Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di san Bartolomeo
Piazza S. Bartolo
La chiesa di San Bartolomeo (Patrono di Geraci) e il convento degli Agostiniani che si sviluppava al suo intorno, da poco restaurato, si trovano nell'omonima Piazza alla periferia del Paese. La tradizione vuole che questa Chiesa divenne provvisoriamente "Sepolcreto" dei Ventimiglia. Vi fu sepolto Francesco I Ventimiglia nel 1338, come riportano gli scritti di Michele Da Piazza e Tommaso Fazello e come ha ribadito alla metà del Settecento Vito Amico: «nella parete meridionale osservasi un angustissimo sepolcro con iscrizione, in cui riposano le spoglie del Conte Francesco I». Ma il vero Pantheon di famiglia fu realizzato a Castelbuono nel XV secolo.
E' probabile che la Chiesa, sorta fuori dalle mura urbane, al di là dell'aspetto attuale risalente al tardo Settecento, fosse preesistente al 1338 perché riporta nel suo impianto originario elementi architettonici che afferiscono agli impianti chiesastici medievali.
Il suo orientamento lungo un asse occidente-oriente cioè con un abside circolare ad oriente e un pronao d'ingresso sottostante la torre campanaria ad occidente, ricorda la caratteristica dell'impianto normanno.
Certamente la chiesa era in origine più piccola ed era orientata in maniera inversa: vi si accedeva infatti dal fornice ad archi acuti posto alla base della torre campanaria, oggi chiuso e utilizzato come sacrestia, secondo un modello riferibile all'architettura normanna (si pensi al campanile della Martorana di Palermo) ma diffuso anche in ambito madonita, come mostrano le chiese Madri di Gangi, Pollina e San Mauro Castelverde.
La costruzione originaria era più arretrata, formata da un vano al quale era attaccata nel lato ovest una torretta poggiante su quattro pilastri, due dei quali in pietrame misto a calce viva e due in pietra squadrata, forse residuo di un arco trionfale romanico.
Tutto ciò si desume da una finestra in stile rabesco posta sul lato sud e da un'altra finestra di osservazione ormai chiusa, visibile dalla torretta dal lato nord
Nel XV secolo il sepolcreto fu prolungato nella parte anteriore e sollevato assieme alla torretta.
Un portico con arcate sostenute da pilastri smussati occupava il lato orientale della chiesa e girava sul fianco che guarda verso il paese; la sua funzione di riparo per gli uomini e il bestiame potrebbe mettersi in relazione con la fiera che si svolgeva annualmente nei giorni della festa di San Bartolomeo, i cui capitoli sono stati approvati dal marchese Simone Ventimiglia nell'anno 1551.
Nello stesso arco temporale la chiesa fu concessa agli Agostiniani della Congregazione di Centorbi (l'odierna Centùripe), infatti come riporta un atto del 1650, il loro convento «fu eretto l'anno 1627 dal Padre fra Gilemo da Regalbuto…»; a quella data la comunità religiosa contava quattro sacerdoti, un chierico e tre laici, che si dedicavano alla coltivazione della terra e vivevano d'elemosina. Il complesso conventuale conteneva «nove celle, refettorio, cucina, cannava, riposto, capitulo, stalla, stanza di paglia, dispense di vino, e luoghi communi e una chiesa di lunghezza undici canni e di larghezza canni quattro»; quest'ultime sono le misure dell'antico impianto chiesastico, prima delle riforme del tardo Settecento. Come documentato i raziocini nel 1769 la chiesa venne ampliata, abbattendo la parete di fondo e mutandone l'orientamento. Di tale intervento rimane traccia nelle cesure verticali nella trama muraria esterna, mentre l'interno venne coperto da una nuova decorazione plastica completata nel 1794 da Francesco Lo Cascio e dai figli Rocco e Clemente, gli stessi maestri di Motta d'Affermo che avevano lavorato nella chiesa Madre; l'analisi dei finissimi stucchi in stile composito barocco evidenzia due differenti repertori decorativi corrispondenti a fasi lavorative successive: il presbiterio segue stilemi tardo barocchi, mentre la navata presenta motivi semplificati di ascendenza neoclassica, come si vede nella volta a botte con riquadri geometrici.
Ristrutturata nel 1978. L'altare è formato da un tavolo di castagno antico. Il pavimento era in cotto locale. Oggi è in marmo.
Sulla porta di ingresso all'internosi trova una iscrizione su gesso riportante: "D. O. M. TEMPDUM HOC DIVO BARTHOLOMEO APOSTOLO AB AEVO DICATUM ORNATUM ET DEALBATUM EST S. T. D.: D. JACOPO GIALLUMBARDO ARCHPRESBITERO SAC.TE. D. JOSEPH VIVINETTO PROCURATORE AN. DOMINE 1794. RESTAURATUM 1978".
IL CONVENTO
L'adiacente Convento degli Agostiniani risale al periodo tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XVIII secolo. Era abitato dai frati trasferitisi dal Convento di Sant'Onofrio, sito nell'omonima contrada sotto il Bevaio della SS. Trinità. Dal punto di vista urbanistico, l'ex Convento conserva la sua antica struttura planimetrica e altimetrica e conserva ancora l'originaria distribuzione degli spazi interni (corridoi, celle, vani scala etc.). Dopo essere stato in rovina per moltissimo tempo, è stato recentemente restaurato ed è divenuto sede di iniziative culturali del Comune di Geraci Siculo.
OPERE
TRITTICO
Nella chiesa, sull'altare maggiore, si conserva un pregiatissimo polittico in pietra marmorea bianca di Comiso che presenta all'interno di una cornice architettonica, definita da paraste con decorazione a candelabra, le sculture della Madonna in trono con il Bambino tra i Santi Bartolomeo e Giacomo (patrono e protettore di Geraci).
Nell'ordine superiore è posta la Pietà, con le tre Marie. (l'Addolorata tra Maria di Cheofe e Maria di Magdala) e ai lati in due medaglioni l'Annunciazione, con le figure dell'arcangelo Gabriele e di Maria.
La composizione culmina con Dio Padre benedicente con il mondo in mano, mentre nella predella sono posti i bassorilievi della Natività (al centro) e del martirio di San Bartolomeo e di San Giacomo sotto le relative statue.
Nelle altre formelle in corrispondenza delle paraste sono raffigurati i Santi Pietro e Paolo e in quelle di estremità i committenti in preghiera; per via degli emblemi araldici dei Ventimiglia e dei Moncada inseriti tra la decorazione delle paraste,(verosimilmente Simone II Ventimiglia, figlio di Giovanni I e nipote di Simone I, e la moglie Maria Ventimiglia).
Il retablo è stato riferito alla bottega del maestro Antonello Gagini (figlio del citato Domenico), con l'apporto dei figli Giacomo, Fazio e Vincenzo e la sua datazione va circoscritta agli anni 1527-1542.
Le due colonnine binate in marmo bianco, attualmente collocate nel vestibolo d'ingresso della chiesa, pur appartenendo alla stessa matrice culturale del trittico appaiono anteriori; sono riunite da un'unica base e dai capitelli a foglie, uno dei quali contiene il rilievo di San Bartolomeo. È possibile supporre che le colonnine provengano da un chiostro o da un portico connesso alla chiesa, tanto che nel corso dei recenti lavori è stato rinvenuto un altro capitello figurato uguale a quello già noto.
CAPPELLA DI SAN BARTOLOMEO
Due ante in legno dipinte , chiudono la nicchia sul lato sinistro. Nella parte superiore sono presenti due angeli con il simbolo della Fede e la Speranza.
STATUA LIGNEA POLICROMA DI SAN BARTOLOMEO
È custodita entro una nicchia della parete meridionale; la scultura coniuga l'impostazione solenne, quasi da filosofo greco, derivante dal modello usato da Antonello Gagini nella tribuna della cattedrale di Palermo, con la sensibilità barocca data dalla foggia dinamica e dal "metallico" drappeggio del manto. L'opera è stata attribuita alla bottega dei Li Volsi di Tusa, in particolare al capo bottega Giuseppe, ed è possibile datarla ai primi decenni del Seicento; allo stesso autore è riconducibile pure la vara processionale, che reca nello scannello scene della vita del Santo. San Bartolomeo tiene nella mano destra un coltello simbolo del suo martirio, e nella mano sinistra un libro.
Tra le altre opere vanno ancora ricordate: FONTE
Si trova all'ingresso. Reperto proveniente dal chiostro agostiniano del secolo XIV. L'artistica scultura contiene un piccolo bassorilievo di San Bartolomeo.
ACQUASANTIERA
In marmo alabastrino, datata 1552. Sul bordo si legge: " ANNO DOMINI INCARNATI VERBI: X INDICIONIS: N: SS. 2". Proviene dal chiostro agostiniano.
DUE TELE DEL XVII SEC.
In una vi sono rappresentate due scene: in quella superiore la Madonna della Cintura e in quella inferiore San Nicola Tolentino agostiniano, sorretto da due angeli in punto di morte.
La seconda tela raffigura l'Annunciazione. Il quadro fu portato a Geraci in processione in occasione del colera del 1837.