Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di Santa Croce e monastero delle Benedettine
Corso Vittorio Emanuele II, 1
Il complesso sorge in Via Vespri Siciliani, in asse con una delle vie principali della città.
Cronologia delle principali fasi costruttive:
1531: Fondazione del Monastero annesso alla chiesa preesistente dedicata a Santa Maria della Neve
1590: Il complesso monastico, dedicato al SS.Salvatore, cambia il nome in Santa Croce per una reliquia ad esso donata dalla Contessa Moncada
1618: Ampliamenti di varie officine
1625: Ampliamento delle terrazze
1780: Trasferimento delle monache presso il Collegio gesuitico
1807: Restauro a cura del sue. Vincenzo Barile e rientro delle monache nel convento
1912: Le scuole elementari femminili occupano l'ala nord del monastero
Storia:
Il conte di Caltanissetta Antonio III Moncada nel 1531 fondò il Monastero annesso alla preesistente chiesa di santa Maria della Neve; nel 1590 il complesso monastico cambia nome intitolandolo Monastero di Santa Croce in onore di una reliquia donata dalla Contessa Moncada.
L'edificio subì alcuni rimaneggiamenti tra la fine del XVI secolo e il XVII secolo e venne ampliato con tre dormitori, nuove
stanze per le monache un grande refettorio, due magazzini forniti di vettovaglie, e un giardino a mezzogiorno. Nel contempo si realizzò
l'ingrandimento della chiesa con un nuovo coro ed il prospetto fu raccordato con la facciata del convento.
Nel 1618 si ebbe la necessità di ingrandire il dormitorio per l'aumentato numero di educande e novizie; inoltre si aggiunsero varie officine e si ampliò il terrazzo, opere che vennero concluse nel 1625.
Nel 1660 durante la costruzione di un muro in contrada S. Spirito un contadino, Giacomo Marchesi, trovò un masso che spaccato nell'interno, attraverso le venature della pietra, raffigurava l'immagine del Cristo in Croce, così il rev. Girolamo Mammana proprietario del fondo, lo donò alla sorella Giulia, Abadessa del Monastero. Dopo l'improvvisa guarigione di una monaca paralizzata, venne istituita una Commissione dal vescovo di Girgenti perstabilire che non vi fosse intervento dell'uomo nel disegno della croce. Accertato l'evento miracoloso il Vescovo concesse l'approvazione per la pubblica venerazione del Crocifisso della pietra, proclamando giorno di festa il 25 settembre, data del ritrovamento.
Il monastero continuò ad essere abitato dalle benedettine anche a seguito della soppressione degli ordini religiosi sancita dopo l'Unità d'Italia, ma nel 1908 le suore lasciarono la città.
Nel 1912 l'ala nord del monastero fu adibita a scuola elementare femminile, e durante la Grande Guerra il monastero e la chiesa furono requisiti dal governo per quattro anni.
Nel 1924 la chiesa venne elevata a parrocchia dal vescovo Monsignor Giovanni Iacono. Nel 1967, con la costruzione della via Medaglie d'Oro, fu demolito parte del monastero insieme ai resti della porta della Badia, già gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1943.
Descrizione:
La chiesa a navata unica possiede una facciata con campanile a vela in cui il primo ordine contiene una teoria di finestre del prospetto della sacrestia, tale ordine è ritmato da paraste in conci di pietra arenaria. II portale sormontato da un timpano curvo spezzato nei due lati è
arricchito da decori. Tutte le finestre sono protette dalle "gelosie" grate in ferro con tipica sagoma che consentivano la visione senza l'affaccio diretto sulla strada.
Al monastero e alle benedettine che vi abitavano sono legati due pasticcini tipici di Caltanissetta, le crocette e le spine sante, dolci in origine preparati annualmente in occasione della festa dell'esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre, per ricambiare ai favori che le suore ricevevano dalle persone esterne al monastero. Cadute nel dimenticatoio dopo la partenza delle suore dalla città, sono state riscoperte negli anni 2010. Sono realizzate con prodotti tipici del comprensorio, tra cui mandorle, cotogne, scorze d'arancia, miele e alcune varietà locali di grano.