Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Oratorio S. Filippo Neri
L'Oratorio si trova nella via intestata a Padre Giorgio Guzzetta che ha inizio da Piazza Vittorio Emanuele e da poco ristrutturato, è destinato ad ospitare le collezioni del Museo civico etnoantropologico "Nicola Barbato". L'Istituto, è aggregato alla chiesa di S. Giorgio e presenta un vasto fabbricato, ma questo fabbricato non fu eretto in unica volta.
L'Istituto sorse per opera del Servo di Dio Padre Giorgio Guzzetta nel 1716 per i sacerdoti celibi di rito bizantino, i quali dal 1759 arricchirono la chiesa di decorazioni
e di affreschi. L'Oratorio funzionò fino alla soppressione del 1866; l'ultimo sacerdote, morto nel 1900, fu Papàs Filippo Guzzetta.
La porta anteriore dove si entra è a nord-est ed è la migliore e la più elevata parte dell'Istituto. Nel sommo di quella porta si scorge ancora l'insegna assunta dall'oratorio, la quale consiste in un cuore posto in una fiamma fra due rami uno di palma e l'altro di ulivo. Il ramo di ulivo allude alla conciliazione della chiesa greca con la cattolica apostolica romana; il ramo di palma allude alla vittoria che si otterrebbe nel ricondurre la Chiesa greca all'Ubbidienza del Papa. Questa porta d'entrata mette in un grande atrio; indi si passa in una saletta, dalla quale per mezzo di una larga scala si va al piano superiore. Questa scala divisa in vari pianerottoli porta in un corridoio piuttosto largo e lungo, dal quale si entra nelle camere che furono abitate dai padri filippini. In fondo al corridoio vi sono due stanze nelle quali eravi la biblioteca
dell'Istituto. I libri e le scritture che ivi si trovavano, dopo l'abolizione delle case religiose, furono donate dal Municipio alla Madre Chiesa, la quale insieme agli altri libri degli altri due conventi, formò una biblioteca. Bisogna avvertire che da uno dei sopraindicati pianerottoli si passava per mezzo di una porta alla sacrestia ed indi alla chiesa di S. Giorgio.
L'Oratorio dalla parte di ponente ha un'altra porta che mette nella via Fabbiano. Nel piano terreno dal primo atrio o cortile si passa ad un secondo e poi ad un terzo di minore dimensione e ciò perché a misura che si aggiungevano altri fabbricati si lasciava un cortile per illuminare le stanze. Nel piano terreno eravi la cucina,
il refettorio, la cantina, la stanza per legna e carbone e quella per la frutta o per altri commestibili. Nel centro di questi fabbricati, esposto a mezzodì,vi era un giardino con alberi di limoni, di mandarini e di aranci e di nespoli del Giappone, i quali sebbene non attecchiscono nella zona agraria di Piana per
la sua elevazione ad 800 metri, pure in mezzo a quei fabbricati attecchirono benissimo e furono sempre rigogliosi, producendo frutti abbondanti e gustosi.
Abolito l'Oratorio e ceduto il fabbricato al Comune nessuno si curò più del giardinetto e gli alberi furono lasciati intristire, venuta meno la coltura e la
irrigazione; ed essi uno dopo l'altro morirono tutti. Ora quel giardinetto lussureggia di piante di fico d'India (cactus opunzia) frutto modesto e buono;
ma che non può gareggiare con quei superbi frutti d'oro.