Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa del SS. Salvatore
Piazza Roma
La chiesa del SS. Salvatore sorge, come scrive lo storico agirino Bonaventura Attardi, ove nei tempi antichi situata fu la nostra patria, cioè nel nucleo dell'originario insediamento della città di Agira. E' sita, infatti, in uno dei quartieri più antichi sotto il monte occupato dal Castello, proprio accanto ai resti della sua cinta muraria, prospiciente una piazza dove secondo una tradizione (non documentata) sorgevano la basilica ed il foro romano. E' tra le più vetuste e le più prestigiose parrocchie agirine.
Venne eretta in epoca normanna ( XII secolo) sui ruderi di una costruzione pagana grazie alla famiglia Parisi. Dalla fine del XII secolo fu soggetta come le altre chiese esistenti in quell'epoca ad Agira alla giurisdizione del monastero di San Filippo, per privilegio concesso da Ansgerio primo vescovo di Catania, e confermato nel 1170 dal vescovo Roberto. La storia del SS. Salvatore è infatti per secoli legata a quella dell'abbazia di San Filippo, già Santa Maria Latina di Gerusalemme, che ha detenuto sino alla metà dell'Ottocento anche il possesso della navata sinistra della chiesa.
Pur nel contesto di questo legame/dipendenza, il SS. Salvatore esercitava pienamente i diritti parrocchiali sul proprio territorio che si estendeva sino alla chiesa di Sant'Antonio da Padova sua suffraganea.
Nel 1537 il visitatore generale della diocesi di Catania concedeva ai cappellani del SS. Salvatore di amministrarne i sacramenti; e ancora nel 1553 il vicario ordinava che cinque cappellani del SS. Salvatore andassero di anno in anno nella chiesa di Sant'Antonio da Padova come membro di detta parrocchia et illa serviri di tutto lu bisognu per lu servizio di Idio cultu divinu et per commodità di lu populo li quali al minus debbiano celebrare dui missi lu iornu.
E alla fine del secolo la chiesa del SS. Salvatore diventa depositaria dell'arca coperta di velluto rosso contenente le sacre reliquie della città di Agira le cui chiavi erano tenute dal priore per conto dell'abate di San Filippo e dalla giurazia e, pur non senza contrasto con le altre chiese, ne gestiva la celebrazione e le pratiche rituali.
Nel 1689 il vescovo di Catania Francesco Carafa, erige la chiesa del SS. Salvatore a Collegiata (contemporaneamente ad altre tre parrocchie cittadine Santa Margherita, Santa Maria Maggiore e Sant'Antonio da Padova) e cento anni dopo nel 1787 il vescovo Corrado Maria Deodato concede al collegio canonicale il privilegio di indossare nelle funzioni più importanti la mozzetta violacea con cappuccio.
Il SS. Salvatore ebbe sotto la sua giurisdizione anche la vicinissima chiesetta di Santa Croce nella quale era seppellito fra Frabritio da Sinagra (1560-1612, noto come Beato Diego) che odora di santità per li molti miracoli che ha fatto.
La chiesetta, prima romitorio di fra Diego poi oratorio della confraternita di Santa Croce o del SS. Sacramento, era sorta in seguito alla espulsione degli ebrei dal regno di Sicilia nel 1492, al posto della Casa di Giacobbe una sinagoga, costruita nel 1454 da una comunità ebraica presente in Agira dalla seconda metà del Trecento, la cui testimonianza è oggi l'Aron in pietra, o arca santa, nella quale veniva custodito il rotolo della Torah, manufatto oggi ricomposto nella navata sinistra del SS. Salvatore, una rarità artistico-religiosa pressoché unica nell'area mediterranea.
Il parroco del SS. Salvatore fu ed è guida spirituale delle compagnie/confraternite di Santa Croce e/o del Sacramento sotto titolo di S. Pietro e Paolo e della Madonna del Rosario, inoltre da secoli esercita il privilegio di celebrare gli uffici sacri nel monastero della SS. Annunziata.
Nel tempo la chiesa ha scandito la vita religiosa di Agira, godendo del privilegio esclusivo sulle processioni del Venerdì Santo, della Pentecoste e del primo Maggio. Durante quest'ultima processione dedicata a San Filippo Diacono, le sacre reliquie della città di Agira deposte nell'arca coperta di velluto rosso venivano traslate dal SS. Salvatore in solenne processione sino all'Abbazia ed esposte alla devozione del popolo nella celebrazione della festa del santo patrono San Filippo l'11 e il 12 maggio per poi farvi ritorno con la processione della Pentecoste.
Il SS. Salvatore oltre che della processione del Venerdì Santo è ancora fulcro della suggestiva tradizione religiosa del Cristo Risorto nella domenica di Pasqua che si conclude a codda di suli, con l'incontro (u 'ncuontru) di Cristo e sua Madre, che si china al Figlio Risorto messo in scena dai confratelli della Madonna del Rosario.
Dal punto di vista architettonico la chiesa del SS. Salvatore è una sintesi di stili diversi per i continui rifacimenti cui è stata sottoposta nei secoli. L'impianto originario risale al XII secolo. Tracce di stile di epoca normanna e aragonese sono evidenti alla base del campanile danneggiato durante il terremoto del 1693 e incompiuto nella sua successiva ricostruzione tanto da presentare oggi una disarmonica e grezza cupola.
La scultorea e bella facciata, tardo rinascimentale con elementi barocchi è stata costruità a metà Seicento come testimonia l'iscrizione sul portale le cui colonne con il timpano spezzato rimandano ad un probabile preesistente protiro (piccolo portico a cuspide).
L'interno è caratterizzato da due ordini di colonne con leggera entasis (rigonfiamento del fusto della colonna a circa un terzo dell'altezza) e restringimento in alto che sorreggono ampie arcate a tutto sesto e dividono la chiesa in tre navate in una insolita forma pressoché quadrata, quasi certamente dovuta ad un ridimensionamento della lunghezza per cedimento del terreno, evidenziato dai tagli nei capitelli e nelle basi delle stesse colonne. I capitelli uno diverso dall'altro un tempo colorati, sono scolpiti con volute, mascheroni barbuti, foglie di acanto o di giglio, motivi stilizzati propri dell'iconografia della Vergine.
Le colonne sono identiche (per materiale, stile e proporzioni) a quelle della navata minore della chiesa di Santa Maria Maggiore. Il tetto è in legno, a capriate. Nel pavimento si trova una bella lapide in marmo che copre il sepolcro del prevosto don Lorenzo de Marco (1617).
Un ruolo importante nella vita devozionale e cerimoniale della città di Agira ha rivestito la navata di sinistra del SS. Salvatore la cui giurisdizione, come già detto, era di pertinenza dell'abbazia di San Filippo e i cui abati ne difesero il possesso contro gli attacchi del potere vescovile. Venne destinata a cappella privilegiata del culto di san Filippo Diacono di Palermo (detto san Filippu u nicu o San Fulippuzzu). L'abate Giuseppe Saladino alla fine del '500 ne adornò l'altare con una raffinata cornice in alabastro scolpita da mastro Pello de Anna fabbricatori et scultori. L'antico cancello di ferro dell'altare serrava sino a tempi recenti il luogo dove si conservava l'arca delle reliquie cittadine.
Nell'arca infatti, dapprima deposta nell'abbazia di San Filippo, si custodivano e si custodiscono ancora oggi le numerose cose sacre inerenti i Luoghi Santi della Palestina che i monaci di Santa Maria Latina, fuggiti da Gerusalemme riconquistata dal Saladino, portarono a fine XII secolo nel monastero di San Filippo, e ancora il braccio d'argento del santo patrono, le reliquie di San Niceforo, di San Cono, di San Filippo Diacono e il Latte della Beatissima Vergine Maria dentro una carobilla di cristallo incastata d'argento, reliquia particolarmente cara a Santa Maria Maggiore che ne curava i festeggiamenti per la solennizzazione della festa dell'Assunzione nella propria parrocchia. E nel tesoro della città accanto a queste preziose res sacra si trovano, venerate anch'esse come reliquie, due delle quattro meravigliose e sontuose insegne pontificali dell'abate di Santa Maria Latina/San Filippo, la mitria e il pastorale, attribuite erroneamente dalla tradizione a San Luca Casali di Nicosia e dalla critica all'abate Rainerio da Messina che li avrebbe donati nel 1306 alla abbazia. Tuttavia un recentissimo studio basato sulla lettura diretta delle fonti propone interpretazioni diverse relativamente alla committenza e alla datazione di questi due magnifici gioielli di arte sacra suntuaria siciliana.
La mitria (prestigioso copricapo liturgico privilegio esclusivo di papi, cardinali, vescovi e abati) nella configurazione attuale è il risultato di diversi rifacimenti nel tempo tanto che si può parlare di una mitra antica e di una nuova. Quest'ultima, che è quella che si ammira oggi, venne realizzata tra il 1552 e il 1557 per volontà dell'abate commendatario di San Filippo, utilizzando la ricca iconografia bizantina degli smalti traslucidi policromi, le gemme, le perle, il ricamo in oro della mitra più antica che era stata costruita alla fine del XIV sec. e donata alla sacristie ecclesie beati Philippi, per la cui manifattura venne impiegata la cospicua somma di dodici onze d'oro e sei tarì, probabile prodotto di una bottega che lavorava sul modello delle nobiles officinae del palazzo reale di Palermo e quindi assimilabile a quella raffinata temperie artistico-culturale normanno-sveva che andava sfumando.
Il pastorale (simbolo dell'unione del potere spirituale e temporale esercitato dall'abate di San Filippo sul suo territorio) è costituito dal bastone in mogano in quattro pezzi e dal bacolo in argento dorato. Il bacolo, probabile opera del XIV secolo, porta nel nodo sei smalti che raffigurano alternativamente la Croce di colore rosso avente in basso alla destra dell'asse verticale l'estensione laterale della L di Latina e su fondo azzurro angeli con la croce patente. All'interno della spirale del riccio due smalti quadrilobati rappresentano seduta su un faldistorio la Madonna con il Bambino (Mater Domini).
Nella navata di destra vi è l'altare dedicato alla Madonna del Rosario che conserva un omonimo quadro databile alla metà del Settecento e simile a una tela, anch'essa intitolata alla Madonna del Rosario, che si trova proprio nella abbazia di San Filippo opera nel 1745 del pittore nicosiano Filippo Randazzo.
La chiesa del SS. Salvatore conserva infine una preziosa tavola raffigurante San Filippo secondo i motivi dominanti la successiva iconografia che lo rappresenta in abiti abbadiali con la mano destra benedicente mentre con la sinistra tiene aperto un libro, quale simbolo del rotolo contenente un decreto apostolico, e regge la catena di un demone sotto i suoi piedi: chiaro riferimento alla tradizione agiografica che descrive San Filippo di Agira come presbitero apostolico e persecutore di demoni.
Questo quadro è ciò che resta di un polittico di cui si ignora la data di composizione e l'autore. Lo si potrebbe riferire alla fine del Trecento: in una inedita pergamena del 14 febbraio 1334 sta scritto che l'abate di San Filippo Eustachio di Accon e frate Giovanni da Troina ricevettero un contributo di quattro onze d'oro dalla città di Caltagirone per una ycona in qua sit depicta figura sancti Philippi cum miracolis suis.