Muoviti, amore, e vattene a Messere,
E contagli la pena ch'io sostegno:
Digli che a morte vegno,
Celando per temenza il mio volere
Pizzo di Caltabellotta
Essendo il Pizzo un punto preminente rispetto ai territori circostanti, quello di Caltabellotta , chiamato Triokala nell'antichità, fu abitato fin dal tempo dei Sicani e nel 103 a.C., fu roccaforte durante la rivolta degli schiavi. Nel 840 d.C. , la località cadde in mano dei musulmani che la chiamarono in arabo qal-tat al-ballùt (la 'rocca delle querce'). Alla fine del secolo X , Caltabellotta viene annoverata fra le 'città fortificate' (mudun) di Sicilia. Il castello pare sia stato riedificato nel 1090 all'arrivo dei Normanni. Tale riedificazione pertanto è avvenuta contemporaneamente a quella della chiesa della Madonna della Raccomandata, successivamente dedicata a S. Francesco di Paola, e alla chiesa del Salvatore, ubicata alle pendici del monte, la cui porta originaria era rivolta proprio in direzione del castello. Nel 1150 circa, Idrisi riferisce che la popolazione di Caltabellotta (presumibilmente musulmana) era stata trasferita a Sciacca, mentre nel "torreggiante fortilizio costruito sopra alta vetta in sito scosceso" venne insediata una guarnigione. Al di là degli aneddoti popolari tramandati oralmente, è storicamente accertato che il castello di Caltabellotta, comunque lo si voglia chiamare (castello del Conte Luna o della Regina Sibilla), fu il luogo in cui venne ospitata la regina Sibilla e dove risiedeva, preferibilmente, la famiglia Luna, che ne ha detenuto per più tempo la castellania, al tempo del "Caso di Sciacca". Nel 1194, infatti, morto re Tancredi cui successe il figlio Guglielmo III ancora fanciullo, la regina madre Sibilla cercò di organizzare la resistenza nell'isola contro lo svevo Arrigo VI, che avanzava alla conquista del regno di Sicilia e per prima cosa si preoccupò di mettere in salvo il giovane re e le altre tre figlie in questa sicura e inaccessibile rocca. Successivamente anch'essa dovette fuggire da Palermo e seguita dai fedeli baroni riuscì a raggiungere i figli. Di queste vicende il poeta Pietro da Eboli (fine XIIsec), avverso ai normanni e riferendosi alla presenza del giovanissimo re in Caltabellotta, così scrisse : "Radicem Colubri Catabellotus Urbem Alit" (Caltabellotta alimenta questa radice di serpente). Tornati a Palermo dopo un trattato con l'usurpatore svevo, il 29 dicembre 1194 Sibilla e i suoi figli vennero arrestati e poi condotti in Germania dove , quattro anni dopo, il piccolo Guglielmo venne barbaramente accecato, martoriato ed ucciso. Secondo alcuni storici si vuole che nel novembre del 1270 sia stato tenuto al suo interno un famoso banchetto da Guido di Dampierre conte di Fiandra il quale, sbarcato a Trapani di ritorno dalla Crociata fatta con re Luigi IX di Francia, che in quell'impresa trovò morte e santità, volle festeggiare i suoi compagni d'arme assieme a re Carlo d'Angiò; tutti sbarcati a Trapani. Nel 1274 terra e castello furono di proprietà demaniale. Il nome di questo castello è ricordato anche, in una sua novella, dal Boccaccio (Decamerone giorn. 10.7), nella quale si narra che attorno al 1282, la giovane Lisa Puccini invaghitasi perdutamente di re Pietro d'Aragona, quasi a morirne, pregò un valente trovatore di raccontare al re, in versi, la sua pena. ?Muoviti, amore, e vattene a Messere, E contagli la pena ch'io sostegno: Digli che a morte vegno, Celando per temenza il mio volere. Re Pietro commosso da tanto amore si recò da lei, che dalla gioia fu subito guarita, e le diede in sposo il nobile giovane Perdicone e in dote il castello e le terre di Caltabellotta. Dopo meno di un secolo dalla uccisione dell?ultimo re normanno, la subentrante dominazione sveva era scomparsa e le armi di Aragona e di Francia si scontravano da tempo per la conquista della Sicilia. E qui, nel castello, il 19 aprile 1302 venne firmata la famosa "pace di Caltabellotta" tra Federico II e Carlo di Valois. Pace memorabile poiché concluse la guerra del Vespro lasciando la Sicilia a Federico. In quel tempo era signore del castello tale Abbate Barresi e poi, sotto Pietro II, lo divenne Federico d'Antiochia il quale ne fu spogliato per la sua adesione alla causa angioina. In seguito passò a Raimondo Peralta, ammiraglio del regno,che ottenne da Pietro II il titolo di Conte di Caltabellotta (1338), e più tardi a suo figlio Nicolò, che ebbe confermata la signoria sul castello da re Martino. L' erede, Margherita, andò in sposa ad Artale Luna. In seguito il loro figlio, Antonio Luna, temendo a Sciacca un?aggressione da parte del suo acerrimo nemico Pietro Perollo, venne a rifugiarsi in questa sua munita dimora finchè se ne dovette allontanare in occasione delle feste pasquali che, per tradizione di famiglia, lo richiamavano a Sciacca dove fu dal Perollo aggredito e ferito. Un discendente del Luna, Sigismondo, al suo matrimonio con Luisa Salviati (1523) ricevette dal padre la contea di Caltabellotta. Egli di natura tranquilla e malinconica ma, rivelatosi poi capace di eccezionale ferocia, amava moltissimo soggiornare in questo isolato castello piuttosto che in quello , tanto più sfarzoso ed animato di Sciacca sua residenza abituale. Nel 1528 circa, vi si tenne una adunanza di fedeli con a capo il vecchio Giovanni Luna padre di Sigismondo, per tendere a Sciacca un agguato all'odiato nemico Giacomo Perollo. E qui tornò Sigismondo, autore della strage (secondo caso di Sciacca) per raggiungere il padre e preparasi alla fuga. Dopo questi fatti, che tanto cupamente gravarono su tutta la Sicilia, la rocca caltabellese venne confiscata alla famiglia Luna ed attribuita al regio demanio, ma successivamente re Carlo V la restituì ai figli di Sigismondo, innocenti delle colpe paterne. Il maniero rimase alla famiglia Luna per più di due secoli fino al 1673 quando ne divenne castellano Ferdinando d'Aragona Moncada; per successive eredità passò ad Antonio Alvares Toledo duca di Bivona (1754) dopo di che il castello decadde.