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Museo archeologico Baglio Anselmi - Marsala
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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Museo archeologico Baglio Anselmi - Marsala

Museo archeologico Baglio Anselmi - Marsala




Sul lungomare, in prossimita' di Capo Boeo, sorge il Baglio Anselmi, ex stabilimento vinicolo costruito intorno al 1880, destinato alla produzione del Marsala e alla distillazione dell’alcool puro, nel quale oggi ha sede il Museo archeologico, il maggior museo marsalese, per importanza e numero di reperti.
Il perimetro del baglio si articola intorno ad un’ampia corte, oggi in parte adibita a giardino, secondo la dislocazione, tipica delle dimore rurali siciliane, dei corpi di fabbrica intorno ad uno spazio recintato (bagghiu dal francese antico bail). Sono stati adibiti a spazi espositivi i due grandi magazzini dove venivano stivate le botti, caratterizzati da alte arcate ogivali in pietra calcarea che scandiscono lo spazio per l’alloggio delle vetrine e dei reperti.
Il Baglio Anselmi è stato adibito a Museo nel 1986 con la duplice finalità di ospitare il relitto della Nave punica e di esporre significative testimonianze archeologiche che illustrano la storia di Lilibeo. I materiali esposti provengono principalmente dalle campagne di scavo condotte dai primi del Novecento ad oggi, insieme ad un ristretto nucleo dalla Collezione “G. Whitaker” di Mozia e da vecchie acquisizioni comunali. Dall'ingresso principale si aprono due ampie sale espositive: la prima, a destra, è dedicata all'esposizione dei rinvenimenti subacquei, tra i quali spicca il relitto della Nave punica, insieme ad una ricca collezione di anfore da trasporto, ceppi di ancora, e al carico dei relitti arabo-normanni rinvenuti al largo del Lido Signorino. La sala a sinistra, preceduta da una saletta con documentazione grafica e fotografica, è dedicata a Lilibeo ed espone, in ordine cronologico e topografico, le testimonianze archeologiche della città e del suo territorio che vanno dal periodo preistorico al medioevo. I reperti sono per lo più costituiti da ceramiche e terrecotte di epoca ellenistica e romana, epigrafi incise su lastre di pietra e documentazioni su alcune case romane sparse per la città, provano l'intensa attività edilizia che interessò la cittadina durante l'età romana imperiale .
Sala della Nave punica
Si tratta di un relitto da guerra fenicio-punico del III secolo a.C., epoca delle guerre puniche tra romani e cartaginesi, rinvenuto nel mare tra Favignana e la terraferma, presso Punta Alga, sul litorale nord. Fu usata durante la battaglia delle isole Egadi che concluse la prima guerra punica, combattuta dai Romani contro i Cartaginesi per la conquista della Sicilia, ed è un unico esemplare al mondo, importantissimo per lo studio della tecnica navale fenicia.
Del relitto sono stati recuperati e ricostruiti il dritto di poppa e la fiancata di babordo, con parte della chiglia, dei madieri e delle ordinate che ne costituivano la struttura interna. Fanno parte della dotazione di bordo vasellame da mensa, un pugnale, cordami e persino resti di Cannabis. Il relitto di Marsala è una inequivocabile testimonianza del metodo di prefabbricazione delle navi fenicie e puniche, già noto dalle fonti storiche (Polibio). I corsi di fasciame e le parti strutturali venivano costruite in serie e contrassegnate con segni o lettere dell'alfabeto fenicio, per essere poi assemblate velocemente e consentire il varo di un’intera flotta in pochi giorni.
Sala Lilibeo
La storia della città di Lilibeo viene presentata in un percorso continuo che si svolge da sinistra verso destra, attraverso testi esplicativi, documenti grafici e fotografici e reperti che attestano la ricchezza di un patrimonio archeologico tra i più rilevanti nel Mediterraneo antico.
La vetrina dedicata alla fase preistorica espone materiale, databile tra il Paleolitico superiore e l’Età del bronzo, che documenta una frequentazione sporadica dell’entroterra che non ha ancora carattere di insediamento.
La sezione dedicata a Mozia consta di due vetrine, l’una dedicata al tofet, con una piccola esposizione di stele e di vasi cinerari, l’altra alle necropoli, quella arcaica ad incinerazione, e quella sul promontorio di Birgi nella costa settentrionale dello Stagnone. Quest’ultima, già interpretata come “necropoli recente di Mozia”, a prevalente inumazione, alla luce degli ultimi studi e delle recenti indagini archeologiche è da considerare la necropoli di un centro, collegato a Mozia dalla strada marina, che si sviluppò in modo autonomo e parallelo alla colonia fenicia.
La descrizione di Lilibeo inizia con una serie di pannelli dedicati al sistema fortificato che rese “inespugnabile” la città di fondazione punica. Di seguito, una vetrina con oggetti di uso comune che documentano la vita quotidiana nella città di IV- III secolo a.C., provenienti sia dalla necropoli che dall’abitato. Un manufatto di rilevante interesse è il braciere portatile in terracotta, rinvenuto a largo del litorale sud di Marsala, che doveva essere una specie di “scaldavivande” di bordo.
I ricchi corredi della necropoli punico-romana sono rappresentati da un’ampia documentazione degli scavi condotti a Marsala dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni. L’analisi dei resti antropologici, insieme agli oggetti di uso comune che costituiscono i corredi, ha consentito di individuare sesso ed età dei defunti. Si distinguono così le deposizioni infantili dai vasi miniaturaristici o dai biberon, le sepolture maschili per la presenza di un coltello o di uno strigile, quelli femminili per le pentole o gli oggetti da toeletta. In particolare, tra gli oggetti più preziosi che caratterizzavano i corredi femminili, si segnala la presenza di una serie di vasi sicelioti a figure rosse sovradipinti che raffigurano scene di gineceo (fine IV- inizi III sec. a.C.). Tipica della koinè culturale punica di periodo ellenistico la produzione di vasi plastici, a forma di testa di negro, di piede con calzare, di porcellino, che dovevano rivestire nelle tombe la funzione di ex-voto. I riti funerari e i tipi di sepolture sono documentati da anfore ed olle cinerarie, un’urna in pietra, un’olla in piombo, un sarcofago in pietra bianca di Trapani; un cippo in calcare a forma di figura maschile. Di particolare interesse le laminette in piombo inscritte che affidavano al segreto della tomba invocazioni agli dei inferi o invettive di tipo giudiziario. Due manine in avorio, inscritte sulla faccia posteriore, documentano invece la solenne promessa di amicizia e di ospitalità tra un punico, di nome Imulch Inibalos Cloros, e un greco, Lyson figlio di Diognetos, un simbolo inequivocabile della composizione multietnica della popolazione lilibetana.
La fase tardo repubblicana dell’abitato è rappresentata da una serie di elementi architettonici in stucco dipinto, quali cornici e capitelli che decoravano gli atri e i porticati delle ricche case lilibetane, soffitti con disegni geometrici, pavimenti a scaglie di marmo policromo. Inoltre un quadro del vasto raggio di rapporti commerciali della città nello stesso periodo emerge dai bolli impressi su anfore commerciali dalle isole di Cos, Rodi, Naxos, e dall’Apulia. L’elevato tenore di vita che caratterizza Lilibeo da questo momento fino alla prima età imperiale, si riflette anche negli usi funerari, dai raffinati oggetti di corredo e dalla serie di edicole dipinte, colonne e cippi funerari rinvenuti nella ricca necropoli monumentale ellenistico- romana. Si trattava di epitymbia, ossia di piccoli monumenti posti sopra la sepoltura, talvolta su una bassa piramide gradinata (fine III sec. a.C. - I sec. d.C.). Dalla stessa necropoli proviene un monumento funerario a forma di tempietto circolare (tholos) su alto podio cubico, di cui sono esposte parti della copertura, della trabeazione, delle colonne e della transenna che conservano i vivaci colori originari. La tipologia di questo monumento richiama modelli alessandrini e conferma gli intensi rapporti culturali che legavano Lilibeo ai più importanti centri ellenistici.
La fase romano-imperiale viene introdotta, in una saletta dedicata, dalle epigrafi che testimoniano l’importante ruolo svolto nella città, ormai colonia con il nome di Helvia Augusta Lilybitanorum, da alcuni membri della classe senatoria attraverso una serie di opere pubbliche, come la pavimentazione nei pressi del Septizodium (un edificio monumentale dedicato alle divinità indicanti i giorni della settimana), e la pavimentazione della piazza o via delle Cereri.
La più rilevante scoperta archeologica del secolo scorso, le “Insulae di Capo Boeo”, è ampiamente documentata nell’esposizione museale da una serie di reperti come lucerne, piccole anfore di tipo tardo romano (spatheia), sculture in marmo quali una Nike, un’erma e da un grande plastico che riproduce le case con ambienti termali e pavimenti musivi. Di tali pavimenti si possono ammirare due esempi: il grande mosaico a decorazione geometrica staccato dal vano 36 dell’Insula I (III sec. d.C.) e un frammento a tessere più grandi (opus sectile) con disegno di raro illusionismo prospettico, dall’Insula II (I sec. d.C.). Inoltre, al centro della sala, è stato di recente ricostruito un angolo della grande domus di età imperiale (III sec. d. C.), rimessa in luce nel centro urbano in occasione di recenti lavori pubblici, con due pannelli musivi che ornavano i pavimenti delle stanze e un frammento dell’intonaco parietale decorato ad affresco. Il ritrovamento, in via delle Sirene, di altre due abitazioni di epoca imperiale è documentato da un architrave intonacato e dipinto in rosso e blu e da un grande pannello che restituisce il disegno di un emblema musivo. Al periodo imperiale si datano anche le sculture virili al centro della sala: un guerriero eroizzato e una figura acefala, nella quale si può ugualmente individuare un militare per la presenza del mantello e dello scudo, oltre alle sculture collocate nello spazio espositivo a sé stante all’inizio del percorso. Si tratta delle statue in marmo di due dee venerate a Lilibeo: la celebre Venere Callipigia, copia romana (II sec. d.C.) da un originale ellenistico, rinvenuta nell’area archeologica presso la Chiesa di San Giovanni al Boeo, e il torso marmoreo pertinente, con tutta probabilità, ad una statua della dea Iside, rimessa in luce nel corso degli ultimi scavi nell’Insula III di Capo Boeo (2008).
La fase paleocristiana è presentata da una serie di pannelli sulle vaste catacombe lilibetane, il Complesso di S. Maria della Grotta, le latomie dei Niccolini e la Chiesa di San Giovanni al Boeo con l’ambiente ipogeo sottostante (c.d. Grotta della Sibilla), assai probabilmente utilizzato come luogo di riunione della primitiva comunità cristiana. Tra i reperti, una serie di lucerne con simboli cristiani e una tegola dipinta con tralci d’uva che suggellava una delle tombe ad arcosolio delle Catacombe dei Niccolini. Allo stesso ambito cronologico può ricondursi l’ultima vetrina, che conclude il percorso espositivo con una serie di reperti provenienti dall’Ipogeo di Crispia Salvia (II-IV sec. d.C.), tra cui l’epigrafe fittile che fa memoria della defunta e del dedicante, il marito Iulius Demetrius.
Infine, alla città medievale, ormai chiamata Marsala da un toponimo arabo, è dedicata una ricca esposizione di vetri, vasi in terracotta invetriata e maioliche, databili dalla dominazione normanna (fine XI secolo) al periodo aragonese (XV secolo), rinvenuti all’interno dell’antica città murata. Si tratta di ciotole, scodelle e catini vivacemente decorati che attestano, oltre che una vivace manifattura locale, l’intensità dei rapporti commerciali che la città intratteneva con le repubbliche marinare dell’Italia peninsulare e con i centri della prospiciente costa africana, interlocutore privilegiato durante la sua storia millenaria.

Indirizzo : Via Capo Lilibeo
Provincia : Trapani Comune : Marsala
Tel. : 0923952535

Area archeologica di Capo Boeo
Auriga di Mozia (italiano)
Auriga di Mozia (English)
Museo Giuseppe Whitaker
Ipogeo di Crispia Salvia




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