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::Castello dei Ventimiglia a Castelbuono » Storia

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Anno incarnati verbi MCCCXVI Ind. XV Regnante gloriosissimo domino nostro rege Friderico rege Sicilie anno regni sul XXI. Nos Franciscus comes Vintimili Yscle maioris et Giracii dominus utriusque Petralie incepimus hoc Costrum Belvidiri de Ypsigro in Christi nomine edificare.


Castello dei Ventimiglia

Castello dei Ventimiglia

Piazza Castello,10



Secondo la tradizione Castelbuono, o meglio l'antica Ypsigro, nacque nel 1269 quando Alduino Ventimiglia, conte di Geraci, vi fece trasferire gli abitanti di Fisaulo, per sfuggire all' "aria nociva". Il nuovo centro prese il nome dal castello costruito in luogo "più sano", sul colle di san Pietro.
In realtà il nome Ypsigro rimanda ad una origine greco-bizantina. Un'altra ipotesi identifica questo minuscolo centro abitato con Ruqquak Basili, il casale demaniale che Idrisi visitò nei secoli XI-XII in quei luoghi.
In contrasto con l'iscrizione posta all'ingresso del castello, alcuni studiosi ne attribuiscono le origini al padre di Alduino, quell'Arrigo Ventimiglia che, sotto rè Manfredi di Svevia,fu viceré di Sicilia.
Dal 1062, anno della creazione della Contea di Geraci, al 1134, quando Ruggero II conferma un privilegio all'abate Giovanni di Lipari sulla chiesa della SS. Trinità, questo casale viene continuamente permutato tra i conti di Geraci e i vescovi di Lipari e Patti.
Nel 1269 le truppe di Carlo d'Angiò si impadronirono del castello perché il Ventimiglia fedele alla casa sveva Hohenstaufen, ribellavasi al nuovo rè, lasciando loro i casali di Fisaulo e Ypsigro. Le varie attenzioni che i Ventimiglia riservarono a Ypsigro portano a interpretare la volontà di ripopolare quel territorio come tentativo di rinascita della loro signoria.
Successivamente la guerra del vespero nel 1282 lo restituì allo stesso Alduino di Ventimiglia conte di Ceraci, eroico partigiano del re d'Aragona.
Egli vi iniziò subito gli opportuni lavori di restauro e poco dopo, per la sua generosa munificenza, attorno al castello, si andò formando il borgo.
Questo nobile guerriero, dopo aver combattuto per rè Giacomo II d'Aragona nelle acque di Gaeta, sorpreso sulla via del ritorno da tremenda bufera, trovò la morte in triste naufragio (5 settembre 1289) ed i suoi beni vennero ereditati dal fratello Francesco Ventimiglia.
Questi, intraprendendo la scalata politica, ampliò notevolmente la già vasta dimora facendovi anche scavare una lunga galleria sotterranea, quale segretissima uscita di sicurezza. Si narra in proposito che gli operai adibiti al lavoro sarebbero stati addirittura soppressi affinchè il segreto non venisse svelato.
Pur di ottenere dei benefici per la sua contea egli stringe alleanza con i maggiori concorrenti del momento, i Chiaramonte, stipulando il matrimonio nel 1315 con Costanza, sorella del conte di Modica Giovanni. I suoi progetti sul futuro sviluppo politico della signoria vengono però compromessi dalla mancata nascita di un erede. Ciò non basta a mutare i progetti del conte Francesco sempre più convinto a portare avanti la sua linea politica giungendo a ripudiare la moglie per imparentarsi con i conti di Mistretta destando con ciò l'ira di Giovanni Chiaramonte, fratello di Costanza, che riuscì a farlo apparire quale traditore al rè Pietro II, che intanto era succeduto al padre Federico II d'Aragona nel 1337.
Il conte Francesco Ventimiglia fedelissimo alla casa d'Aragona, venne così condannato a morte ed offeso da tanto ingiusta sentenza, preferì uccidersi lanciandosi col suo cavallo dall'alto di un dirupo nei pressi dell'amato castello (1338).
I suoi beni vennero confiscati dal rè che li donò alla propria sposa Elisabetta, finché il nuovo rè Ludovico fece giustizia restituendoli ad Emanuele Ventimiglia e riabilitandone così il nome del padre (1354).
Dopo breve tempo il castello fu ereditato, da Francesco II Ventimiglia il quale vi custodì il giovane rè Federico III che, dopo la morte della propria sorella e tutrice Eufemia, gli era stato affidato.
Ribellatesi poi al nuovo tutore, contrario ai suoi progetti, rè Federico fuggì dal castello per unirsi in matrimonio con Costanza d'Aragona.
Dopo ciò il Ventimiglia si ritirò a vita privata in questa sua dimora finché, con la morte di Federico e la successione al trono della sua giovane figlia Maria, ad evitare nuove lotte, la Sicilia fu divisa in quattro vicariati ad uno dei quali egli fu preposto (la stessa carica ricoprirà più tardi anche il figlio Antonio).
Enrico Ventimiglia, successore al padre Francesco II, per avere militato con i Chiaramonte contro rè Martino, ebbe confiscato il castello che gli fu poi restituito per intercessione del fratello Antonio erede del vicariato.
Il figlio di Enrico, Giovanni Ventimiglia subentrato nella signoria del castello, fu gran combattente ed ottenne (1448) investitura del primo titolo di marchese di Geraci, Viceré e Grande Ammiraglio. La capitale dello stato feudale passa allora da Geraci a Castelbuono. Di lui rimase però l'odioso ricordo del turpe inganno col quale sedò la rivolta di Siracusa del 1448.
Avendo egli scelto questo castello quale preferita residenza, il 4 Maggio del 1454 vi fece solennemente trasferire il Sacro Teschio di S. Anna. Reliquia custodita nell'altro suo castello di Geraci (ora diruto), da quando nel 1242 il conte Guglielmo Ventimiglia, alla sua venuta in Sicilia, la ottenne dal duca di Lorena in cambio di alcune terre.
Qui morì, il 20 Marzo 1473, questo Giovanni Ventimiglia tanto famoso per virtù guerriere e spietata crudeltà.
La cittadina col passar degli anni acquista sempre più importanza, allarga i propri confini grazie alle concessioni di feudi da parte del vescovo di Patti, fino a diventare una vera e propria Universitas con una propria amministrazione.
A Giovanni Ventimiglia successe il figlio Antonio che abbellì il castello, nuovamente confiscato dal vicere Gaspare De Spes verso il 1481 ed ancora restituito ai Ventimiglia.
A cavallo tra il XVI e il XVII secolo il centro madonita diviene una piccola capitale della cultura e delle arti; il suo castello da emblema dello strapotere feudale diviene centro di interessi culturali assecondando le passioni della famiglia Ventimiglia.
Ottenuta l'elevazione del Marchesato in Principato da Filippo II di Spagna nel 1595 su richiesta del marchese Giovanni II, la compattezza del più antico stato feudale di Sicilia inizia a sfaldarsi. La piccola nobiltà locale, invece, in virtù della disponibilità economica cui è venuta in possesso per la sua intraprendenza, acquista piccoli e grandi feudi dalla vecchia contea, sostituendosi sempre più nell'amministrazione politica. Da qui la richiesta di affrancamento dai Ventimiglia e la demanializzazione della città.

Intorno al 1605 accadde un misterioso avvenimento che turbò profondamente la vita dell'intero paese: la Sacra Reliquia era sparita!
Soltanto nove anni dopo, il prezioso teschio (che era stato rubato e seppellito da un frate) fu ritrovato, ricondotto solennemente alla dimora e tra gli osanna del popolo tripudiante, la Santa venne proclamata patrona del paese.
Con la morte di Giovanni III il castello, con tutti i titoli nobiliari, pervenne al cugino Giuseppe (1619) e poi al discendente di questi Francesco Rodrigo cui si deve l'attuale ricca cappella, da lui fatta ornare dallo scultore Giacomo Serpotta, appositamente chiamato (1683).
II 15 Agosto 1860, col principe Giovan Luigi VIII si estingue la dinastia della illustre casata Ventimiglia di origine ligure e imparentata con i normanni, gli svevi, gli aragonesi e le più grandi famiglie siciliane. Con essa ebbe termine la gloriosa vita del bellissimo castello che passato al ramo femminile insieme ai titoli, per la morte della principessa Giovanna venne ereditato dal barone Fraccia di Favarotta (1905).
Questi nel 1913, con gesto munifico, «fa donazione al popolo della preziosa Urna d'argento contenente la Reliquia di S. Anna e di tutti i diritti e privilegi spettanti alla cappella del castello».
Sul 1920, infine, tutto il patrimonio Ventimiglia espropriato al barone di Favarotta, venne messo all'asta pubblica ed «il vetusto castello sacro alla storia del paese» aggiudicato a quel comune e restaurato mediante una colletta popolare.
Oggi in questa che fu sì ricca e orgogliosa dimora, sono ricavate piccole abitazioni popolari.
Unico segno della passata grandezza, in mezzo a tanto squallore, la cappella. Troppo grande e troppo ricca forse, con le pareti interamente rivestite dai poderosi stucchi del Serpotta, su fondo oro, essa è la viva testimonianza dello sfarzo di cui vollero circondarsi i castellani, tra il XVII e il XVIII secolo.
Dietro l'altare, nella sua urna d'argento, è tuttora custodita la famosa Reliquia.



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Descrizione Castello
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Castelbuono
Il castello di Castelbuono, simile nella tipologia ad un dogione, sorge a nord dell'abitato, all'estremità della collinetta di San Pi...

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