Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Grotta dei Santi
Il colle costituì, per le sue caratteristiche geo-morfologiche, il luogo ideale per lo stanziamento di villaggi rupestri frequentissimiin Sicilia (in particolare nella cuspide sud-orientale e lungo i corsi d'acqua che dall'altopiano ibleo scendono verso il mare), durante i secoli del Tardo Impero e in quelli del dominio bizantino.
Il gruppo monumentale fu reso noto per la prima volta dal Prof. G. Agnello nel 1940, che colmò una lacuna dovuta al disinteresse di studiosi come P. Orsi e J. Fuhrer così come del cultore locale V. Cannizzo. Tra gli storici più antichi solamente V. Amico accenna ad "...alcune vetuste ricordanze" ritrovate in questa zona del territorio.
Il complesso rupestre "Grotta dei Santi" è ubicato sul lato meridionale del colle, posto nelle vicinanze del fiume Amerillo, dove la presenza delle necropoli della Fossa Quadara, di Mazzarrone e di quelle nei pressi di Chiaramonte attesta la dislocazione di ville rustiche lungo questo corso d'acqua. Inoltre doveva trovarsi a poca distanza dalla via interna di comunicazione che dalla costa orientale portava verso Agrigento.
Un piccolo gruppo cenobitico si impiantò nel sito di una precedente area cimiteriale cristiana, divenendo un nucleo propulsore per la vita delle popolazioni rurali del territorio circostante. Il gruppo monumentale è posto nell'ex feudo Alia "...casale un tempo esistente, detto anche Lalia, nel territorio di Licodia Eubea", come ricorda Vito Amico nel suo Lexicon.
Il sito insiste su un terreno costituito da tufi calcarei, che in epoca tarda furono attaccati da escavazioni, dove vennero ubicati piccoli cimiteri ipogeici; è raggiungibile seguendo la vecchia strada statale n. 194 che da Vizzini porta a Ragusa. Un piccolo viottolo, incassato sul fianco della collina e rinforzato da mura a secco, costituisce l'unico accesso al complesso rupestre.
Seguendo una discreta pendenza il sentiero porta al primo terrazzamento ed al primo gruppo di camere ipogeiche, le quali mantengono ancora in parte le caratteristiche della loro destinazione cimiteriale. Le prime due hanno subito sensibili rimaneggiamenti: l'ingresso della prima camera è stato chiuso da un muro di recente costruzione, il secondo presenta sulla sinistra un forno in mattoni che conferma l'uso in tempi recenti. Restano deboli tracce delle sepolture e degli arcosoli lungo le pareti dei vani.
Sul terrazzo che fronteggia questo primo gruppo ipogeico si notano numerose sepolture sub-divo. Un breve passaggio porta al secondo terrazzamento e alla catacomba meglio conservata.
Essa presenta sulla parete esterna tre aperture, di cui quella centrale doveva essere l'originaria; le laterali, leggermente arcuate, furono aperte in epoca posteriore.
All'interno, nel vano di forma rettangolare, si conservano i resti di quattro sepolcri a sarcofago scavati nella roccia con andamento a "scalini".
Il centro del vano è occupato da una fila di sei sepolcri a "baldacchino" o a "tegurium". Sopra gli archetti dei sepolcri a "baldacchino" sono ancora visibili le tracce di pannelli pittorici con fondo scuro, profilati da una cornice rossa. Purtroppo non è più visibile la "teoria" dei Santi che doveva svolgersi nell'affresco e che avrebbe
dato il nome all'intero complesso rupestre.
Le fosse campanate dei sepolcri dovevano essere in origine coperte da grossi tegoloni o da lastroni in pietra. Pochi i pilastrini rimasti "in situ", dove si notano le fossette per le lucerne. Un breve corridoio "a gomito" porta ad un grande arcosolio dietro i sepolcri a baldacchino, con un pilastro sul lato destro che sostiene l'arcosolio, isolato dal resto delle altre sepolture. Forse la sepoltura, che presenta una inusuale commistione di
forme strutturali, doveva essere destinata ad un personaggio di spicco per posizione sociale o "santità" all'interno della comunità cristiana dislocata nelle vicinanze della catacomba.
Questo spiegherebbe anche il motivo della conservazione del complesso rupestre.
Il secondo ambiente ha perso completamente le caratteristiche cimiteriali a causa dei posteriori rimaneggiamenti. L'interno presenta le tracce di tre grandi arcosoli, mentre sul lato sinistro si notano i resti delle sepolture che dovevano trovarsi al centro del vano. La parete frontale presenta in alto un riquadro che doveva contenere un'icona mobile. La catacomba doveva ricollegarsi come tipologia ed epoca di costruzione al primo ambiente. Nella fase del rimaneggiamento l'ambiente a lato della catacomba perse le sue forme strutturali per fare spazio alla creazione dell'oratorio di stampo cenobitico, con una sala di forma rettangolare con volta piana, una abside sul lato orientale, formata dall'arcosolio col pannello pittorico. Il pannello rappresenta il tema della "staurosis": la figura del Cristo col nimbo crucigero occupa la parte centrale della rappresentazione, affiacato da due figure minori, interpretate come la Madonna, a destra, e S. Giovanni, a sinistra. Una piccola figura in corta tunica inserita nello spazio tra S. Giovanni e la croce è stata identificata con il personaggio di Longino nell'atto di trafiggere il costato del Cristo.
Nel settore in alto a destra è rappresentato un viso circolare, rappresentante forse un angelo o la personificazione del sole. La piccola nicchia sotto il pannello pittorico doveva essere inquadrata da pannelli più piccoli, che dovevano essere occupati da figure di Santi. In quest'epoca la catacomba era diventata un "secretarium" o "diaconocon". Il vano attiguo venne trasformato in oratorio per le nuove esigenze del culto secondo i canoni di chiara ispirazione siriaci-palestinese. Difficile risulta la datazione dell'intero complesso, accostabile a gruppi cimiteriali posteriori alla pace di Costantino, mentre dall'analisi stilistica delle figure del pannello si può pensare all' XI o XII secolo. Un lasso di circa sei secoli intercorre tra il gruppo cimiteriale e l'affresco dell'oratorio, abbandonato verso la metà del Quattrocento, come attestano i numerosi graffiti che ricoprono il pannello pittorico; la firma più antica risale al 1445, probabile terminus post quem per l'abbandono dell'oratorio. Scarsissime le notizie sull'oratorio rupestre: il feudo "Lalia" si trova elencato ne "La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia" di Francesco San Martino di Spucches. La chiesa "San Nicolai" sita "apud casale Laliae" ed elencata dopo "il casale Licodie", è ricordata nell'opera di Pietro Sella. La chiesa figura elencata nei frammenti delle decime degli anni 1308-1310 nella diocesi di Siracusa. Il complesso dell'Alia ha avuto una continuità di vita di oltre un millennio: dall'epoca tardo-antica al XV secolo; non è da escludere nella zona un primo insediamento in età preistorica, non attestato da ritrovamenti. La presenza di un monachesimo cenobitico nell'area interessata sottolinea il momento di particolare saldatura della tradizione culturale post-classica alla successiva presenza nell'isola di una tradizione culturale "europea", come quella normanna. Il terrazzo di fronte presenta numerose tombe campanate sub-divo. La parete esterna, al di sopra delle aperture delle catacombe, presenta degli intacchi i quali dovevano sostenere delle travi per una tettoia pensile. Scendendo per il declivio verso valle si arriva al secondo terrazzamento, dove si trovano altri due ingrottamenti, completamente rimaneggiati.
Il primo vano presenta una pianta molto irregolare. Sulla destra subito dopo l'ingresso sono visibili resti di sepolture e quelle di un loculo per bambino. Nella volta piana si notano i monconi dei piedritti che dividevano il vano in tre navate; i pilastri sostengono gli archi ribassati. Il sepolcro a baldacchino nella navata di destra era solitamente riservato ad un personaggio "santo" per la comunità cristiana del luogo. La presenza di tali sepolture suggeriva poi la costruzione del luogo di culto. Che si tratti di un luogo di culto può essere confermato anche dalle due piccole grotte ubicate sotto il ciglio del viottolo, che comunicavano con questo ambiente mediante un foro circolare, oggi ostruito da grosse pietre. Le due grotte erano forse riservate ai monaci della comunità cenobitica, che potevano così accedere direttamente all'edificio.
Contrada Alia: probabile luogo di culto, sezione.(da A. Barone)
Contrada Alia: probabile luogo di culto, pianta. (da A. Barone)
Questo ambiente può confrontarsi, per le caratteristiche costruttive, con alcuni edifici sacri, come quelli presenti a S. Marco presso Noto e Rosolini, datati nel VII secolo, periodo in cui si assiste all'afflusso in Sicilia di genti provenienti dall'area siriaco-palestinese, che portarono questi modelli architettonici. In base a questi confronti il complesso si può dunque datare tra il VII e l' VIII secolo. Nei dintorni della catacomba si sono individuate sepolture in grotta di periodo precedente, da mettere in relazione al borgo rurale, del quale non si sono trovate le tracce. Il quartiere di abitazione può essere ipotizzato sulla collina adiacente a quella dove è ubicato l'oratorio, sul lato esposto a ponente. Si tratta di grotte dove è visibile l'intervento irregolare dell'uomo, per lo più di forma quadrangolare con ripostigli ed incassi alle pareti. Da segnalare la presenza di un corridoio, che si inoltra per parecchi metri nel fianco della collina. Attualmente non è percorribile poiché interrato.