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"...a vederlo tutto quel popolo affranto dal dolore, colla disperazione sul volto, eppure così pieno di fede nell' intervento di un essere supremo, è scosso anche l'animo nostro e invidiamo a quella gente semplice e rozza la fede che crede e non ragiona, quella fede che manca a noi." B. Gentile Cusa, in "Relazione sulla eruzione dell'Etna di maggio-giugno 1886"





La storia di Nicolosi è strettamente connessa alle vicende naturali dell'Etna, che tra lave e terremoti distrusse più volte l'abitato. Sicuramente in periodo arabo, nella zona vennero realizzate trazzere che rendevano più accessibile l'accesso al vulcano, ma fu sotto i normanni che furono edificati dei monasteri benedettini sulle pendici del vulcano. E' certo comunque che nel XII secolo nel territoriodi Nicolosi esisteva solo una chiesetta ed un ospizio per i monaci infermi e che, per donazione, con le vigne e le terre circostanti, il tutto entrò a far parte del monastero di San Leone, mentre più tardi, nel 1205, la zona fu unita al monastero di Santa Maria di Licodia come grangia. Rispettando la volontà espressa da Federico II d'Aragona che avrebbe voluto, in un luogo tanto bello e salubre, un monastero, Marziale vescovo di Catania ne ordinò la costruzione presso l'antico ospizio, sotto la guida di un temporaneo priore. Le origini di Nicolosi (lat. Nicolosus), come borgo del Monastero di S. Nicolò all'ARENA ( da RENA cioè terreno ricco di terra sabbiosa in contrasto con le rocce laviche = SCIARE), risalirebbero al XIV secolo. In un documento del 1589 relativo all'eruzione del 1536 si trova anche l'appellativo " la Ruina ": in tal caso è da relazionarsi alla eruzione che distrusse totalmente il monastero di San Leone e bruciò i poderi dei villaggi di Nicolosi e di Mompilieri. Benché già prima di tale data attorno all'ospizio si fossero insediate famiglie di pastori e di contadini, esse non costituivano un vero casale; fu invece con la trasformazione del Monastero in sede abbaziale che si rese necessaria una concentrazione stabile di personale. Nonostante ciò, frequenti erano nel luogo le visite della regina Eleonora, moglie di Federico II d'Aragona e, più tardi, della regina Bianca di Navarra, moglie di re Martino che soggiornò a lungo nel monastero. Proprio grazie al coraggio della regina Bianca gli abitanti non abbandonarono il paese nel corso dell'eruzione del 1408; non meno minacciosa e spaventosa dovette essere l'eruzione del 1444. Comunque il borgo di NICOLOSI cresceva d'importanza al punto che, nel 1447 divenne feudo del Principe di Paternò e fu amministrato da suoi procuratori che risiedevano a Malpasso. Dopo le eruzioni del 1536 e del 1537 ed il terremoto del 1542 mentre i monaci di S. Nicola ottenevano prima temporaneamente, poi definitivamente il permesso di abbandonare il monastero, il paese continuava ad ingrandirsi verso sud, attorno alla Chiesa che, nel 1601 divenne parrocchia, svincolandosi da Mompilieri. I " fuochi " cioè le famiglie residenti aumentavano e ciò faceva sperare anche in uno sfruttamento agricolo più ampio nel territorio; invece le eruzioni, le carestie e le pestilenze che si susseguirono, ridussero le risorse il piccolo centro al brigantaggio, retaggio delle misere condizioni economiche di un tempo. Un nuovo e violento arresto nella crescita venne nel 1633, quando dopo un violento terremoto fu la volta di una nuova e terribile eruzione che distrusse case e provocò vittime. Questa situazione di disagio spiega il mancato sviluppo in tali anni e l'esiguità numerica degli abitanti che, nel 1653 ammontavano a soli 515. A dare il colpo definitivo giunse poi la più terribile, forse, delle eruzioni storiche dell'Etna,quella del 1669 che raggiunse Catania. La quantità di sabbie buttate durante l'eruzione del 1669 fu tale da sommergere Nicolosi, Pedara e Trecastagni mentre la lava distrusse Malpasso, S. Pietro, Campo rotondo, Mompilieri e San Giovanni Galermo giungendo a Catania, al mare e circondando Castel Ursino. L'eruzione che cessò l'11 luglio creò presso Nicolosi i Monti Rossi, il più grande dei coni laterali etnei . I Nicolositi dopo essere stati lontani per quattro mesi dal loro paese furono costretti ad abitare una nuova città con gli altrettanto sfortunati abitanti di Malpasso e Mompilieri, cioè Fenicia Moncada per volontà del Principe di Paternò. Essi non accettarono di buon grado il trasferimento dalla "montagna " ad una zona paludosa e dopo numerose suppliche, nel 1671, ottennero il permesso di riedificare il paese. Fu rapidamente sistemata la Chiesetta della Madonna delle Grazie, l'unica a non aver subito danni, e qui furono portati i Sacramenti della Chiesa Matrice(sotto il titolo dello Spirito Santo) della quale erano rimasti in piedi pochi muri, il 18 agosto 1671. Sia la Chiesa Madre che quella delle Anime del Purgatorio furono ricostruite nello stesso luogo e con parte del materiale precedente, mentre alla prima metà del 700 risale la costruzione della Chiesa di S. Maria delle Grazie, di quella della Madonna del Carmelo nonché di quella di San Giuseppe. La popolazione era sempre in aumento ed il paese si ingrandiva verso ovest, nella zona chiamata " a sciara " oltre il Piano delle Forche, così chiamato perché vi si eseguivano le impiccagioni. Oltre la via che univa Nicolosi a Belpasso (ovest) e Pedara (est) il paese si collegava con Mascalucia dalla Via del Carmine e con Mompilieri da Via Abate Longo. Questa via partiva dall'odierna Piazza della Vittoria, un tempo denominata Piazza della Forca; qui fino alla metà del 700 finiva il paese, proprio perché le esecuzioni dovevano avvenire ad una distanza precauzionale dall'abitato. mentre ad est terminava alla Cappella della Anime del Purgatorio. Le uniche fonti di reddito rimanevano la pastorizia e l'agricoltura.