donazioni di illustri collezionisti privati catanesi, rappresenta quindi una testimonianza della storia culturale della città. Alla sua inaugurazione, avvenuta il 24 ottobre 1934, alla presenza di Vittorio Emanuele III, il museo possedeva già alcune collezioni importanti. Infatti, nel 1826 Giovan Battista Finocchiaro lasciava la propria collezione di tele al Comune di Catania; nel 1868 quest'ultimo entrava in possesso anche della raccolta dei Padri Benedettini in seguito all'incameramento dei beni ecclesiastici. La collezione, istituita intorno alla metà del '700 per iniziativa dell'Abate Vito Amico e del Priore Placido Scammacca, era costituita soprattutto da reperti greci e romani rinvenuti a Catania o acquistati a Napoli o Roma.
Più complesse sono le vicende che portarono all'acquisizione, fra il 1927 e il 1930, della collezione Biscari, risalente anch'essa al XVIII secolo. Ignazio Paternò Castello V Principe di Biscari aveva raccolto nel museo collocato nel proprio palazzo gentilizio una delle collezioni archeologiche più ammirate dell'epoca, comprendente reperti provenienti dagli scavi condotti dallo stesso principe a Catania e nei fondi di proprietà della sua famiglia (Camarina, Lentini, etc.). Altri pezzi invece erano frutto di acquisti a Napoli, Firenze o Roma. Alla morte del principe, la collezione subì uno smembramento fra i numerosi eredi nonostante i tentativi del Comune di acquistarla fin dal 1862. Interventi da parte delle istituzioni pubbliche e di studiosi quali Paolo Orsi impedirono la vendita separata dei vari pezzi da parte dgli eredi, ma solo nel 1930 la collezione fu ricostituita per formare il nucleo principale del patrimonio artistico del Museo.
Tra gli esemplari provenienti da Camarina, si segnala la statua di Kore, databile alla seconda metàbdel VI secolo a.C., e la ricca raccolta di terracotte votive.Si conservano anche alcune antiche tavole, dipinti bizantineggianti che vanno dal XV al XVI secolo, fra cui un Pantocratore e una Vergine e San Giovanni Crisostomo.Dalla collezione dei padri benedettini provengono argenti di uso ecclesiastico, strumenti scientifici ed esemplari d'artigianato. La raccolta si arricchì ancora con altri acquisti, donazioni e lasciti che incrementarono per lo più la pinacoteca: al periodo tra il 19384-38 risale il legato Mirone ed al 1936-46 il legato Zappalà Asmundo, mentre è del 1947 il lascito Balsamo. Furono acquistate alcune importanti tele del pittore Natale Attanasio tra il 1961 ed il 1962, mentre tra il 1967 e il 1968 furono donati al Museo i dipinti dello stesso pittore che costituivano la collezione Brizzi de Federicis. Al 1978 risale l'acquisto di una importante raccolta di dipinti del pittore Giuseppe Sciuti.Tra le opere appartenenti a chiese e conventi catanesi ricordiamo: la Madonna in trono col Bambino (1497) di Antonello de Saliba (nipote di Antonello da Messina); Sant'Onofrio (1536) riconducibile alla scuola di Cesare da Sesto.
Dal lascito di Giovan Battista Finocchiaro provengono il San Cristoforo (1637-39) e il San Giovanni Battista (1630 circa)i Pietro Novelli e il San Luca pittore (1669) di Mattia Preti. Nel 1913, Francesco Rapisarda donava un cospicuo numero di opere della famiglia. Dal lascito Mirone sono ventitrè dipinti di artisti locali del XVIII e XIX secolo, tra cui la Nascitadi Aidone e apollo e Marsia, di anonimo. Dalla donazione Zappalà Asmundo provengono alcuni dipinti ottocenteschi tra cui La morte di Tasso(1869) di Domenico Morello e il Bimbo con gatto (1868) di Flippo Palizzi. La collezione conta inoltre di numerose stampe di diverse epoche, porcellane e oggetti di vario genere, come due preziosi violini barocchi attribuiti a Girolamo Amati e a Matteo Goffriler. Nel 1947 giungevano anche i dipinti dell araccolta ottocentesca di Natale Balsamo, fra cui il Pescatore di Francesco Lojacono e la Cuoca (1865 ca.) di Domenico Induino.