Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di San Vincenzo Ferreri
Via Giardino,1
La Chiesa di San Vincenzo Ferreri, detta anche di San Domenico o della Madonna del Rosario, si trova alla sinistra dell’ingresso del giardino ibleo. I resti del convento di San Domenico (ubicati sul retro fra il Giardino Ibleo, la scuola elementare e l'ex centrale elettrica) rappresentano, insieme a quello francescano , un esempio di complesso conventuale tra i più antichi di Ibla.
Sembra che questi edifici sorgessero attorno al 1509 ad opera di un predicatore domenicano, tal frate Vincenzo da Pistoia, che molto influenzava le genti iblee contro gli ebrei e per averne convertiti molti venne lodato dal Vicerè Ximenes. La leggenda lo vuole risuscitato dopo essere stato colpito da un fendente. Nel 1474 atti di intolleranza si registrarono dalle terre spagnole anche in Sicilia e tragicamente conclusi con la rivolta popolare di Modica, dove il frate aveva predicato, causando centinaia di morti. Il predicatore con il suo carisma organizzò una colletta popolare e si fece costruire il convento (oggi non più esistente ) ed una piccola chiesa.
Prima del terremoto il complesso doveva esser di molto diverso, inserito in quell'area sacra che già dai Chiaramonte si era iniziata a delineare per la zona orientale dell'abitato. C'era il grande e nuovo San Giorgio , alle spalle San Teodoro e Sant' Agata ed accanto San Giacomo. Chiesa e convento, anche se non riportarono danni gravissimi durante il sisma del 1693, furono ricostruiti intorno sin dal 1698.
La presenza di un grande portale murato nella parete nord della chiesa, nonché di altri elementi (come altre aperture murate), fa ritenere che la chiesa non crollò del tutto ma venne semplicemente riparata e consolidata. Sia la facciata sia gli interni, infatti, furono rifatti (o perlomeno pesantemente restaurati) durante il 1700, con la costruzione dietro l'abside (nel 1727) di un oratorio adibito a sede della confraternita domenicana.
Si ricostruì anche il campanile (recentemente restaurato) che risale al 1718 ed è caratteristico per la forma a pagoda e per l'inconsueta realizzazione con elementi ceramici policromi. Delle tre campane rimane la maggiore, firmata da un fonditore chiaramontano, datata al 1770, le altre sono del 1870 e la più piccola presentava la data consunta.
Ciò che vediamo oggi della chiesa e del convento sono il rifacimento del dopo terremoto. Successivamente la chiesa fu abbandonata e sconsacrata. La chiesa e il convento subirono gravi trasformazioni nel XX secolo. Negli anni '20 buona parte dell'oratorio venne demolito per la creazione del viale, interno ai giardini, che collega la chiesa di San Vincenco Ferreri alla chiesa di San Giacomo. Ben più ingenti furono però i danni apportati tra gli anni '50 e '60 con la demolizione del convento per fare posto ad una scuola superiore. Anche se a causa di questi interventi la chiesa in sé riportò danni contenuti, il totale abbandono in cui fu relegata negli anni successivi aggravarono pesantemente le sue condizioni e si verificò perfino il crollo del tetto.Nel 2004 furono deliberati i lavori di restauro della chiesa. Oltre ad un restauro completo degli interni (primo tra tutti il rifacimento del tetto) e della facciata, durante l'intervento è stata demolita la scuola fabbricata negli anni '50 ridando luce alla parte nord della chiesa e permettendo la messa in opera di alcuni consolidamenti strutturali. Conclusi i lavori di restauro, dal dicembre 2010 la chiesa è adibita ad auditorium pubblico con circa 140 posti a sedere; essa viene usata regolarmente per manifestazioni culturali quali eventi musicali e conferenze pubbliche di vario genere (tra cui incontri di divulgazione scientifica). IL PROSPETTO.
La facciata presenta un semplice prospetto ad ordine unico, chiuso da due paraste e da una balaustra sommitale, con unico portale delimitato da colonne con capitelli corinzi e timpano spezzato ad arco ribassato con sovrastante finestra (utile più che per far penetrare la luce all'interno, per predicare) e la cella campanaria, caratteristica per la copertura a bulbo rivestito di ciottoli policromi. Nell'angolo destro si colloca un'antica meridiana solare risalente ai primi del XVI secolo ed il campanile che presenta un robusto basamento e dalla cella campanaria a quattro luci, in essa si legge incisa la data 1718. Chiude un cornicione ed una cuspide a bulbo impreziosita da piastrelle maiolicate policrome con una fascia decorata a zig-zag.
All'esterno sul lato sinistro resta una parte del chiostro distrutto durante la costruzione sia della scuola che della ex centrale elettrica; da qui si nota una porta di accesso alla chiesa posta ad una quota inferiore dell'attuale pavimento della chiesa ed oggi murata, datata 1622. All'interno tra le altre date precedenti il sisma quella di una tomba del 1637. L’INTERNO.
La Chiesa è ad unica navata e presenta un portico con sovrastante cantoria la quale conteneva un organo e che si affaccia verso la sottostante aula con una triplice arcata, e da cui si accede anche alla cella campanaria.
Possedeva sette altari: tre altari per lato (adorni di grandi quadri salvati altrove dai membri della Confraternita) e un abside semicircolare. Oggi si conserva solo il maggiore oggi, gli altri erano realizzati in pietra, gesso, legno e vetro dipinto tale da simulare il marmo.
Il presbiterio con abside semicircolare è separato dalla navata da un arco trionfale caratterizzata da sei colonne, di cui le due centrali tortili fortemente decorate, e dai cui capitelli si affacciano teste di putti alati scolpiti (sono di gesso come di gesso e finte anche molte colonne). Sull'altare maggiore la cappella è finemente decorata a stucco; l'arco di volta porta la data 1735 e si riferisce probabilmente al completamento dei temi rappresentati (la scena mostra una Gloria del Dio padre tra nuvole, raggi, serafini, cherubini e angeli musicanti, che reggono in trono Dio Padre con le braccia aperte sopra la Colomba dello Spirito Santo; un fregio con fiori, frutti e scene di paesaggio, caratteristico del tardobarocco, corre tutt'intorno.
Gli stucchi furono realizzati da Onofrio Russo, un allievo di Giacomo Serpotta fra il 1731 ed il 1734. L'attuale assenza dei dipinti originariamente esistenti è comunque ben compensata dalla presenza di numerose colonne tortili arricchite da motivi fogliacei e da putti reggicartiglio. Sulla parete sovrastante uno degli altari laterali è possibile ammirare un affresco raffigurante un paesaggio urbano. L'interno è affrescato con pitture murali che rappresentano la Ragusa medioevale.
Nell'abside a sinistra si apre una porticina utilizzata per il passaggio nell'oratorio dei membri della Confraternita di San Domenico, sull'unico altare c'era un dipinto della Madonna del Rosario con i Santi Domenico, Caterina e Vincenzo Ferrer.
Le cronache riportano al terzo altare di destra un pregevole quadro della Sacra Famiglia del 1768 di anonima mano ed altri molto belli (in particolare 14 piccoli quadri raffiguranti i misteri del Rosario che attorniavano un quadro della Madonna), mentre si ricordano i drappi del XVI secolo con cui si adornavano le pareti della chiesa nei giorni di festa.
Il soffitto, crollato definitivamente negli anni sessanta, era ligneo con tavolato riccamente dipinto raffigurante scene di Santi e Beati dell'ordine domenicano.
Tra le altre opere si ricorda una tela con il Martirio di San Pietro e l'altra dedicata a San Domenico, oltre ad un fonte battesimale a vaschetta ancora presente. Nella sacrestia rimangono le cornici in cui erano ritratti i Priori del convento.
Dall'oratorio per una piccola porta, infine, si accedeva al chiostro del convento di cui se ne può ammirare solo un'ala visto che il resto, come già detto, è stato distrutto al momento della costruzione sia della scuola elementare che della centrale elettrica. Il convento non era molto grande, ma gli ambienti interni erano spaziosi e confortevoli. Il piano superiore era collegato con quello terreno da un'ampia scalinata fatta realizzare, con grande elargizione di somme, da un facoltoso conventuale. Una serie di lavori di riammodernamento furono realizzati sul finire del XVIII secolo.
Molti i frati importanti e pii che vi dimorarono; era, inoltre, buona regola dei conventuali l'appartenere a nobili famiglie che garantivano cospicui lasciti (da un manoscritto settecentesco si apprende che la presenza di un frate di povere origini aveva recato scandalo).
Con l'avvento del Regno la proprietà passava al Demanio e nel 1928 il convento veniva concesso al comune per la realizzazione delle scuole elementari maschili. Adeguata la struttura alle nuove esigenze così rimase sino agli anni cinquanta, quando essendo ritenuto inadatto dalle crescenti richieste, si abbattevano le vecchie fabbriche per realizzare l'attuale edificio scolastico.