Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Torre Fano-Torrefano
Fin dalle antiche epoche storiche, e comunque a partire dal periodo greco-siracusano ellenistico, fu edificata, in contrada belvedere di Torrefano,proprio in cima al "promontorio Pachino", una Torre di segnalazione e controllo del mare. Principalmente destinata alle comunicazioni con capo Murro di Porco (Plemmirio), e Siracusa. I resti di questa importante rovina archeologica, chiamata appunto Torre Fano, termine forse greco che dovrebbe significare "illuminazione, lampada", sono ancora visibili nei pressi di uno spiazzale da dove possiamo ammirare tutta la costa meridionale della Provincia di Siracusa e in particolare la zona costiera di Marzamemi e di Portopalo di Capo Passero con l'omonima isola, la vecchia tonnara e la zona di Scalo Mandrie comprendente il Castello Tafuri. Difatti da qui si gode uno dei panorami più belli di tutta la Sicilia.
La costruzione di questa torre fu voluta da Siracusa, capitale del mondo ellenistico occidentale e della Magna Grecia, dunque, in un periodo storico che ha inizio intorno al 700 a.C.. Il fano, veniva principalmente utilizzato, come guida ai naviganti che doppiavano l'estrema punta della Sicilia, ma, anche, sito di controllo e guardia del mare africano a protezione contro le incursioni puniche.
Difatti questa torre è stata utilizzata dai Greci come una specie di faro di segnalazione, che serviva ad avvisare Siracusa in caso di invasioni da sud est; infatti in base all'intensità della fiamma che ardeva sulla sommità della torre si poteva capire il grado di pericolo che incombevano i possedimenti siracusani nel sud della Sicilia (non a caso secondo alcuni studiosi le fiamme di questa torre sarebbero state visibili addirittura dal Capo Murro di Porco, zona facente parte tuttora del comune di Siracusa).
Il fano ebbe le stesse funzioni nel periodo romano e bizantino.
Il transito nel promontorio era necessario per la comunicazione marittima fra la capitale, Siracusa, e le sua colonia nel mare africano occidentale Camarina, la quale fu edificata e costruita intorno al 589 a.C.
I fani, intesi come punti di segnalazione contro gli assalti provenienti dal mare furono costruiti e potenziati soprattutto in periodo Normanno, Svevo e Aragonese. La sua riedificazione risale agli inzi del XV secolo, allorchè le incursioni barbaresche sulle coste siciliane si erano fatte più frequenti e brutali che nel passato. Fu re Martino il Giovane, della dinastia Aragonese, a decidere la realizzazione della Torre, ritenendo il capite pasceris luogo d’importanza strategica non solo per la posizione geografica ma anche e soprattutto per le fiorenti attività economiche che si svolgevano nell’entroterra e nel mare antistante.
In origine la torre aveva forma cilindrica e struttura architettonica estremamente semplice. Nella seconda metà del Cinquecento subì delle modifiche sostanziali, con la realizzazione di una scarpa tronco-conica a rinforzo e sostegno del vechio manufatto e l’aggiunta, in cima, di un coronamento aggettante provvisto di caditoie. La Torre rimase comunque piuttosto piccola, con un diametro di appena sei metri e un’altezza che non superava i dieci metri.
La città di Noto provvedeva alla sua manutenzione e vi teneva un guardiano tutto l’anno per la corrispondenza dei segnali di fuoco e fumo (i cosiddetti fani) con le altre torri del litorale.
L’architetto Tiburzio Spannocchi, che la visitò nel 1578, la ritenne inadeguata per un’efficace azione di contrasto alle incursioni turchesche poichè, date le sue dimensioni, non poteva essere presidiata da soldati ed armata con bocche da fuoco; pur tuttavia fu del parere “che non si abbandonasse per essere così eminente”. Pochi anni più tardi, nel 1583, la Torre fu ispezionata dal capitano Giovan Battista Fresco, commissario generale delle torri e delle guardie marittime, e dall’architetto Camillo Camilliani. Il capitano Fresco trovò la torre “molto male a ordine” ed ordinò ai Giurati di Noto di far effettuare al più presto i necessari aggiustamenti. Il Camilliani la descrisse come “una torretta non molto forte nè molto grande”, destinata ad essere presso dismessa. La Torre, invece, continuò a svolgere la propria importante funzione per molti anni ancora, cadendo in disuso solamente agli inizi del Settecento.
Quel che rimane oggi della Torre è solo una porzione del basamento, un piccolo rudere abbandonato all’incuria e all’azione dei vandali.