Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Museo Diocesano (Palazzo Arcivescovile)
Via Matteo Bonello, 2
Il Museo Diocesano di Palermo, fondato nel 1927 e chiuso da oltre vent'anni, riapre i suoi battenti nei prestigiosi locali del Palazzo Arcivescovile di Palermo.
La severa selezione delle opere da esporre, in attesa del restauro dell'intero piano nobile del palazzo, consente di offrire una generale e significativa campionatura del ricco e vario patrimonio di pittura, scultura e arti decorative siciliane attraverso i secoli dal XII al XIX secolo, cui fanno da cornice le imponenti sale del palazzo, la cui origine tardo quattrocentesca è riscontrabile nella preziosa trifora gotico catalana del prospetto. I criteri scientifici della nuova esposizione museografica, curati dalla scrivente con la collaborazione di Pierfrancesco Palazzotto, Maurizio Vitella, Giovanni Travagliato e Rita Vadalà e illustrati in pannelli didattici nelle sale, realizzati anche dagli stessi, propongono in ordine cronologico un panorama della produzione artistica della città che comprende contestualmente anche le opere d'arte decorativa, presenti in maniera considerevole nel Museo.
Il percorso cronologico delle opere del Museo inizia nella Sala dei fondi oro (sala II) con le opere di età normanna e sveva, tra le quali la tavola della Madonna della perla, già nella distrutta Chiesa del Cancelliere (1171), e quella della Madonna della Spersa (XIII secolo), così detta perché la sua festa cadeva nella Domenica dell'ottava dell'Epifania, quando la Madonna perse Gesù, intento a parlare con i dottori nel tempio. La tavoletta con Santa Oliva e Santi Elia Venera e Rosalia, tradizionalmente ritenuta del XIII secolo, reca una cornice lignea con medaglioni d'avorio raffiguranti scene della vita di Santa Rosalia, la nuova Patrona di Palermo, della fine del XVII e inizi del XVIII secolo. Pregevoli, inoltre, delle stesse epoche l'Epistolario della seconda metà del XII secolo e il diploma esposto con il sigillo di Federico II (sala III). Ancora nella Sala dei fondi oro (sala II) sono esposte opere dal XIV al XV secolo che evidenziano il percorso intrapreso dall'arte siciliana dalle influenze toscane sino a quelle spagnole.
I prodotti artistici d'importazione pisana del Trecento furono un grande stimolo per le acquisizioni culturali utili alla produzione degli artisti locali: tra le prime si ricordano il trittico con la Madonna con il Bambino e Sant'Anna di Iacopo De Michele detto il Gera da Pisa e il Ruolo dei Confrati defunti di Antonio Veneziano (1388), tra le seconde il trittico del Maestro delle Incoronazioni e la tavoletta cuspidata raffigurante Abramo e tre Angeli dello stesso artista, dei primi anni del XV secolo. Tra le opere del Quattrocento sono esposti dipinti di pittori locali come Matteo de Peruchio, autore di un Incoronazione della Vergine proveniente dall'oratorio di S. Alberto (1422, sala II), e come Pietro Ruzzolone (Sala della Trifora, III), e altre di scultori immigrati come Domenico Gagini, Pietro de Bonitate e Francesco Laurana (sala VII), che mostrano il travaglio politico e culturale che Palermo subì allontanandosi dalla cultura toscana del secolo precedente e passando dagli influssi spagnoli voluti dalla dominazione vicereale a quelli rinascimentali italiani. Numerose sono le sculture provenienti dalla tribuna marmorea della Cattedrale di Antonello Gagini e aiuti (dal 1507), smembrata nella ristrutturazione della chiesa progettata da Ferdinando Fuga.
Nella Sala della Tribuna (sala VIII), tra i brani scultorei sono le cornici del grande complesso scultoreo, caratterizzate dal repertorio decorativo, ricco di candelabre, grottesche, figure mostruose e di animali, tipico degli inizi del Cinquecento. Vengono affiancati a queste opere pannelli didattici con immagini che la presentano ancora in loco e ricostruzioni grafiche, nonché la riproduzione in scala in gesso dell'apparato scultoreo, realizzata dagli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Palermo. Nel seminterrato (sala IX) sono esposti, inoltre, alcuni dei numerosi frammenti di marmi mischi seicenteschi, già in chiese barocche della città, opera delle abili maestranze locali, esempi di maioliche pure di produzione locale e un pregevolissimo paliotto architettonico d'altare d'argento del '700.
Nella Sala Mario di Laurito e delle vedute della Città (sala X) sono visibili numerose opere del pittore napoletano della prima metà del Cinquecento, tra cui alcune tele smembrate dal soffitto dipinto del 1536 già della chiesa dell'Annunziata (sala XI), distrutta nell'ultima guerra, di cui si propone la ricostruzione in pannelli fotografici. Dello stesso artista è la tavola raffigurante Palermo risparmiata dalla peste, commissionata dal Senato di Palermo nel 1530 per la chiesa di Santa Venera e in deposito al Museo dalla Compagnia della Pace. L'opera offre un'interessante veduta di Palermo, ove non manca la Cattedrale, e dei suoi Santi protettori. Posteriori dipinti di artisti immigrati testimoniano ulteriori rapporti culturali tra l'isola e la penisola, quali quelli di Vincenzo da Pavia (sala III) e Simone de Wobreck, di cui si espone tra l'altro il dipinto raffigurante Palermo liberato dalla peste del 1576, che presenta ancora una volta un'interessante veduta di Palermo dell'epoca con il Palazzo Reale, la Cattedrale e il Palazzo Arcivescovile con la trifora, oggi, dopo il recente restauro, assurta a simbolo suo e del Museo Diocesano (sala X).
Ancora un'importante opera che ricorda un'altra miracolosa liberazione dalla peste è quella raffigurante Santa Rosalia che intercede per Palermo, città che appare con il suo porto, dominata dal Monte Pellegrino, opera di Vincenzo La Barbera del 1624 (sala X). Legata alla cultura spagnoleggiante della classe dominante è la cinquecentesca scultura lignea policroma della Madonna di Monserrato, posta insieme ad altre opere dell'ultimo quarto del XVI e degli inizi del XVII secolo (sala XI). Tra queste vi sono tele dello Zoppo di Gangi, di Giuseppe Albina e di Pietro d'Asaro che segnano il passaggio della pittura in Sicilia dal tardomanierismo al caravaggismo.
Tra i dipinti seicenteschi della Sala XII sono quelli di Pietro Novelli e della sua scuola, determinanti per lo sviluppo della cultura artistica palermitana di quel periodo, tra cui una splendida Deposizione. Vi sono anche opere provenienti dall'oratorio di Santo Stefano, tra cui il Martirio di Santo Stefano del genovese Bernardo Castello (1619). Affianca l'esposizione dei dipinti dei diversi secoli quella delle suppellettili liturgiche d'argento e dei paramenti sacri, per lo più dovuti a maestranze palermitane, ma non mancano opere in corallo della maestranza trapanese. Nella Sala del Settecento (sala XIII), infine, completando la varietà dei materiali selezionati per l'attuale percorso del Museo, sono in mostra due teste in stucco di Giacomo Serpotta, già appartenute alle sculture allegoriche della Clemenza e della Fede dell'Oratorio del Miserenimi in San Matteo (11200), sculture in ceroplastica, come il Cristo deposto di Anna Fortino, allieva di Rosalia Novelli, dipinti del Settecento, tra cui una tela di Vito D'Anna, il maggior pittore della prima metà del '700 a Palermo, che raffigura Santa Rosalia, cui è dedicato anche un commovente ritratto del pittore napoletano Nicola Malinconico seguace di Luca Giordano.
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