Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa M. SS. Della Croce
Via G. F. Ingrassia, 104,
La chiesa sorge in una delle aree più centrali di Regalbuto, addossata ai piedi del pendio della zona cristiana, ai confini tra quest'ultima e il quartiere saraceno: proprio di fronte alla chiesa di S. Giovanni e alla scomparsa chiesa di Sant'Agostino. Posta in uno dei vertici del rettangolo dell'antica Piazza Santa Croce (oggi Vittorio Veneto), che un tempo fu la più bella della città, i Regalbutesi la costruirono, sembra, verso la fine del XV secolo. La chiesa elevata nel 1527 a suffraganea della parrocchia San Basilio (Matrice) 'dal Vicario Generale di Mons. Scipione Carozolus, vescovo di Catania, fu sostanzialmente ultimata, per quanto ci è dato supporre, intorno alla seconda metà del Cinquecento. La costruzione della fabbrica fu poi ripresa intorno alla seconda metà del Seicento e fu portata a termine, secondo i canoni estetici del tempo, nel 1744. La decorazione interna fu invece completata nel 1805. Nonostante la ristrutturazione settecentesca, l'edificio non ha tuttavia perduto il riposato equilibrio e il pacato splendore della forma basilicale, in cui la consonanza e l'esatta definizione delle parti nascono da un puro rapporto di proporzioni. Si tratta d'un grande impianto a tre navate, scandite da dieci pilastri a pianta crociata e ampio transetto su cui sboccano le tre absidi maggiori; due absidiole semicircolari contrapposte, lievemente aggettanti rispetto al perimetro murale, chiudono infine i lati minori della nave trasversa. Un corridoio che corre sotto la navata centrale ed il transetto collega i vari ambienti della cripta sottostante. Le tre navate sfociano, attraverso arcature a pieno centro, nel luminoso transetto sopraelevato, più alto della navata di mezzo e che risalta sulle fiancate, mentre, delle tre absidi, solo il catino centrale s'incurva profondamente verso l'esterno in un grande corpo prismatico che sovrasta i prismi squadrati delle absidi laterali.
La sopraelevazione del presbiterio, su cui riposa l'abside maggiore elegantemente slanciata verso l'alto e predominante sulle altre, imbeve di luce diretta tutto il coro e spezza nel frattempo la lunghezza dell'ambiente, iniettando nella cassa muraria il senso di una incombente gravità, evidenziata ancor più dai robusti pilastri su cui poggiano, solidamente, gli archi a tutto sesto che scandiscono lo spazio in campate regolari: la copertura è a crociera sulle navatelle e a volta cilindrica lunettata, in corrispondenza delle finestre laterali, sulla navata di mezzo. L'appesantimento delle pareti e l'accentuazione dei rapporti di carico e di sostegno sono alleggeriti dai barbagli policromi dei finissimi stucchi settecenteschi i quali, ricercati con alternanza di tonalità varie di azzurri, di oro e di bianco, non sminuiscono le definizioni plastiche ma segnano ritmicamente, il corso tranquillo e armonioso dell'aula nelle grandi arcate che ripartiscono gli spazi interni. Le altezze di queste arcate, delimitate in alto dalla forte cornice su cui s'incurva la volta centrale, sono inoltre calibrate in modo tale che l'osservatore posto al centro dell'edificio le veda proiettate, in un lento archeggiare, lungo l'asse longitudinale della chiesa che si conclude nella maestà della conca absidale. Anche all'esterno, nella volumetria d'insieme dell'edificio, il transetto emerge con uno stacco preciso sulle navate, mentre la facciata orientata a ponente si erbe, in posizione predominante, sulla sommità di una scalinata costruita nei primi anni del Novecento a spese del sagrato. L'aspetto scenografico del prospetto acquista così un'imponenza che sovrasta l'ambiente urbano circostante e richiama, con variazioni ingegnose, forme dell'architettura barocca romana e specialmente motivi cari al Maderno, al Cortona e a Carlo Rainaldi. L'adesione al linguaggio barocco romano è però ottenuta attraverso una lettura che tiene conto della contemporanea architettura siciliana, con un risultato di scioltezza compositiva e di forti contrasti luministici, oltre che plastici e dinamici, i quali non si ritrovano nei modelli romani, ma fanno parte della fervida fantasia di alcuni architetti siciliani: basterà ricordare Angelo Italia, Paolo e Giacomo Amato. Il prospetto grandioso e plastico nel gioco delle colonne aggettanti, ma anche arioso e leggero per la consonanza tra lo schema orizzontale ed il verticale, ripete il tema compositivo della sovrapposizione degli ordini con le colonne libere che si staccano dalla muratura, segnata da lesene e controlesene, dando alla facciata una articolazione plastica particolarmente ricca e fantasiosa. Così nell'armonico equilibrio fra il verticale e l'orizzontale si inserisce un altrettanto significante accordo fra severità plastica finezza pittorica. Il tema della modulazione plastico-pittorica è ripreso sul lato destro della chiesa, dove una triplice coppia di paraste scandiscono la cortina muraria in cui è inserita la porta laterale sovrastata da una finestra, entrambe ammantate da motivi ornamentali. Sul fianco sinistro dell'edificio, dietro la torre campanaria incompleta e ferma al piano delle campane, nell'area dove si trovava il "paradisus", è stato costruito, una sessantina d'anni or sono, l'attuale oratorio. La chiesa, dichiarata monumento nazionale, fu gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1943: furono distrutti la parte sinistra della volta del transetto, la cappella del S.S.. Sacramento altri altari, rovinate alcune tele della Via Crucis del Seicento e le grandi tele della Madonna del Purgatorio e del transito di San Giuseppe. Essa possiede, oltre alle opere citate, altre pregevoli tele che rappresentano San Michele Arcangelo, Cristo Crocifisso, la Presentazione della Vergine al Tempio, il Cacciatore caduto e miracolato da San Francesco di Paola e due pale in stucco: una rappresenta San Giovanni che predica alla folla, l'altra il Battesimo di Cristo. Tutte le tele sono state recentemente restaurate. Negli opinabili restauri che si sono succeduti, in seguito ai danni prodotti dall'ultima guerra, si è proceduto alla distruzione dell'altare maggiore in pasta di vetro, della cantoria e dell'organo settecentesco, del pergamo in legno e stucco policromo e all'arbitraria ricostruzione della cappella del Sacramento. Si è provveduto inoltre alla sostituzione degli altari minori con quelli a marmi mischi, provenienti dalla Chiesa di Sant'Antonio da Padova (convento di S. Maria degli Angeli), alla ricostruzione dell'altare maggiore coi leoni stilofori ed altri elementi derivanti dalla chiesa S. Agostino, al cambiamento del fonte battesimale con la sirena ritrovata nella cripta della stessa chiesa ed al rimpiazzo del pavimento con quello attuale in marmo bianco.