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"Raccolta dunque la gente occupò un colle distante otto stadi dal mare e su tale collina gettò le fondamenta di Halaesa, ma essendovi altre città con lo stesso nome, la chiamò Arconidea dal suo proprio nome".

(Diedero, Hist. Lib. 14)


Halaesa - Tusa

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Secondo Diodoro Siculo la città di Alaisa (Alesa Arconidea) fu fondata nel 403 a.C., per volere di Arconide, signore di Herbita, su di una collina, oggi Santa Maria delle Palate, distante otto stadi dal mare, che domina la costa e l'ampia valle del fiume Tusa.
Il nome della città, e del fiume che vi scorre nei pressi (oggi torrente Tusa), deriva dal termine greco alè (incerto vagare), dal verbo alaomai e sembra riferirsi alle popolazioni sicule cacciate dalle proprie città conquistate.
Dopo la pace con la potente Siracusa il tiranno Arconide di Herbita concesse parte del territorio più settentrionale della città ai Siculi che l'avevano aiutato durante la guerra e la nuova città ebbe in suo onore il nome di Halaesa Arconidea. Il territorio si trovava al confine tra il territorio sotto l'influenza cartaginese, che arrivava fino al fiume Monalo, oggi Pollina. Nei pressi era già sorto un insediamento di mercenari campani stabilito qui dai Cartaginesi dopo la pace con Siracusa nel 405 a.C.: il nuovo insediamento greco-siculo ebbe anche il compito di fronteggiare un'eventuale espansione cartaginese nella zona. Le monete coniate ad Alasa hanno come emblema della città una colonna sormontata da un cane, simboleggiando la sua funzione di controllo del territorio: il simbolo è tuttora presente nello stemma comunale di Tusa.La presenza di un tempio del dio Adrano, il cui culto era diffuso nella zona dell'Etna, potrebbe indicare una provenienza dei nuovi cittadini da questa zona. Alesa Arconidea aderì all'alleanza siculo-greca del 339 a.C., condotta da Timoleonte, a capo di una spedizione da Corinto contro il tiranno Trasibulo di Siracusa, con lo scopo di instaurare nella città ordinamenti democratici e di proteggere le città alleate dai governi aristocratici e tirannici e dai Cartaginesi. L'alleanza (symmachia) coniò una moneta comune. Alesa acquistò rapidamente una posizione di preminenza tra le città sicule dell'alleanza. Le fonti ci indicano inoltre la partecipazione di Alesa al gruppo di sedici città incaricate di fornire a turno la guarnigione per la protezione del santuario dei Venere Ericina di Erice: tutte le città del gruppo vantavano origini troiane. Un sacello con una statuetta di marmo frammentaria di una figura femminile colta nell'atto di ravviarsi i capelli, è stato interpretato come un luogo di culto dedicato alla dea nella città.
Col volgere degli anni crebbe rapidamente in ricchezza e prosperità e tutti ambivano a possederne la cittadinanza. La sua posiziona e il suo porto favorirono un progresso generale divenendo così una delle città più floride della Sicilia.
Ricchissima per i suoi commerci marittimi, fu ancora più fiorente a partire dalla Prima Guerra Punica.
Dopo la conquista romana di Siracusa Alesa conobbe forse per un breve periodo la dominazione cartaginese. Quando i Romani sbarcarono in Sicilia nel 263 a.C. la città fu la prima fra tutte le città siciliane a inviare i suoi ambasciatori nel campo romano e dichiararsi amica di Roma. Per questa felice intuizione politica, quando fu costituita la provincia romana di Sicilia nel 241 a.C. la città ottenne lo status di civitas libera ac immunis, ossia poté conservare la propria autonomia e fu esente da tributi. Questa condizione privilegiata ne favorì lo sviluppo economico e demografico. Oltre a mantenere i propri ordinamenti, con proprio Senato e propri Magistrati, la città ebbe concesso il privilegio di coniare monete di bronzo e perfino d'argento.

Sotto il dominio romano svolse notevoli attività commerciali, soprattutto con Roma.
Nel 96 a.C. il pretore Gaio Claudio Pulcro intervenne per regolare le condizioni di partecipazione al senato cittadino, stabilendo le condizioni minime di età e di censo per farne parte. In questa occasione si consultò con i membri della famiglia patrizia dei Marcelli che vi risiedevano. In ringraziamento per questo intervento gli venne dedicata una statua in marmo, che fu rinvenuta nel XVIII secolo e si trova attualmente nella sala consiliare del comune di Tusa.
Cicerone ci informa del fatto che la città contribuiva con navi e relativo equipaggio alla flotta siciliana: un'iscrizione ricorda una battaglia navale vinta dalle navi di Alesa e di altre città, comandate da un certo Caninio Nigro.

Sempre Cicerone nella III Verrina dice di Halaesa «Molte sono le città della Sicilia dove c'è abbondanza di cultura e onestà/fra le prime è da annoverare Halaesa/poiché non ne troverai alcuna più fedele/più ricca/ più autorevole ed imponente» e ancora sempre nelle Verrine, affermava: «nella marina di Halaesa veniva caricato tanto grano quanto ne veniva imbarcato a Catania e a Licata».
Al tempo di Augusto divenne Municipio e i suoi cittadini poterono beneficiare della cittadinanza romana e godere pertanto degli stessi diritti dei romani.
La città esisteva ancora alla fine del IV secolo e compare nella Tabula Peutingeriana . Alla metà del V secolo doveva essere sede vescovile (come sembra testimoniato dalla menzione di un vescovo di nome Tobia in un'iscrizione greca contemporanea riportata in un manoscritto conservato a Madrid.
In un documento del 522 il patrizio romano Tertullo dona terreni del suo territorio all'abbazia di Montecassino e alla fine del secolo un convento ad Alesa fu forse istituito nell'ambito delle fondazioni siciliane di san Gregorio Magno. Nel VII secolo viene citata tra le quattordici città importanti della Sicilia da Gregorio di Cipro e nel 649 il vescovo di Alesa "Calunnioso" partecipa al Concilio Lateranense a Roma.
Nell'VIII secolo, in seguito alla dominazione bizantina i vescovi siciliani sono sottoposti al patriarcato di Costantinopoli: un Antonio, vescovo di Alesa partecipa ad un concilio a Costantinopoli nell'870.
Nell'835-836 fonti arabe (Ibn al Atìr, nel XIII secolo) riferiscono del saccheggio delle campagne della località di Lyàsah, che forse è identificabile con Alesa, ma gli Arabi vengono costretti a ritirarsi da forze sopraggiunte a difesa della città. Nella valle del torrente Tusa esiste una torre, forse costruita nel IX secolo, alla quale gli Arabi diedero successivamente il nome di "Migaito": si trattava forse di una torre di segnalazione tra Alesa e le città vicine, impegnate nella difesa dalle incursioni arabe.
La fiorente città sembra sia stata abbandonata in seguito alle distruzioni di un terribile evento sismico, in seguito al quale la popolazione si spostò nel sito, più facilmente difendibile dell'odierna Tusa. Il terremoto è forse identificabile con quello riportato dalle fonti nell'856. Altri studiosi, invece attribuiscono alla minaccia dell'invasione araba la causa che avrebbe indotto gli atesini ad abbandonare la città per rifugiarsi nella vicina collina, sicuramente più protetta.
Non ci sono tuttavia dati precisi sulla conquista della città da parte degli Arabi, che avvenne probabilmente dopo la caduta di Siracusa nell'878. L'occupazione araba del territorio della Val Demona. Nella abbandonata città di Alesa si installa una fortezza araba che prende il nome di "Qalat al Qawàrabi" a protezione del porto.

Della città di Halaesa sono stati rinvenuti i resti delle mura di cinta; il sistema viario che attraversava la "Polis"; l'Agorà, costruita su due livelli secondo il modello planimetrico a maglia regolare strutturata a terrazze su pendii collinari che caratterizza tutta la città. Essa era l'antica sede di mercato, divenuta poi luogo di assemblea dei cittadini ed è delimitata da due portici ad Est e ad Ovest. In quest'ultimo è possibile ammirare i sei sacelli, dedicati al Lari, definiti in maniera diversa l'uno dall'altro con bordure e pavimenti in marmo. Il portico Est si estende per 39 m e presenta una struttura isodoma con blocchi di pietra a bugnato che fa ipotizzare l'ubicazione di una palestra. Ancora sono visitabili edifici pubblici, il colombario in opus reticolatum romano nelle cui nicchie venivano riposte le urne cinerarie e le, mura curvilinee che contornano uno scenario naturale che fa pensare alla presenza di un teatro.
Con la scomparsa di Alesa si svilupparono anche altri centri secondari oltre a Tusa, che costituiscono oggi le frazioni di "Castel di Tusa" e di "Milianni". Tusa e Castel di Tusa erano probabilmente insediamenti secondari già in epoca antica, mentre Milianni si formò in epoca successiva.
Nel 1558, fra le rovine d'Alesa, furono ritrovate due lastre di marmo sulle quali era scolpita, in greco, una dettagliata descrizione dell'agro di Alesa. Le lastre, inizialmente custodite presso la Compagnia del Gesù di Palermo sembra siano state portate in Spagna nel XVIII secolo e andarono in seguito perdute.
Le tavole furono viste dal Gualterio a Palermo e dal Grutero ancora a Messina. Il testo, incompleto per la frammentarietà delle tavole, fu pubblicato dal principe di Torremuzza nel 1753.
Si conserva solo nella pubblicazione (di V.Di Giovanni) anche il testo di un frammento, rinvenuto nel 1885 e anch'esso andato perduto. Un terzo frammento che forse appartiene alla medesima iscrizione è attualmente conservato presso l'Università di Messina ed è stato pubblicato nel 1961 da S.Calderone.
Nella descrizione delle tavole, databili all'epoca ellenistica e probabilmente precedenti alla conquista romana, il territorio di Alesa risulta diviso in dodici lotti dal lato del torrente Tusa (fiume Alesa) e in altri dodici dal lato del torrente Cicero (fiume Opicano), mentre altri tre lotti ("gli Scironi") dovevano trovarsi sulla cresta del costone che divide le due vallate. Viene inoltre menzionato un doppio lotto sacro, in cui è proibito l'accesso ai macellai ed ai conciapelli, ubicato nelle adiacenze dell'Opicano.
L'iscrizione cita inoltre quattro templi, due dentro le mura, uno dei quali dedicato ad Apollo, e due extraurbani, dedicati ad Adrano e a Giove Milichio, dei bagni, un acquedotto, la "fonte Ipurra", il "tapanon" e il "tematetis".
Il territorio della città di Alesa corrisponde a quello dell'attuale comune di Tusa, limitato a nord dalla costa tirrenica, ad est dal torrente Tusa e ad ovest dal fiume Pollina.
 I resti antichi del territorio comprendono:
- una possibile struttura termale di cui si conservano i mosaici nella zona delle "Case Gravina", forse identificabile come "i bagni" citati dalle "tavole alesine";
- forse il ponte sul torrente Tusa ("ponte Riggieri"), che sembra tuttavia di datazione più recente;
- torre Migaido, il torrione centrale che risale all'epoca della conquista araba, alla fine della vita della città di Alesa;
- strutture idriche ("Viviere") di captazione di un gruppo di sorgenti per l'acquedotto cittadino, nella località "Fruscio";
- la zona dell'attuale contrada Ospedale, a metà strada tra Alesa e Tusa, potrebbe essere identificata, per la somiglianza del significato dei toponimi, con la "via Xenide" citata dalle "tavole alesine": in tal caso si troverebbero in questa zona il tempio di Adrano, il "tapanon" e il "tematesis".




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