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::villa-del-tellaro»I mosaici della villa » Storia

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"La qualità artistica dei mosaici apparve fin da subito eccezionale, ma le tessere erano molto provate, perchè tra l'altro si scoprì che la villa era stata devastata da un incendio.

Giuseppe Voza
Soprintendente ai Beni culturali di Siracusa



Piantina



Da una passerella soprelevata si possono ammirare sulla sinistra la grande striscia a tappeto con ricchi festoni d'alloro in forma di medaglioni circolari che delimitano degli ottagoni a lati curvi decorati da motivi geometrici e floreali.
Mosaici del Tellaro Una pavimentazione a mosaico lunga quindici metri e larga 3,70 mt., di eccezionale policromia, che accoglieva il visitatore che entrava nella villa, strutturata intorno ad un grande peristilio. Questi motivi sono abbastanza noti in ambiente africano e denominati "entrelacs de coussins".
Su tale corridoio si affacciano altri due ambienti che conservano i mosaici figurati.
Sulla destra, tre pavimenti che in successione narrano scene di caccia, dettagliate immagini di fiere che attaccano uomini con armature, eleganti figure femminili, banchetti, scene mitologiche e danze di satiri e menadi, cavalli che attraversano un fiume con le zampe immerse nell'acqua mossa.
Primo ambiente
La pesatura di Ettore Nella prima stanza che da est si affaccia sul lato nord del portico, una straordinaria scena centrale con la rappresentazione del riscatto del corpo di Ettore. Proprio su questa scena insistevano le fondazioni della masseria ma il lavoro di recupero fatto ha permesso nonostante tutto di interpretare la scena rappresentata: Ulisse, Achille, con l'alto cimiero piuma, e Diomede da una parte identificati in alto da un'incisione in greco, dall'altra dovevano trovarsi presumibilmente, Priamo, la cui figura è andata perduta, e i Troiani che presenziano alla pesatura del corpo di Ettore, di cui sul piatto della bilancia si conservano solo le estremità inferiori, l'oro del riscatto era nell'altro piatto di sinistra.
Quest'episodio, non ricordato nell'Iliade di Omero, si può ipotizzare tratto dalla tragedia "Frigi" di Eschilo, andata perduta. E' meraviglioso come tale mosaico renda tutta la forza evocativa del solenne evento narrato 15 secoli prima nel poema omerico. Qui tutta la alterigia di Achille che obbedisce all'ordine di Teti "d'Ettore il corpo al genitore rendi e il prezzo del riscatto accetta" ( Iliade XXIV , 360). Qui il volto del fortissimo Diomede.
Dall'altro versante il mosaico non integro mostra solo il volto dell'araldo Ideo, e due lettere che attestano la presenza di Priamo, ci riconducono al verso omerico " il mesto veglio e il suo fido araldo entrambi pensierosi e muti" ( Iliade, XXIV 360).
La tigre La drammatica rappresentazione era incorniciata da una fascia decorativa ricca di piante e animali: tra essi una splendida tigre intenta a spiccare un balzo.
I particolari del felino sono resi con un dosaggio sapiente dei colori paragonabile a un affresco più che a un mosaico.
«Lo studio cromatico nella posa delle pietre, le dimensioni delle tessere, che si riducono sensibilmente nelle sfumature dei volti e dei musi, per rendere ancora più precisi i dettagli, fa pensare che gli autori erano artisti raffinatissimi» valuta Voza. 
Secondo ambiente
Il secondo ambiente, attiguo al precedente, ad ovest di esso per l'esattezza, presenta una composizione musiva più complessa: Primo ambiente
Il satiro e la menadenei 4 angoli del pavimento sono raffigurati altrettanti 4 crateri con la bocca ricolma di frutti da cui si dipartono festoni di alloro che incontrandosi inquadrano nella parte centrale del pavimento una formella quasi del tutto perduta, e delimitano 4 zone semicircolari contenenti altre 4 formelle rettangolari con scene figurate. Esse sono contornate da una fascia a onda sovrastata da un motivo a conchiglia. Il tutto è perimetrato da un motivo a onda e a fiori di loto. Questa composizione inquadra perfettamente le scene simmetriche raffiguranti un satiro e una menade presso un'ara in atto di danza, rese su un fondo bianco.
Terzo ambiente
Il terzo ambiente sul lato nord del portico attiguo al precedente e ad ovest di esso, presenta scene di caccia contornate da una fascia perimetrale con rappresentazioni di volatili, animali acquatici e svastiche. Le scene del racconto sono distribuite asimmetricamente e tenute insieme da elementi naturali quali rocce, vegetazione e acque.
Il pavimento musivo (6 metri e 40 per 6 e 20) presenta su tutta la parte più bassa un banchetto all'aperto tra gli alberi e con i sei commensali disposti intorno ad un grande piatto con portate, sotto una tenda tesa tra rami di alberi raffigurati in maniera sorprendentemente realistica. Nell'estremità sinistra si osserva l'affaccendarsi dei servi atti all'apprestamento delle portate e al servire; infine un gruppo di cavalli che si riposano dopo la caccia.
Nella parte alta si scorgono i cacciatori che assistono all'ingresso nelle gabbie delle fiere catturate.Il leone Una figura accosciata tiene aperto il portello per favorirne l'accesso mentre al centro un cavaliere sferra un colpo di lancia a un leone che ha appena ucciso una gazzella. il felino si erge imponente con la sua folta criniera sul corpo straziato dell'antilope che sanguina.
Nella zona sottostante a destra il passaggio in una palude di un carro che trasporta belve catturate; il carro è accompagnato da un cavaliere, da servi e cani; a terra uno dei tre personaggi paludati impugna un bastone simbolo di comando. Poco più in basso si intravede una figura femminile con lo sguardo rivolto alla tigre che assalta un altro dei cacciatori. Le scene di caccia gravitano intorno ad una figura femminile centrale, seduta su un trono di rocce circondato da una rigogliosa vegetazione, che viene identificata come la personificazione dell'Africa. Ha, infatti, tratti comuni a quella del mosaico della Grande caccia di Piazza Armerina.
La figura, danneggiata su tutta la parte centrale presenta integro solo il volto con lo sguardo rivolto verso un cacciatore che enorme che soggiace all'assalto di una tigre, mentre un cavaliere tenta di colpire la belva dopo che essa ha già azzannato lo scudo del ferito
Impossibile risalire alla destinazione delle camere. «Non c'è nulla che ci aiuti a capire se c'era un legame tra la scelta dei soggetti e l'uso delle stanze. E purtroppo il fuoco ha cancellato quasi tutte le tracce della vita quotidiana» conclude Voza. «Si sono salvate solo alcune monete, ceramiche e attrezzi di lavoro che stavano nel piano sottostante a quello dei mosaici.
In generale, tutti i mosaici della villa del tellaro sono riconducibili a maestranze operanti nei grandi centri dell'Africa settentrionale tra il III° e il IV° sec.d.C.: la policromia, gli elementi decorativi, il movimento delle scene mai cristallizzato ma reso sempre vivo.Da non sottovalutare inoltre la componente figurativa romana (come accennato in precedenza) rilevabile nelle figure dei banchettanti che riportano all'iconografia imperiale tra il 337 e il 360 d.C. e alle rappresentazioni dell'arco di Costantino.
«Una committenza certamente colta - dice il professore Voza - la qualità artistica dei mosaici apparve fin da subito eccezionale, ma le tessere erano molto provate, perché tra l'altro si scoprì che la villa era stata devastata da un incendio. Probabilmente fu questa la causa che provocò l'abbandono della villa». Motivazione che del resto trova riscontri storici nel racconto sulla vita di Santa Melania, che a seguito delle persecuzioni, si spostò da Roma alla Sicilia, dove la sua famiglia possedeva ben sessanta ville. Melania si rifugiò in una di queste e da qui raccontò di aver visto un grande incendio devastare questa parte della Sicilia.
Sullo strato di macerie e cenere abbandonato per secoli solo nel 1700 venne costruita una fattoria, tranciando i mosaici scampati alla distruzione e seppellendoli sotto 50 centimetri di terra e pietre.
Il professore Voza spiega le caratteristiche speciali di queste opere musive:
I mosaici del Tellaro «Gli episodi vengono narrati con scene in movimento. Una naturalezza e una vivacità che definirei rinascimentale, senza contare le intuizioni prospettiche e la raffinatissima resa dei cromatismi. Ipotizzerei una mano doppia, di artisti nordafricani insieme a mosaicisti italiani che hanno dato vita a questo lavoro straordinario».
La scelta di ricollocare i pavimenti musivi nel sito di origine è stata fortemente voluta da Voza, che ne spiega la motivazione in ordine ad una maggiore chiarezza:
«Per me la lettura migliore dell'opera si ha nel luogo d'origine, perché l'intero contesto determina una maggiore mole di informazioni e rende particolarmente leggibile questi mosaici in relazione al sito, Si configura così una mappa di ville che comprende Piazza Armerina, il Tellaro, la villa di Patti Marina e il recente ritrovamento di Avola. Mappa che potrebbe arricchirsi con nuove scoperte».




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