Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa del Calvario
A mezza costa del colle della Croce, per mezzo di scalini scavati nella roccia e inerpicandosi fra la vegetazione che copre il fianco della omonima collina, si arriva alla chiesa rupestre detta del "Calvario" al cui sito ben si accompagna il nome. L' immagine che qui si adora è Gesù Cristo morto con accanto la Vergine Addolorata e le Marie. Di tale chiesa il notaro Antonino Militello ne fa memoria negli atti del 1521 e nel 1574 viene chiamata basilica da due atti del notaro Guglielmo Marsala, come si legge in "Notizie Storiche della Città di Scicli " di Antonino Carioti.
Sui battenti del portone d'ingresso, attraverso cui si accede all'ampio locale scavato nella roccia, si trovano i simboli della passione di Cristo (chiodi, martello, tenaglia da una parte e scala e lancia dall'altra). Al di sopra s'innalza l'alto campanile, mentre all'interno, il pavimento, ancora allo stato originario, è suddiviso in grandi rettangoli da lastre lisce che si susseguono e si intersecano vicino alle pareti e al centro. In fondo uno scalino divide la navata dal presbiterio; tre scalini (numero che simboleggia la Trinità) portano all'altare di pietra. Il paliotto riproduca in altorilievo "La Pietà". Il corpo di Cristo, coperto dal perizoma, è tenuto sulle ginocchia della Madonna Velata; Maria di Magdala, inginocchiata e a capo scoperto, bacia le mani di Cristo. Ai lati, in alto, gruppi di angeli piangenti; a sinistra sono scolpiti il sole e un angelo che tiene in mano la scala, il martello e la tenaglia; in basso la croce con la corona di spine e i tre chiodi. A destra, un altro angelo tiene in mano altri simboli della Passione: la colonna, a cui Cristo fu legato per essere fustigato; la canna messa in mano a Cristo al posto dello scettro, la canna con la spugna imbevuta di aceto e la lancia con cui fu ferito al costato. In basso, il simbolo del sepolcro; in corrispondenza del sole, la luna, simbolo della notte e della fine. Sulla cornice del paliotto spicca la conchiglia che simboleggia la sacralità della raffigurazione. Sul piano della mensa si vede ancora la pietra benedetta quadrata, che racchiude a sua volta le reliquie di un Santo o di un Martire. Esse venivano poste nell'altare per rendere sacro il piano su cui veniva celebrata la messa; al centro, sul piano superiore a quello della mensa, c' è un tronetto con baldacchino, sotto il cui panneggio si trova la colomba, simbolo dello Spirito Santo. Dietro il tronetto, un'ampia apertura rettangolare, un tempo chiusa da una vetrata inquadrata da una cornice di legno scandita dai colori rosso, azzurro e giallo, fa vedere il corpo di Cristo con le ferite della Crocifissione adagiato su un piano di pietra, in bassorilievo, l'immagine tattile di una coperta impreziosita da una frangia dorata su cui il corpo di Cristo sembra dormire. Egli è raffigurato con il capo reclinato dalla parte di chi guarda; il braccio destro disteso lungo i fianchi, il sinistro rilassato, poggia con la mano sullo stomaco; i piedi, divaricati, hanno le dita lunghe e affusolate. Sul torace, in un gioco plastico, si rilevano le clavicole e le costole.
L'altare, fiancheggiato da due bellissime volute di foglie di acanto, secondo l'uso bizantino, è orientato ad est, perchè da lì sorge il sole, a simboleggiare la figura di Cristo che con la sua venuta caccerà il male e farà trionfare il bene. Ai lati del presbiterio, scavate nelle pareti, due grandi nicchie, contengono rispettivamente, quella di sinistra, un busto raffigurante la Madonna e quella di destra, il busto raffigurante San Giovanni. La figura della Madonna, avvolta dal mantello blu e dal capo velato, fa intravedere, come quella del paliotto, l'ampio collare bianco a pieghe, di foggia cinquecentesca. Sull'altro lato il busto di San Giovanni ricalca l'iconografia del più giovane degli apostoli: guance imberbi di adolescente, capigliatura lunga, veste verde, simbolo della giovinezza e della speranza e mantello rosso, simbolo del martirio. In entrambe le nicchie le tracce di rosso e di altri colori lasciano chiaramente intravedere le pieghe delle valve della conchiglia, simbolo del prezioso contenuto. Sulle pareti laterali, scavate nella roccia, si trovano diverse incavature che servivano per riporre i lumini; due incavature, l'una sull'altra, simmetriche sulle due pareti e allineate al ripiano dello scalino del presbiterio, fanno pensare ad un'altra cancellata che lo divideva dalla navata a botte. In alto a sinistra, scavata nella roccia, una grande lettera riproduce la "tau", lettera greca presente nelle chiese francescane, testimonianza che prova la veridicità di quanto si legge nel Carioti, che cioè la chiesa era di proprietà degli osservanti minori del Convento della Croce che si trova più in alto nella stessa collina. Dalle tracce di colore che ancora si vedono, si può dedurre che tutte le pareti erano sicuramente affrescate, soprattutto quella di destra, e quella dell'altare, qui sono ancora visibili gli affreschi raffiguranti le tre croci sul Golgota e sulla croce centrale si vedono, appoggiate, le scale che richiamano il momento della deposizione. Nella chiesa rupestre sono presenti: il colore rosso, simbolo dell'umanità e del martirio; il colore giallo, simbolo della santità di Dio, luce ed eternità, identificato con il sole e il blu, colore quest'ultimo che richiama il cielo e scandisce anche l'alzata dei tre scalini che portano all'altare. Dietro l'altare un piccolo locale, dentro il quale è stato costruito, sopra un alto basamento, il sepolcro su cui è adagiata la statua del Cristo Deposto, presenta un pavimento coperto di piccoli mattoni rossi e custodisce, murata nella parete di fondo, una tomba. Infine, da segnalare, la presenza nel locale della sacrestia, a cui si accede da un'apertura nella parete di destra e vicino al portone d'ingresso, un originale lavamani . Esso consiste in una grande ciotola tenuta da una grande mano, su cui è incisa, in bassorilievo sulla roccia, una croce.
Si sa che, dopo il terremoto in Scicli, del 1693 in Essa furono trasferiti gli Oli Sacri della Cattedrale di San Matteo perchè fossero protetti da eventuali altri terremoti.
Dal Carioti si hanno testimonianze che " La notte del Giovedì Santo si faceva a questa grotta, un pellegrinaggio di penitenza; i devoti traevano fin lassù, per la ripida erta, recando sulle spalle, per penitenza, una pietra più o meno pesante, che poi gettavano a far mucchio, davanti alla grotta".
Per una conoscenza approfondita del sito sono fondamentali le opere :
iovanni Pacetto, "Memorie Storiche" - Manoscritto
Antonino Carioti "Notizie Storiche della Città di Scicli" - ed. Comune di Scicl i
Bartolo Cataudella, "SCICLI Storia e Tradizioni" Ed. Il Comune di Scicli