Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Cave di Cusa
Da Campobello di Mazara, percorrendo la statale 115 per Tre Fontane e a 13 km a nord-est delle rovine di Selinunte, è possibile raggiungere Le Cave di Cusa (o Rocche di Cusa),
antiche cave di tufo calcareo. Uno spettacolo remoto che trasporta indietro nel tempo.
Un sito archeologico che rappresenta la più suggestiva fabbrica naturale di materiale da costruzione d'epoca ellenica, da cui i selinuntini trassero il tufo calcareo che
utilizzarono per erigere la loro città. Si tratta delle cave di pietra caratterizzate da banchi di calcarenite estesi lungo circa 2 km in prossimità della costa.
Esse furono in uso dal VI secolo a.C. fino alla sconfitta dei greci da parte dei cartaginesi nel 409 a.C. quando conquistarono Selinunte.
Immersi in un'area aspra e verde nel contempo, ci si imbatte d'improvviso in dei tamburi cilindrici che rendono immediatamente l'idea di come venissero preparati i rocchi
(elementi costitutivi delle colonne dei templi).
L'elemento più significativo che vi si nota è la brusca interruzione dei lavori di estrazione, di lavorazione e di trasporto dei rocchi di colonna, dovuta alla minaccia
che incombeva sulla città per l'improvviso sopraggiungere dell'esercito cartaginese.
La repentina fuga dei cavatori, degli scalpellini e degli operai addetti, ha fatto sì che oggi noi possiamo non solo riconoscere ma anche seguire tutte le varie fasi
di lavorazione: dalle prime profonde incisioni circolari, fino ai rocchi finiti che attendevano soltanto di essere trasportati via.
Oltre a rocchi di colonne, nelle cave è possibile riconoscere anche qualche capitello, come pure incisioni rettangolari per ricavare dei blocchi squadrati,
tutti destinati ai templi di Selinunte. Alcune gigantesche colonne - sicuramente destinate al Tempio G - si notano nella zona W delle Rocche di Cusa,
allo stato ancora di primo abbozzo. Dei rocchi già estratti, alcuni erano pronti per essere trasportati via; altri, già in viaggio alla volta di Selinunte,
furono abbandonati lungo la strada.
Il procedimento per ricavare i tamburi delle colonne prevedeva innanzitutto una perfetta incisione circolare nella roccia; quindi,
dopo aver allargato questa verso l'esterno, estraendo dal solco la roccia con degli scalpelli, si creava un taglio ricurvo che, col procedere del lavoro,
si approfondiva; l'operazione proseguiva fino a quando il tamburo non aveva raggiunto l' altezza desiderata, dopodiché si procedeva alla sua estrazione,
distaccandolo dal fondo roccioso con l'aiuto di cunei che si facevano rigonfiare con l'acqua.
Il trasporto dei rocchi avveniva per rotolamento; quello dei blocchi squadrati, invece, per traino (sia su rulli che su carri tirati da buoi) forse dopo averli rivestiti con un'intelaiatura di legno, finalizzata ad agevolarne il trasporto, e nel contempo ad impedire che subissero danni o eccessive ammaccature in fase di spostamento.
L'odierno nome delle cave deriva dall' ex proprietario, il Barone Cusa.
Orario visite: tutti i giorni dalle 9,00 alle 14,00.
Ingresso gratuito.