Fin dal sorgere della città,per volontà della fondatrice Vittoria Colonna, era stata dedicata a San Giovanni Battista una chiesa. Nella piazza della Trinità possiamo visitare ciò che resta dell'antica chiesa di San Giovanni Battista quasi totalmente distrutta dal terremoto del 1693, di essa rimasero pochi resti che lasciano presumere le notevoli dimensioni. Tra i resti si possono ammirare ancora l'antico portale e un fonte battesimale risalente al 1612.
Durante il terremoto, che devastò gran parte della Sicilia orientale, mentre la chiesa del Santo Patrono crollò completamente al suolo, le abitazioni non subirono alcun danno e la popolazione rimasta quasi del tutto indenne, attribuì questo evento straordinario alla protezione di S. Giovanni e, considerando come il Santo avesse preferito sacrificare la sua "Casa", piuttosto che le case dei Vittoriesi, questi decisero di edificargli una chiesa più grande, in un luogo più centrale. Commovente fu allora l'entusiasmo con cui il popolo si dedicò alla costruzione. Si fece a gara nel contribuire con offerte in denaro, in natura e in mano d'opera gratuita. Si evitò di chiedere contributi a persone di governo e autorità pubbliche. Il popolo volle avere per sé l'orgoglio di avere edificato al Santo Patrono quella chiesa che ancora oggi, abbellita continuamente nel corso degli anni, rimane monumento e documento della fede e della operosità dei Vittoriesi.
La nuova Chiesa di San Giovanni Battista,in piazza Vescovo Ricca, venne costruita dal 1695 al 1706 e fu consacrata il 16 maggio 1734 dal vescovo di Siracusa mons. Matteo Trigona cui assisteva l'arciprete don Enrico Ricca. I lavori di muratura vennero completati nel 1706 e sull'arco del portale maggiore venne posto uno stemma a perpetua memoria del concorso di tutto il popolo nella costruzione della nuova chiesa in cui si legge:
"Mater Ecclesia a populo constructa 1706"
La Chiesa di San Giovanni Battista il 5 aprile 1750, a petizione dell'arciprete Don Enrico Ricca, veniva aggregata alla Sacrosanta Patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore in Roma. Da quel giorno la Chiesa venne elevata all'onore di Basilica. Un tempo, era antica pratica che delle chiese locali si aggregassero ad importanti Basiliche romane. Questa "affiliazione" conferiva alle chiese aggregate la partecipazione delle Grazie, Indulgenze, Privilegi che ad essa erano stati concessi dai Sommi Pontefici: i fedeli che avrebbero visitato la Chiesa di San Giovanni, avrebbero goduto delle indulgenze di cui avrebbero beneficiato visitando la Chiesa romana di Santa Maria Maggiore.
L'interno, della chiesa attuale, diviso in tre navate, è ricco di marmi, di dorature, di stucchi, di statue e di affreschi.
Prezioso monumento è la cupola "Moresca", costruita su disegno dell'architetto Giuseppe Di Bartolo Morselli (progettista anche del Teatro Comunale) tra il 1850 e il 1854.
Da documenti del 1680 sembra che nella piazza prescelta per la costruzione della nuova chiesa, sorgesse un oratorio della Congregazione del Santissimo Crocifisso. Quindi la nuova chiesa sarebbe sorta intorno all'oratorio preesistente.
Il prospetto presenta una struttura piana, realizzata con "tabbia" locale della cava Cammarana, ossia Capitina, poi Orto di don Orazio. Esso è composto da tre ordini sovrapposti, incorniciato da lesene con capitelli ionici e corinzi che scandiscono e sottolineano gli spazi della piatta massa architettonica. Il primo partito offre una chiara e interessante testimonianza architettonica, dai caratteri tipicamente secenteschi di stile tardo-rinascimentale e manieristico, dagli stemmi elaborati dai festoni con coppie di putti e ghirlande di frutta e di maschere di preziosa espressione artistica; presenta tre portali, uno centrale ad arco centrico e due laterali più piccoli con ricche decorazioni scultoree. Questo si raccorda al secondo partito con arcuati contrafforti dietro i quali si innalzano due snelli cupoloni da tamburi ottagonali. La parte terminale si conclude con un timpano triangolare, diviso dal secondo ordine da una cornice marcapiano sporgente e sormontato da un'alta croce in ferro battuto, sostenuta da un fregio; nella sua parte centrale vi è uno spazio arcuato entro il quale è allocata una campana, mentre a destra e a sinistra, in alto, spiccano due orologi finti.
La chiesa si raccorda alla piazza antistante tramite un'ampia gradinata semiellittica, larga alla base quanto l'intera prima parte della facciata con tre portali sormontati da stemmi, realizzati nel 1732 dallo scultore Benedetto Cultraro da Chiaramonte Gulfi. .
La Basilica ha una pianta a croce latina con tre navate divise da un bel colonnato, formato da dieci colonne di stile classico: quella centrale, più larga delle laterali, è attraversata da un transetto di larghezza inferiore, ma molto corto nella sua lunghezza e robusto per l'evidente preoccupazione di un altro eventuale terremoto. La cupola poggia su un tamburo traforato da otto finestre, alternate da sedici classiche colonne all’esterno e sedici lesene all’interno, conclusa, a sua volta, da un cupolino, completato da una Pigna che si eleva al cielo. Nei quattro pennacchi della cupola Giuseppe Mazzone dipinse nel 1873 i quattro Evangelisti. Due di essi, e precisamente Matteo e Giovanni, poiché si scrostarono dalla parete, furono dipinti su tela nel 1884 da Domenico Provenzani e applicati successivamente alle pareti dei due pennacchi. L’interno è ricco di marmi, di dorature e di decorazioni a stucco, realizzati nel secondo Ottocento con raffinato gusto eclettico dagli artisti Giuseppe Sesta da Comiso, Carmelo Guglielmino da Catania e Giovanni Tanasi da Palazzolo Acreide. La navata destra, la navata sinistra e la navata centrale, in fondo alla quale si trova l'altare maggiore, si affacciano nel transetto, al centro del quale si eleva la cupola leggermente ovalizzata, progettata nel 1854 dall’arch. Giuseppe Di Bartolo Morselli di Gela, autore anche del Teatro Comunale. Le cappelle che si trovano nelle due navate laterali sono ricche di stucchi dorati e di colonne semplici e sottili, illuminate dalle soprastanti finestre navicolari a mezza luna.
Nella sacrestia sono conservati i ritratti dei parroci e degli arcipreti della basilica. Si tratta di ben venti dipinti, in gran parte di autore ignoto, che risalgono al periodo compreso fra il 1640 e il 1978.
La Chiesa possiede, fra le tante opere d'arte, una grande tela detta "Taledda" di G. Mazzone del 1861 che ricopriva, anticamente, l'altare Maggiore durante la Passione. Nella tela, che viene esposta durante la Quaresima, sono raffigurate 43 figure attorno alla scena del "Martirio". La Chiesa ha un buon archivio storico e una biblioteca.