Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Chiesa di san Vito-Vizzini
Via S. Gregorio Magno
La Chiesa di San Vito, in un primo momento si chiamò Chiesa dello Spirito Santo.
è una delle Chiese più antiche, costruite nel III secolo dopo Cristo, su un'ampia grotta catacomba dove si riunivano i primi cristiani;
fu sede dell'arciconfraternita dello Spirito Santo e accanto gli fu costruito un ospedale. La Basilica di San Vito è del "700", si trova vicino la Chiesa Madre ed
è composta da tre navate. L'altare maggiore della Chiesa di San Vito, tutti gli intenditori lo annoverano tra le opere migliori della scuola Caginesca.
La grandiosa composizione architettonica fa presagire il miglior barocco; occupa tutta la parete di fondo dell'abside. Colpiscono immediatamente la perfetta fusione
tra le movenze e volute sinuose delle colonne tortili giganti che hanno le basi decorate con ricchezza inusitata di motivi, rami e fiori, con una miriade di piccoli
putti nudi dalle armoniose e proporzionate forme, e la leggiadria delle linee e dei nudivi decorativi dell'arco centrale e della festosa trabeazione.
Di particolare interesse la cupola del campanile impreziosita con arabeschi di chiaro stile Moresco. I capitelli Corinzi delle colonnine ridondano di foglie
d'acanto contenute per altro entro i limiti dei più perfetti canoni rinascimentali. Le colonne poggiano sopra due grandiosi piedistalli dalle facciate a tamburo
e dai basamenti a cornici sfilettate. Originariamente la decorazione ad oro zecchino conferiva certamente splendore a tutta la scultura.
Una Cappella con altare è dedicata al Santo Martire "San Vito" il quale guarì molti malati di idrofobia ed è per questo che ai piedi della statua sono raffigurati due cani.
All'interno troviamo la statua della "Madonna dell'Itria", festeggiata il martedì dopo Pasqua e la statua del "Sacro Cuore". Bello il Crocifisso del 1630 scolpito in legno;
è attribuito a Frate Umile Pintorno da Petralia. L'espressione sofferente del viso, delle forme ci fanno pensare senz'altro che la mano è appunto di Frate Umile.
Resta un'opera degna di ammirazione non solo per l'espressione del volto ma per l'armonia delle proporzioni, l'accuratezza della fattura nei particolari anatomici sino
alla estrema tensione non solo dei muscoli, ma delle stesse vene gonfie nello spasimo dell'agonia.