Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Palazzina reale di caccia dei Borbone - Ficuzza
Nel 1798 il re in fuga dai tumulti di Napoli, scelse questo territorio per adibirlo a Riserva reale di caccia, la sua principale passione.
I segni del suo passaggio sono già presenti nell'obelisco che è l'accesso a Ficuzza: la dicitura che esso reca, indirizza il visitatore verso quella “ regias aedes “ che resta oggi l'impronta più tangibile della sua presenza. Il re, infatti, non trovando nei territori circostanti nessuna masseria che potesse ospitare lui e tutto il suo seguito, nel 1799 fece progettare e costruire un palazzo che gli servisse non solo da residenza, ma anche per condurre la brillante vita di corte cui era abituato. Il progetto della palazzina venne redatto dall'architetto regio Carlo Chenchi, con modifiche apportate dall'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, che seguì i lavori iniziati nel 1802 e terminati nel 1807.
Il Marvuglia già a servizio del Re sin dal suo arrivo a Palermo, e per il quale aveva già costruito la odierna Palazzina Cinese, si avvalse delle più famose maestranze del tempo che abbellirono l'interno del Palazzo reale. Ferdinando di Borbone vi visse ininterrottamente dal 1810 al 1813.
Di stile neoclassico, simile alla reggia di Caserta, il palazzo è a pianta rettangolare con prospetto dalle linee neoclassiche dell'architettura siciliana, sovrastato dal gruppo scultoreo del dio Pan e della dea Diana con al centro lo stemma borbonico. Si caratterizza per la sua facciata rettangolare e severa e consta di un cantinato seminterrato al tempo adibito a riserva alimentare, di un piano terra ed un primo piano. Nel prospetto frontale è posto l'ingresso principale che serviva al re per accedere direttamente con la carrozza nella sua residenza. A sinistra dell'edificio si trova l'ingresso per la servitù che occupava tutto il piano nel quale erano anche la cucina e la dispensa; a destra, invece, l'ingresso della Cappella reale.
Le due file di finestre del prospetto principale sono sormontate da un cornicione sul quale troneggia un gruppo scultoreo eseguito da Giosuè Durante e da Francesco Quattrocchi, al centro del quale è posto lo stemma borbonico, di forma ovale e arricchito con motivi floreali. Ai suoi lati, due scene che raffigurano, a sinistra il dio Pan, protettore delle greggi e dei campi, che intrattiene con il suono del flauto alcuni animali selvatici, a destra Diana, dea della caccia e dei boschi, circondata da cervi e cani.
Lateralmente, nelle due estremità opposte due orologi eseguiti dall'artista Giuseppe Lorito. Al cantinato seminterrato, con volte a botte e robusti pilastri di sostegno, si accede, oltre che da una scala interna, da un corridoio interrato posto all'estremo nel lato della costruzione. Il piano nobile invece si trova in cima ad un scala realizzata in marmo rosso proveniente da cave locali (Scalilli) lungo la quale è possibile ammirare due rilievi su pietra arenaria che rappresentano le aquile borboniche con lo stemma reale. Da essa si diparte un lungo corridoio nel quale si susseguono l'appartamento reale e gli alloggi per i nobili che il re ospitava in occasione di feste e battute di caccia che lui stesso meticolosamente organizzava.
Questa parte oggi ospita oltre che i numerosi reperti archeologici della zona, i paramenti sacri della Cappella, alcune tele e antichi registri. La stanza reale, unico ambiente ancora originale, ha una parete aperta dal lato del corridoio e presenta quattro colonne in marmo bianco, scanalate ed abbinate a due a due i cui capitelli allungati a forma di fiore richiamano quelli egizi. La scanalatura delle colonne è ripresa nel decoro ligneo laccato posto sulle pareti. Il tetto della sala è decorato con una fascia a riquadri alternati, affrescati con scene mitologiche e di caccia in chiaroscuro e figure di cani cervi e animali selvatici in pittura colorata, separati uno dall'altro da frecce, faretre e fasci. La volta a crociera, anch'essa affrescata, è separata dai riquadri da una cornice a stucchi dorati. Agli angoli spiccano quattro conchiglie a motivo floreale, tra le quali, racchiuse in Lunette, sono rappresentate scene che rendono protagonisti la dea Diana e gli animali del bosco. Un camino di stile neoclassico in marmo di Carrara, adorna la parte destra della stanza. Proseguendo lungo il corridoio si accede ad un balcone che si affaccia direttamente nella Cappella, dal quale il re poteva assistere alle funzioni religiose. Questa piccola chiesa (tutt'ora adoperata) per la quale furono impegnate, in campo pittorico e scultoreo, i più rappresentativi artisti dell'epoca (Giuseppe Velasco e Girolamo Bagnasco) ha una pianta ellittica con volta a botte adornata da cornici che racchiudono forme geometriche. Le pareti sono decorate da coppie di lesene scanalate a spigoli smussati e capitelli ionici. E' opera di Giosuè Durante l'altare realizzato in marmi policromi, mentre è del Velasco la tela ovale ad olio che rappresenta Santa Rosalia in meditazione dentro una grotta che sovrasta l'altare stesso, il dipinto è inserito in una cornice di marmo giallo sostenuta da due angeli e sormontata da due putti. Di Girolamo Bagnasco sono invece un rilievo collocato nella parete centrale dell'altare raffigurante la cena di Emmaus e il crocifisso ligneo che sta su di esso. Lo stesso re si curò di arricchire la Cappella con arredi sacri che aveva portato con se da Napoli e dalla reggia di Caserta; ancora oggi possiamo ammirare un calice in argento ed una splendida pisside in argento dorato a motivi floreali, che reca, incisi sul coperchio, 3 momenti della Passione. Altri oggetti in argento, tra cui spicca un ostensorio, fanno parte del tesoro della Cappella e si possono trovare, all'interno del Palazzo, nelle stanze adibite all'esposizione. E sebbene molte delle opere già inventariate nel 1815 (tele, drappi, arazzi, mobili e statue) siano andate perse durante i numerosi saccheggi cui il Palazzo fu sottoposto nel corso dei secoli, molte altre invece sono state recuperate e conservate. E' questo il caso di alcune sculture provenienti dalla Chiesa di Sant'Isidoro Agricola, ancora esistente fino al secolo scorso. Fra queste, spicca un bassorilievo raffigurante il santo nell'atto di toccare con una verga un sasso dal quale sgorga acqua di sorgente. La chiesa, infatti, sorgeva in contrada Lupo nei pressi di una sorgente e dal suo interno era possibile ammirare lo scorrere dell'acqua attraverso una grata di marmo, oggi esposta, così come il bassorilievo, all'interno del Palazzo. Nelle stalle della Real Casina di Caccia con archi in pietra furono previste delle vere e proprie postazioni per i venditori in visita presso la borgata. Nella sua piazza, infatti, specialmente in occasione del culto di Sant'Isidoro, la cui festività ricadeva a metà del mese di Maggio, si alternavano orafi, argentieri, mobilieri e tessitori oltre che mercanti di bestiame e artigiani del pellame che proponevano bardature e finimenti di ogni tipo per cavalli dei quali il re era un grande estimatore.
Nel 1871 il palazzo e il relativo bosco, venne affidato all'Amministrazione forestale del Regno d'Italia, che amministrerà il bosco, la palazzina, la borgata e gli abitanti. Oggi è gestita dal Corpo forestale della Regione siciliana.
Il palazzo è stato riaperto al pubblico nell'aprile 2009. Il 3 agosto 2013 la Regione Siciliana ha voluto utilizzare la struttura per istituire il "Museo multimediale del bosco di Ficuzza" dove viene messa in risalto l'enorme biodiversità del parco e la storia di Ferdinando IV di Borbone durante la sua permanenza a Ficuzza.