Nel corso del '500 e del '600 nel Val di Noto, dopo il grande fiorire degli insediamenti rupestri in epoche passate, si assiste a una continuazione o a una ripresa del culto praticato all'interno delle grotte. Il fenomeno va spiegato con due cause fondamentali. Una è connessa alla condizioni geofisiche del territorio: ne è testimonianza il fatto che l'architettura ottenuta per via di levare ha una lunga tradizione che affonda le radici nella preistoria e si è manifestata vitale fino a non molti decenni fa.
La seconda motivazione è connessa allo spirito controriformista e cioè al quadro del grande fervore della edilizia sacra dei secoli XVI e XVII, nonostante molto spesso si tratti di espressioni di devozione popolare.
A Modica rientra nel primo caso la Chiesa di San Nicolò Inferiore la testimonianza più importante dell'architettura rupestre modicana, definita dagli esperti un "unicum" nel panorama della sicilia medievale. La Chiesa, scoperta casualmente dal professore Duccio Belgiorno nel 1987 si trova in Via Grimaldi al n° 89, ai piedi del duomo di S.Pietro, in pieno centro urbano. Una grotta artificiale in parte scavata nella roccia calcarea da cui si intravedevano affreschi e pitture tardo bizantine e normanne, realizzati in più cicli.
L'abside rialzato rispetto al resto dell'unica navata, alla destra della quale si trova una piccola cappella con affreschi realizzati tra il tardo XIII e XIV secolo.
Nel corso dell'Ottocento la chiesa venne obliterata a seguito di sovrapposizioni edilizie e ristrutturazioni interne. Tuttavia, nonostante le modifiche interne, la chiesa rispetta una perfetta stereometria e risponde a un piano architettonico ben definito.
L'asse longitudinale della chiesa è disposto secondo l'orientamento canonico delle architetture ecclesiastiche NE-SO, consta di un'aula rettangolare destinata ai fedeli e del presbiterio per i ministri del culto. L'abside a calotta emisferica è un semicerchio perfetto e lungo le pareti era ricavato un subsellium, con cattedra centrale per il ministro del culto. L'altare doveva trovarsi al centro del vano absidale e l'aula e l'abside dovevano essere separati da una iconostasi litica della quale rimangono alcune tracce.
Si presume che la sua datazione sia compresa tra l'XI e il XII secolo e, oltre ad essere una delle più importanti testimonianze di architettura rupestre siciliana, è considerata la più antica chiesa della Contea. Probabilmente si trattava della chiesa parrocchiale del quartiere grecofono altomedievale di Modica. La fase greca della chiesa verosimilmente non ebbe una lunga durata poichè venne ben presto coinvolta nel processo di latinizzazione. Indice del passaggio al rito latino è anche l'adozione di un nuovo ciclo pittorico al quale appartengono le raffigurazioni della curva absidale e dei muri della navata corredate da didascalie redatte in latino.
Nel 1577 la chiesa di San Nicolò Inferiore fu aggregata alla parrocchia di San Pietro. Il ciclo pittorico occupa il catino dell'abside, alle spalle dell'altare. La tipologia di questa collocazione lungo l'asse direzionale è tipica delle chiese dell'area siciliana e, più in generale, dell'Italia Meridionale.
L'affresco principale, posto al centro dell'abside, è il bellissimo "Cristo Pantocratore", l'iconografia consueta del Cristo assiso sul trono tra due coppie di angeli, racchiuso in una mandorla, decorata con filetto rosso continuo. Il Cristo presenta un nimbo rosso crucigero, il volto è giovanile, malinconico, smagrito, incorniciato da una lunga chioma, barbato.
Il Cristo indossa una tunica di colore rosso con maniche strette ai polsi e un mantello riccamente drappeggiato. Con la mano destra benedice mentre con l'altra sorregge il Vangelo aperto riportante la scritta latina "Ego Sum Lux Mundi". Il soggetto iconografico è abbastanza noto in Sicilia: i particolari del mantello che pendono dalla spalla sinistra e dal braccio sinistro avvicinano questo soggetto al Pantocrator del Duomo di Cefalù, opera dei mosaicisti della corte normanna.
Alla destra del Cristo figura San Pietro raffigurato con la mano destra benedicente mentre con la sinistra regge le chiavi. Nel pannello spicca la scritta "S.PRU" ( Sanctus Petrus).
Vicino a quest'ultimo notiamo la presenza di un santo dai tratti giovanili che indossa un abito marrone; anche in questo caso compaiono delle scritte: "S" e "DELL IBER" (poste vicino al volto del santo).
Un altro santo indossa un abito marrone, con la particolarità che stavolta si intravede un saio: sembra presumibilmente un santo monaco dalla chioma bianca.
Il pannello della Mater Domini è lacunoso solo nella parte inferiore. La Vergine indossa un manto rosso cupo con ricco panneggio, con la mano destra regge il Bambino bendicente che stringe un rotolo, mentre la sinistra è portata al petto. La rappresentazione della Mater Domini di Modica, la meglio conservata tra tutte quelle note, si colloca nell'ambito delle manifestazioni pittoriche tardo-normanne e sveve. Questa rappresentazione dimostra, inoltre, la persistenza iconografica del tipo di tradizione bizantina fino al '400 e oltre.
Alla sinistra dell'affresco appare San Michele Arcangelo, definito il santo pescatore delle anime, che sorregge con la mano destra un globo e con la sinistra una bilancia.
Dopo San Michele appare Sant'Eligio, il santo vescovo benedicente che sorregge il pastorale, e San Giacomo, rappresentato con un corpo martoriato e la cui raffigurazione è posta ad un livello leggermente inferiore rispetto a quello degli altri pannelli, con didascalia riportante " Santu Iacupu in Trancis" datato 1594 (pittura eseguita in un ciclo posteriore).
Tracce di altre raffigurazioni sono presenti nell'abside ed inoltre, recenti lavori di scavo, hanno portato alla luce una serie di cripte e tombe terragne.
L'accesso alla chiesetta è gestito dalla Cooperativa Etnos ed è visitabile:
Sabato dalle 15.30 alle 18.30
Domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00