"Tutti stiano fermi dove sono.
Non indietreggiate per nessun motivo. Mettetevi al coperto da tiro dei carri armati. Non lasciate passare niente.
I cannoni stanno arrivando. Abbarbicatevi alle vostreposizioni!."
Com. Col. George Taylor
C'era un vuoto di circa 15 miglia tra la spiaggia degli inglesi e quella americana più verso oriente. La "Cent Force", 45esima Divisione ( Generale Maggiore T. H. Middleton ), si gettò sulle spiagge a destra e sinistra di Scoglitti e cercò di spingersi verso l'interno per circa sette miglia, in molti posti unendosi a piccoli gruppi di paracadutisti. Più a ovest, la 'Dime Force', prima Divisione ( Generale Maggiore T. de la Mesa Allen ), attaccò il settore di Gela. Mentre i 'Rangers' attaccarono la città stessa, la principale forza della Divisione atterrò sulle spiagge tre miglia ad est. Presto gli americani iniziarono a muoversi verso l'interno, verso gli obiettivi loro assegnati. Sul fianco sinistro della Settima Armata,' Joss Force' arrivò sulla terraferma ad est ed ovest di Licata. La terza Divisione ( Generale Maggiore L. K. Truscott ) prese il porto con un movimento a tenaglia e alla fine della giornata aveva preso tutti gli obiettivi del suo D- Day.
Principale obiettivo dei movimenti di contro invasione dell'Asse, Gela fu attaccata su tre lati nel D-Day. Una colonna italiana, 13 carri armati con fanteria di scorta dal Gruppo Mobile E , sebbene fossero stati distrutti dal bombardamento navale proveniente dallo Shubrick, entrarono nella stessa Gela dove iniziò un gioco mortale a nascondino con i 'Rangers' che li respinsero con granate lanciate a mano e lanciarazzi. Lo stesso Colonnello Derby scese in spiaggia e ritornò con un cannone da 37mm requisito e distrusse un carro armato. Tra le granate, due dei suoi uomini trasportarono blocchi da 15 libbre di TNT in cima ad un edificio e li lanciarono sui carri armati.
La reazione dell'Asse agli sbarchi del nemico fu condotta in tre modi. In primo luogo, non appena ne furono a conoscenza, il Generale Guzzoni ordinò un contrattacco contro la linea della spiaggia che egli riteneva più pericolosa: quella di Gela. La Divisione di Herman Goering, dalle sue basi intorno Caltagirone, aveva il compito di attaccare da nord-est, assistito da due dei gruppi mobili italiani che erano già più vicini alla costa, e la Divisione Livorno doveva fare lo stesso dal nord-ovest. L'attacco doveva essere forte e coordinato. In secondo luogo, egli ordinò che la Divisione ' 15. Panzergrenadier ', che aveva già completato uno spostamento verso la Sicilia occidentale, ritornasse sui propri passi e tornasse al centro dell'isola. In terzo luogo, verso il tardi del D-Day, non appena ebbe saputo della perdita di Siracusa, egli ordinò al ' Kampfgruppe Schmaltz ' e alla Divisione Napoli di precipitarsi verso sud da Catania e riprendere il porto. A causa delle cattive comunicazioni, l'ampio fronte visualizzato e spinto verso Gela si trasformò in una serie di attacchi indipendenti e scoordinati provenienti da piccole unità in vari momenti e in vari posti lungo il centro del fronte americano. Il primo attacco dal Gruppo Mobile - E -, fu respinto dal fuoco navale americano e fu fermato nei pressi di Piano Lupo da valorosi combattenti paracadutisti e successivamente dalle truppe della 1a Divisione, e a Gela dai Rangers di Darby. L'attacco della Divisione Livorno fu furiosamente respinto anche dai Rangers. La Divisione 'Herman Goering' ( Generale' Fallschimtruppen' P. Conrath ), uscendo da Caltagirone in due colonne, si muoveva molto lentamente e non attaccò fino alle due del pomeriggio. La sua colonna occidentale fu fermata a Piano Lupo dal devastante fuoco navale; la sua colonna orientale ebbe uno scontro con la 45a Divisione e, dopo una battaglia dura, si disperse nel panico. Così i contrattacchi dell?Asse nel D-Day fallirono del tutto.
D+1 fu il giorno cruciale di battaglia per le spiagge della Settima Armata. Guzzoni aveva rinnovato l'ordine di contrattacco, ma questa volta meglio coordinato. Per tutto il giorno la battaglia infuriò sulla piana, a forma di zoccolo di cavallo, di Gela e sulle colline che la circondano.
Gli uomini del 33° e 34° Reggimento della Divisine Livorno, colpendo verso Gela da ovest, furono respinti dall'artiglieria navale e dal fuoco dei mortai. Quest'azione distrusse del tutto la Livorno come forza di combattimento.
Nel D+1, una forza di paracadutisti statunitensi ed alcune truppe della 45a Divisione, radunate dal Comandante di assalto aereo, Colonnello J. M. Gavin, combatté una terribile battaglia contro una colonna della 'Herman Goering' sull'altura di Biazzo vicino Biscari. Condotti personalmente da Gavin, gli americani pesantemente armati presero l'altura, fermarono il nemico e gli impedirono di incontrarsi con altre colonne per un contrattacco contro le spiagge.
La 'Herman Goerin' adesso attaccò in tre colonne. Quella più ad oriente fu presa da un enorme numero di truppe paracadutiste e la 45a Divisione Fanteria, radunata dal Colonnello J.M. Gavin, il capo dell'attacco aereo statunitense, in un posto chiamato altura Biazzo. La forza di centro fu nuovamente fermata ai blocchi stradali di Piano Lupo. Ma la forza occidentale con circa 60 carri armati, riuscì a penetrare nulla piana di Gela, sopraffacendo parecchie unità della 1a Divisione e giungendo a circa 2 Km dal mare. Furono fermati brevemente da un mortale fuoco navale e da un tentativo disperato di fermare la 1a Divisione, assistiti da ingegneri di spiaggia e da elementi della 2a Divisione Armata e dall'artiglieria che sparava dalle dune.
Messa in fuga dal fuoco navale, la 'Herman Goering' si ritirò nelle colline verso nord, lasciando indietro, sulla piana, 16 'Panzers' fuori uso. Complessivamente la divisione di Conrath perse 43 carri armati in due giorni. La trionfale presa di Gela fu resa amara da una tragedia che si verificò quella sera, quando a dispetto delle assicurazioni che essi non sarebbero stati attaccati da forze amiche se avessero oltrepassato in volo la strada prescritta, il convoglio aereo che trasportava il Reggimento della 504a Fanteria paracadutisti in Sicilia, fu colpito da una contraerea navale alleata. Le 2000 unità di paracadutisti dovevano essere lanciate per rinforzare la testa di ponte di Gela. Dei 144 C-47s, 23 rimasero dispersi e 37 furono seriamente feriti. In tutto morirono 61 uomini di equipaggio. Ottantuno vittime rimasero uccise, 133 ferite e 16 disperse.
A poca distanza verso ovest, la strada rialzata Ponte Dirillo ed il ponte conducevano verso la 115 attraverso l?ampio estuario dell?Acate. Vitale per unire le teste sulle spiagge della 1a e 45a Divisione, fu conquistata nel D- Day da 85 truppe paracadutiste della compagnia G della 505a Fanteria Paracadutisti. Nel D+1, i paracadutisti ed il secondo battaglione della 180a Fanteria, che si erano uniti a loro dalla 45a Divisione spiagge, furono contrattaccate dalla colonna 'H. Goering' di Biscari. Una compagnia fu costretta a ritirarsi verso le spiagge, ma il resto mantenne la propria posizione finché non giunsero i soccorsi. Proprio ad ovest del ponte, presso una casa di campagna lungo la strada statale 115, c'è il monumento alla 82a Divisione aerea. Il Tenente Colonnello Arthur Gorham, Comandante del 1° Battaglione, 505a Fanteria Paracadutisti, fu ucciso a Ponte Dirillo. In realtà Gorham fu ucciso un pò più ad ovest, a Piano Lupo il 12 luglio, da un tiro diretto proveniente da un carro armato ' Tiger ' mentre cercava di metterlo fuori uso con un bazooka.
L'11 luglio, la 3a Divisione estese la testa di ponte della Settima Armata da Licata verso Ovest. La Settima Fanteria, dopo una dura battaglia casa per casa, spinse i difensori italiani fuori da Palma di Montechiaro. Nello stesso tempo, il Comando Combat A e la 2a Divisione Armata, si unirono alla 3a, fecero un attacco alla successiva città di Naro.
Nel frattempo sul fronte inglese la 5a Divisione conducente '13 Corps' si dirige verso nord lungo la strada statale 114, si scontra con il 'Kampfgruppe Schmaltz' l'11 luglio e viene fermata. Dopo ciò, gli inglesi dovettero combattere quasi in ogni città lungo il loro cammino verso Catania. Il 12 luglio, la 15a Brigata catturò Melilli.
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