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::Tonnara di Scopello a Castellammare del Golfo » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Tonnara di Scopello

Tonnara di Scopello

Largo Tonnara



Fino al 1468, anno in cui Giovanni Sanclemente chiese ed ottenne la concessione perpetua della tonnara, il marfaraggiu di Scopello ha conservato dimensioni modeste. Grazie all'ampliamento da lui realizzato la tonnara ha assunto un aspetto non molto dissimile da quello attuale. L'intervento del patrizio trapanese comportò l'edificazione di tutti i corpi di fabbrica che circoscrivono, insieme all'antico nucleo, il baglio della tonnara; segnatamente:
La casa del custode, detto bagghieri , figura di riferimento per tutti gli addetti alla tonnara;
I magazzini nei quali venivano conservati attrezzi di piccole dimensioni e minuterie;
Il magazzino del bottaio;
La falegnameria;
L'ampio magazzino destinato alla conservazione delle reti, delle gomene e dei cavi d'acciaio, sia quelli semplici sia quelli impatornati. Qui era riposta la leva, ovvero la fittissima rete che costituiva la camera della morte;
Il magazzino del sale, con un soppalco in legno: qui veniva conservato il sale necessario alla conservazione, dentro i barili di legno, del tonno pescato;
Il magazzino dei sugheri: qui, oltre ai sugheri, erano custoditi gli alberi delle imbarcazioni della tonnara e le palme, ovvero i lunghi elementi verticali che, con il loro movimento, avevano la funzione si segnalare a distanza le variazioni delle correnti marine;
Una loggia, detta appenditoio, dove venivano appesi i tonni dopo il loro trasporto a terra per effettuare le varie fasi di lavorazione;
Un magazzino da cui si ha la possibilità di imbarco direttamente nella caletta sottostante;
Il magazzino attrezzato per l'allestimento delle reti;
Il magazzino per il deposito di remi e timoni;
Lo scagno, ovvero il locale dove veniva effettuata la paga della "decina" della ciurma;
Il piccolo forno del custode.

Ampliamento realizzato dai Gesuiti
Nel periodo in cui la tonnara rimase in possesso dei Gesuiti e del monastero del SS. Rosario di Trapani, furono apportati miglioramenti nei corpi di fabbrica già esistenti, fu costruita o ricostruita una chiesetta barocca. Vennero poi costruiti o quanto meno trasformati sia i magazzini per il ricovero delle barche sia il corpo di fabbrica destinato all'alloggio dei pescatori, segnatamente:
Il forno e la taverna dove si distribuivano ai tonnaroti il pane, il vino e la legna per cuocere la ghiotta, ovvero il pesce minuto;
Lo spazio destinato all'accatastamento della legna da distribuire alla ciurma;
Il deposito delle masserizie;
L'abitazione del rais, con annesso il magazzino delle catene e quello per la conservazione di materiale vario;
L'alloggio per 40 tonnaroti con annessa la rimessa di "muciare", "caicchi" e delle "lance";
Le cucine e i gabinetti;
Le trizzane, ovvero le rimesse dei "palischermi".

Ampliamento realizzato dai Florio
Nel 1874, i 2/8 della tonnara furono acquistati da Ignazio Florio. A lui si deve, oltre ad opere di miglioramento generale, la sopraelevazione di uno dei corpi di fabbrica del baglio per potervi ricavare nuovi locali destinati all'amministrazione.

Documentazione
Pesca del tonno nei pressi della tonnara di Scopello (1947).
La più antica notizia documentata relativa all'attività della tonnara di Scopello può essere ricavata dal "Quaderno delle Gabelle", datato prima del 1312, che fa ipotizzare un esercizio organizzato della stessa tonnara già dal XII secolo. Una certa continuità dell'attività della tonnara è anche testimoniata da un atto notarile del 15 gennaio 1421, relativo a basi temporanee di pesca installate a Scopello: all'epoca la tonnara doveva però essere costituita da un complesso alquanto modesto dacché nel Liber de Secretiis del Barberi viene indicata come "tonnaria parva sive thonus maris"[10]. Non sono pervenuti dati relativi al reddito della tonnara sino alla fine del XVII secolo. Per quanto riguarda i due terzi di proprietà gesuitica, sappiamo che il profitto medio si aggirò sulle 500 onze annue, e raramente la gestione chiuse in passivo. Negli anni in cui, una volta espulsi i Gesuiti, la loro quota di tonnara fu venduta a Baldassare Naselli, la gestione andò in perdita. La tonnara, passata nel 1874 in proprietà al gruppo Florio, venne ulteriormente potenziata ed ammodernata: nel periodo compreso tra il 1896 ed il 1905, il valore del pescato oscillò dai 2480 ai 1043 quintali. Nel periodo successivo si ebbero forti variazioni del pescato annuo. Per quanto riguarda il periodo che va dal 1922 al 1962, vi sono dati più puntuali. Il pescato medio annuo risulta di tonni 472, con un minimo di 30 nel 1929 ed un massimo di 1335 tonni nel 1938. Successivamente nel decennio tra il 1961 ed il 1970, lo standard normale si assestava sui 600-800 quintali annui. Negli ultimi anni in cui la tonnara fu produttiva, l'annata migliore è stata quella del 1977 con un pescato di 700 tonni. Nel 1981 la tonnara fu prescelta per sperimentazioni biologiche.
Del diritto che aveva il vescovo di Mazara di ricevere le decime delle tonnare del trapanese ha scritto, nella sua Historia di Trapani, Giovan Francesco Pugnatore sul finire del XVI secolo:
« Pagano ben oggi i Trapanesi al Vescovo di Mazara le decime delle loro tonnare: le quali sono certi spazj di mare co' suoi termini limitati, dentro ai quali si può per solo privilegio di re far da padroni la pescagione de' tonni. Ma ciò tuttavia non è per istituzione fatta dal Conte Roggero, né da altro principe o re di Sicilia seguente, se non che, avvenendo sovente essere i giorni delle feste gran quantità di questi pesci nelle reti rinchiusi, i quali dapoi non si potendo per riverenza della festa in tai giorni uccidere senza la spiritual pena che ne averiano avuto dal Vescovo mazarese, loro prelato ordinario, spesso parimenti in tai giorni accadeva che, venendo per mutazione di tempo sì gran flusso d'acque correnti che altrove impetuosamente portava, e le reti et i pesci, con rottura di quelle, e fuga di questi, ne seguiva alfine grandissimo danno de' padroni che quelle tonnare facevano. Laonde eglino per rimedio di ciò offersero al Vescovo lor di Mazara predetto di dargli la decima de' pesci che ogn'anno prendessero, purché gli desse la sua spirituale licenza di potere il dì delle feste far essercitare gli operaj intorno al bisogno delle loro tonnare. Al che il prelato d'all'ora consentì; e
così pur fecero gli altri che di mano in mano gli furon seguenti. »
(Giovan Francesco Pugnatore, Istoria di Trapani)




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