Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Castello di Federico II
Largo Castello
Il castello di Giuliana si erge a 736 m. sul livello del mare e da un lato domina la vallata del fiume Sosio dalla rupe di origine vulcanica, mentre dal lato della torre, si volge verso il centro abitato, in asse con la strada che collega il castello alla chiesa madre del paese.
Sulla costruzione del castello, data l’assenza di documentazione, esistono due teorie: la prima, sulla base degli elementi architettonici tipicamente svevi, ne ha attribuito la paternità a Federico II di Svevia; la seconda, avvalorata dalla lunga permanenza di Federico III a Giuliana nel 1332, a questo sovrano della dinastia aragonese.
Diverse sono le fasi di costruzione individuabili nel complesso castrale: al mastio di forma pentagonale, in epoca poco posteriore, furono ancorati due fabbricati rettangolari e nella prima metà del XVII sec. sulla cinta muraria del castello, che si sviluppa a semicerchio attorno alla fortezza, fu edificato un monastero grazie alla donazione nel 1648 da parte di Isabella Gioeni, marchesa di Giuliana, e del marito Marc'Antonio Colonna ai monaci Olivetani di Santa Maria del Bosco di Calatamauro.
Questo monastero divenne Istituto del Boccone del Povero nel 1902 e nel 1991 Opera Pia Buttafoco-Tomasini. La fortezza di Giuliana assolse per lungo tempo un rilevante ruolo strategico, sorgendo infatti, lungo la direttiva Corleone-Sciacca, era collegata ad ovest con il castello di Zabut (Sambuca di Sicilia), il quale a sua volta tramite il castello di Menfi comunicava con quello di Salemi; a sud con il castello di Caltabellotta; ad est con quello di Prizzi, che tramite Vicari comunicava con il famoso castello di Caccamo. I collegamenti verso nord erano assicurati dai castelli arabi di Calatamauro, Patellaro e Calatrasi.
Il maniero presenta una forma irregolarmente trapezoidale appartenne, in epoca normanna, all’Arcivescovo di Monreale; fu poi ristrutturato per esigenze strategiche sotto il dominio dello svevo Federico II; nel XVII secolo alcune sue parti diroccate furono ristrutturate e poi adibite a monastero della SS. Trinità ed affidato ai Padri Olivetani della vicina Santa Maria del Bosco.
E'costituito da due corpi di fabbrica rettangolari che si uniscono ad angolo ottuso rafforzato da un torrione a base pentagonale. La pianta della torre pentagonale è quasi un unicum in Sicilia e ha un parallelo solo nel Castello federiciano di Augusta.
Attraversando un portone ci troviamo in un’ ampia corte compresa fra gli edifici dell’ex convento e il nucleo centrale del castello, che si raggiunge percorrendo una rampa in leggera salita. Al centro dell’impianto si erge la torre che fa da cerniera alla composizione architettonica dell’edificio e probabilmente costituì il nucleo originario della costruzione al quale, in un momento poco successivo, si addossarono le due ali a pianta rettangolare.
La torre, ha tre elevazioni ed ha un’ altezza di metri 18,80 e lati di metri 7,20. Le mura hanno uno spessore di 2 metri e sono realizzate a doppio paramento con conci di calcare bianco, disposti con una certa regolarità e con un riempimento centrale di pietra e malta (acqua e sabbia), gli spigoli del mastio sono rifiniti con conci di arenaria e le cornici delle finestre e delle feritoie con conci tufacei, che formano un motivo ornamentale.
Dalla terrazza di copertura il panorama che si riesce a dominare è di grande suggestione e spazia in tutte le direzioni: a sud all’orizzonte si vede il mare, a est il vicino centro di Chiusa Sclafani e a nord l’abitato di Giuliana con la chiesa Madre in asse con il mastio pentagonale. A sud dell’edificio una terrazza si affaccia a strapiombo sulla valle del fiume Sosio. Già a partire dal periodo aragonese il castello aveva mutato la sua originale funzione militare divenendo residenziale.
La struttura si è mantenuta pressoché integra nel tempo fino ai primi del ’900 quando, per evitare il crollo, la torre fu privata della parte superiore e della merlatura senza porre rimedio al progressivo deterioramento dovuto alla incuria dei secoli precedenti; solo recentemente la Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo ha provveduto al consolidamento statico delle parti rendendo agibili e fruibili anche i piani superiori della torre. Il restauro è stato ultimato e adesso il Castello di Federico II si presenta in tutta la sua spettacolare bellezza.
Il castello è stato restaurato, seppure parzialmente, di recente con progettazione e direzione dei lavori a cura della Soprintendenza ai beni Culturali ed Ambientali di Palermo, ospiterà un Museo delle pietre dure, con particolare riguardo alle agate e ai diaspri, ampiamente presenti nel territorio. I diaspri di Giuliana, di cui il De Borch (1778/80) ne ha enumerato ben 46 varietà, vennero massicciamente stilizzate in età barocca per la decorazione a marmi “mischi” delle chiese palermitane e vennero richiesti anche dalla corte medicea di Firenze e da quella borbonica di Napoli.